Nato come fenomeno politico grazie alla
Rete (almeno così dice), Beppe Grillo oggi nella Rete ha il suo più
grande avversario. Proprio oggi che i risultati delle elezioni
amministrative lo hanno premiato e i sondaggi lo posizionano come
secondo partito se si votasse nelle prossime settimane, il feticcio di
Internet rischia di smontargli la sua creatura, il Movimento 5 Stelle.
Ha lavorato per anni il leader di M5S, con pazienza e determinazione,
utilizzando la rete per avvicinare il disagio diffuso
, e non solo fra i giovani, verso la
politica tradizionale ormai implosa dopo un ventennio di berlusconismo
diretto e indiretto. Avvicinare e poi incamerare in strutture
apparentemente aperte ma invece fortemente identitarie, chiuse e
controllate dal “centro”. Non da lui, o solo da lui.
Il controllo è esercitato dal suo editore e socio fondatore (per sua stessa ammissione) dell’M5S, Gianroberto Casaleggio, che del controllo attraverso gli strumenti informatici e la comunicazione in rete ne ha fatto professione con la sua Casaleggio associati, azienda specializzata in marketing virale, e-commerce e sistemi aziendali intranet e che da anni pubblicizza senza nessun pudore tecniche di controllo e di condizionamento dei flussi di consenso e di dissenso attraverso la rete. Per avere un’idea del curriculum di Casaleggio e dei suoi soci e delle tecniche da loro utilizzate e dei rapporti aziendali e con determinati salotti non certo marginali italiani e internazionali, basti leggere l’ampia inchiesta pubblicato su Micromega nel luglio 2010.
La loro tecnica di marketing politico, sconosciuta allo scenario politico italiano fino ad oggi, ha ottenuto il risultato in breve tempo di proporzioni inaspettate. Anche perché totalmente incontrastata e ampiamente sottovalutata. Rifiuto del dialogo, del riconoscimento dell’avversario, demonizzazione dello stesso attraverso una campagna virale di informazione tutta diretta all’interno della cerchia di attivisti. Unico terreno di comunicazione (non di scontro) la rete. Sulla rete e solo sulla rete c’è la verità, questo il loro messaggio. E chi fa la verità sulla rete attraverso l’indicizzazione e il posizionamento dei contenuti? Google e gli altri motori di ricerca. E quindi un meticoloso e massivo lavoro di Seo, (Search Engine Optimization), la moltiplicazione dei contenuti su ogni tipo di sito, blog etc etc, in maniera da tenere basse le altre notizie e tenere fra le prime venti le versioni del “movimento”.
Il caso della presunta soluzione islandese alla crisi ne è un formidabile esempio. Leggo in un articolo apparso in un noto giornale on line: Dire che “Gli islandesi… evitarono di svendere il loro paese e di metterlo sotto tutela del Fmi“, oltre ad essere ridicolo è platealmente falso, com’è falso scrivere che “Venne allora indetto un referendum che bloccò la nazionalizzazione (delle banche)”, visto che le banche islandesi sono state nazionalizzate senza colpo ferire e che il referendum aveva come oggetto solo il rimborso del debito estero cumulato da Icesave. Eppure si si mettono le parole “islanda+debito+FMI” su un motore di ricerca escono migliaia di voci in italiano che riportano questa bufalaccia, che da noi è particolarmente diffusa, mentre con ”iceland+debt+IMF” escono articoli e studi aderenti alla realtà, che è quella per la quale proprio il prestito del Fondo Monetario Internazionale è stato uno dei pilastri dell’azione islandese in risposta al fallimento delle proprie banche.
Provare per credere. E’ esattamente come riportato nel brano qui sopra.
