Eroe della resistenza greca
contro il nazifascismo, il novantenne Manolis Glezos è l’uomo che riuscì
ad ammainare la bandiera del Reich dall’Acropoli di Atene. Definito da
De Gaulle “il primo partigiano d’Europa”, figura emblematica della
sinistra, combattente contro la dittatura dei colonnelli, è considerato
il padre nobile degli eurocomunisti di Syriza. Eletto deputato nella
tornata elettorale di domenica 6 maggio al primo posto della “lista
d’onore” (una lista speciale, legata alla percentuale che ogni forza
politica si assicura sul piano nazionale), in questa intervista Glezos
analizza le sue posizioni personali e quelle del suo partito riguardo al
futuro della Grecia e le strategie per affrontare la crisi economica.
di Teodoro Andreadis
Onorevole Glezos, Syriza ha
avanzato delle proposte che, a suo avviso, potrebbero cambiare
radicalmente la politica di austerità seguita sinora. Di cosa si tratta?
Prima di tutto noi puntiamo a una
gestione più chiara ed onesta della cosa pubblica. Credo che si
tratterebbe di un passo fondamentale. Detto ciò, non rinunciamo a
chiedere le riparazioni di guerra alla Germania: si tratta di
centosessantadue miliardi di euro – lasciando da parte gli interessi –
che non ci sono stati mai versati. Per quel che riguarda le nostre
banche, credo sia giunta l’ora che concedano dei prestiti a tasso
agevolato, per aiutare lo stato greco. Il tasso con qui hanno accesso ai
prestiti della Banca Centrale Europea è dell’1%. Che inizino, quindi, a
prestare denaro allo stato all’1,2%, vista la situazione di palese
eccezionalità in cui ci troviamo. A mio avviso, inoltre, dobbiamo anche
congelare, per un determinato periodo, tutti gli acquisti e le forniture
militari che, sinora, ci hanno fatto spendere una percentuale enorme
del Pil. Infine, se tutto questo non bastasse, potremmo ricorrere a una
forma di “prestito interno”: volontario, per chi non guadagna molto, e
con una quota- che potrebbe essere di cento euro al mese- per i
cittadini con redditi annuali che superano i ventimila euro. Sarebbe un
prestito e non un “regalo allo stato”, come è già successo in tempi di
guerra.
Non temete un possibile ritorno alla dracma?
La cosa fondamentale non è quale
moneta dovremo usare. I problemi ci sono stati anche nel passato, quando
usavamo la dracma e continuano anche ora, con l’Euro. Il problema sono i
prestiti e il fatto che il denaro ha cessato di essere un mezzo per lo
scambio di beni ed è diventato un mezzo per produrre beni, privando il
lavoratore del suo ruolo fondamentale. La crisi, a nostro avviso, è
dovuta a questo, e non al popolo greco. Non si può continuare a salvare
solo le banche e a tagliare stipendi e pensioni. Per fare un esempio:
nei miei anni al confino molti miei compagni chiedevano di poter essere
trasferiti in carceri migliori. Ma io ero dell’ idea – per capirci – che
dobbiamo lottare per la libertà e non per chiedere un carcere più
comodo.
E cosa succederà coi prestiti dell’Ue e del Fmi?
Chiediamo che il debito venga
cancellato. Voglio solo ricordare che quando è iniziata la Rivoluzione
Greca, nel 1821, tutte le potenze si sono schierate contro il nostro
Risorgimento, con a capo l’Austria di Metternich. Quando hanno visto che
si trattava di un processo che non poteva essere fermato hanno cambiato
tattica e sono iniziati i prestiti. Il primo, quello di una banca
francese, lo abbiamo saldato appena dodici anni fa. Io credo si debba
uscire da questa logica, puntando su una gestione molto migliore delle
finanze pubbliche.
Ma è realistico tutto ciò?
Ne siamo convinti. Le faccio un
esempio: come consigliere comunale dell’ isola di Paros, ho denunciato
che ci sono 1.300 ville molto lussuose – spesso costruite da stranieri –
che vengono affittate, tramite internet, a prezzi astronomici, sino a
settecento euro al giorno. La mia denuncia è stata notificata all’
ufficio imposte e ancora aspettiamo una qualche reazione. L’evasione
fiscale deve finire, devono diminuire i benefici fiscali a favore di
determinate categorie ed urge una gestione dei soldi pubblici che metta
un forte argine agli sprechi, ad iniziare dalla lotta all’assenteismo e
da un tetto agli stipendi più alti.
Come giudica il risultato delle elezioni del 6 maggio? E’ rimasto stupito?
Assolutamente no, me l’aspettavo.
Voglio augurarmi che possa iniziare un nuovo periodo che permetta al
popolo greco di poter trovare risposte fondamentali alle sue esigenze.
Vorrei che sia chiaro, però, che non chiediamo di uscire dall’ Unione
europea. Vogliamo che i popoli dell’ Ue collaborino in modo più stretto,
per trovare politiche nuove, che diano dei risultati vantaggiosi per i
cittadini. Perché non possiamo più sopportare altri sacrifici. Gli
elettori hanno detto “basta”.
E come vede la prossima tornata elettorale, del 17 giugno?
Sono molto fiducioso. Credo che
Syriza sarà il primo partito, e riuscirà a rappresentare la voglia di
rinnovamento, di libertà e pulizia che c’è in Grecia. Non credo che il
fango che ci viene gettato addosso gli ultimi giorni, potrà influenzare
il responso delle urne.
Spera in Hollande?
Lo consideriamo molto migliore di
Sarkozy e il suo programma ci crea indubbiamente delle aspettative.
Spero che riesca a mantenere un’ autonomia di azione rispetto a quanto
richiesto dalla signora Merkel. Noi pensiamo che si debba collaborare
anche con la Germania, ma chiediamo che Berlino ascolti anche tutti gli
altri partners.
Cosa la fa essere così energico e partecipe della vita pubblica, a novant’ anni?
Il motivo? Perche non dimentico tutti
i miei compagni di lotta, che hanno perso la vita combattendo, o anche
nelle manifestazioni. Non posso scordare quello che ci dicevamo sempre:
“Se mi dovesse colpire la pallottola fatale, non mi dimenticare”. Non
posso dimenticarli, e lotto per realizzare i loro sogni di giustizia
sociale.
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