Questo tipo di manipolazione
dell’informazione sulla rete (non riesco a trovare altro termine) è
ovviamente applicato a ciascuno dei temi più “urlati” dal movimento e in
particolare a ogni posizione del megafono/leader. Se associamo poi il
controllo formale di ogni lista e gruppo (il simbolo è solo di Grillo e
non delle liste e lui, e solo lui grazie alle regole disegnate da
Casaleggio, lo concede o lo ritira), le deroghe al cosiddetto non
statuto (nessun politico da altri partiti e nessuno può fare più di due
mandati) che ci si è ben guardati di rendere pubblici (caso Genova con
il candidato Sindaco Putti del M5S già nei Verdi e candidato nelle
precedenti amministrative con quel partito e caso Bologna con un
consigliere M5S eletto in un municipio con due mandati precedenti già
espletati sempre con i Verdi), l’onnipresenza di Casaleggio e dei suoi
soci/dipendenti nel controllo del dibattito e dei commenti sui siti
ufficiali (dal blog di Grillo all’ultimo dei Meet Up) è facile capire
come sia stato possibile formare un gruppo di attivisti così coesi,
omogenei e chiusi a ogni connessione con l’esterno per quanto riguarda
il confronto e le acquisizioni di informazioni che non siano quelle
ufficiali fornite da Grillo e Casaleggio.
In questa epoca dove attivismo e militanza sono diventati residuali, un gruppo così monolitico e strutturato e con una tale forza d’urto nella comunicazione in rete (e infatti qui finora si è giocata tutta la propaganda di M5S) e nella manipolazione dei flussi delle notizie ha gioco facile. E assorbe e attira il disagio diffuso verso il sistema politico e l’astensionismo. Ma la rete stessa ha i suoi anticorpi per svelare le manipolazioni. Un po’ lenti, finora, vista l’abituale e cronica pigrizia italiana, ma che da qualche settimana si sono accesi con il moltiplicarsi di domande (puntualmente senza risposta), commenti, notizie varie e rivelazioni su Grillo, Casaleggio e i criteri di selezione di liste e candidati e portavoce locali di M5S. Comincia quindi a fluire, in particolare dai social network, una versione molto diversa della creatura di Grillo & co.
E la reazione è stata scomposta e probabilmente controproducente per M5S. Ovvero la tempesta di insulti, tentativi ossessivi di cambiare discorso, spostare l’attenzione, fino a sfociare a deliri veri e propri, negazioni, balle, fino ad arrivare a tentativi di intimidazioni, calunnie e neanche troppo velate minacce. Centinaia, migliaia, decine di migliaia di commenti (prodotti fra l’altro quasi sempre dagli stessi soggetti spesso con identità multiple) che hanno inondato le pagine di chi ha fatto qualche domanda, abbia espresso dubbi, abbia descritto i rapporti Grillo/Casaleggio/M5S, etc.
Personalmente l’insulto più delicato che mi è stato rivolto è stato quello di essere uno “sciacallo”, l’insinuazione meno calunniosa quella di essere a libro paga del PD e il meglio è stato dato augurandomi una morte fra le peggiori sofferenze.
Il tentativo era quello di “sputtanare” gli interlocutori, i giornalisti, i blogger e chiunque esprimesse dissenso e dubbi. Una tattica antica, negli Usa in particolare, affinata da alcuni multinazionali dell’energia qualche anno fa per azzittire alcuni scienziati che parlavano di cambiamenti climatici. Essendo qui in Italia agli albori dell’uso della rete il tentativo è stato più goffo e controproducente. Controproducente perché si è schiantato nella libertà della rete, nella libera circolazione delle informazioni, nei rapporti liberi fra persone nelle reti sociali.
E Casaleggio & co se ne devono essere resi conto in fretta. E sono andati in affanno. Anche se l’offensiva dei presunti elettori qualunque (con 10 account a testa minimo) rimane invariata, la macchina della propaganda politica grillina si è rivolta a sistemi più tradizionale. I giornali. Anzi, un giornale. Il Fatto. E anche questo inzerbinarsi davanti a Grillo di Travaglio&co sta rivelandosi, ancora più velocemente, controproducente. E’ stata talmente sfacciata la partigianeria del quotidiano diretto da Padellaro (?) da essere segnata all’indice dalla comunità della rete in pochi giorni. E certo l’uscita dal giornale di Telese e la reazione stizzita e scomposta de il Fatto hanno fatto il resto.
Ecco. La tanta osannata rete diventa il principale ostacolo per Grillo e i suoi soci esperti di comunicazione virale. La rete non perdona. Soprattutto chi cerca di controllarla.
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