Alla fine avevamo ragione noi. Cioè quelli che, sulla stampa, nei
blog, in qualche aula parlamentare, avevano spiegato fin dall’inizio che
i numeri dei lavoratori “incentivati all’esodo” dal posto di lavoro
erano molto più alti dei 50-60 mila cui si è sempre attenuto il governo.
L’Inps ha finalmente inviato al Ministero del Lavoro la sua relazione sul dossier è la cifra è ancora più alta delle stime che sono state fatte negli scorsi mesi: 390.200 i lavoratori che avrebbero diritto, in base al decreto Salva Italia e al successivo Milleproroghe a usufruire delle vecchie regole pensionistiche. Il governo ha invece pronto un decreto in cui ha stanziato risorse solo per 65 mila senza spiegare come farà a tutelare tutti gli altri.
Nessuno
può dire però di non averlo saputo prima: la dimensione del problema
era già nota a tutti e, anzi, sui numeri dei cosiddetti esodati si è
giocato un balletto di rapporti interni al governo e alle sue componenti
politiche che chiama in causa quella stessa Ragioneria dello Stato
attaccata frontalmente da Eugenio Scalfari nel suo editoriale di
domenica e difesa oggi, sulle pagine di Repubblica, da Mario Monti. Che l’Inps
conoscesse i numeri, inoltre, è dimostrato da un’audizione parlamentare
del direttore generale dell’istituto previdenziale, Mauro Nori,
svoltasi lo scorso aprile e in cui, escludendo i lavoratori soggetti a
regime di contribuzione volontaria si faceva la cifra di 130 mila
lavoratori da coprire. Le stime più prudenti individuano in 200 mila le
posizioni di contribuzione volontarie che rientrerebbero nel conteggio
dei cosiddetti esodati e quindi i conti tornano ancora una volta.
Insomma, tutti sapevano e non basta dire, come ha fatto Elsa Fornero, che la riforma delle pensioni è stata fatta di corsa perché il “paese era sull’orlo del baratro” e quindi qualche sbaglio può essere stato fatto.
Ammettiamo
pure che di sbagli se ne possono fare. Il problema è il rimedio. E al
momento di rimedi non se ne vedono. Tanto che gli stessi lavoratori
“esodati” hanno provveduto a creare una loro specifica proposta: un
Osservatorio da istituire presso l’Inps e che ogni anno, valutando la
situazione reale del mondo del lavoro, comunica al governo il numero di pensioni da erogare. Chi dovrebbe aver diritto? “Le lavoratrici ed i lavoratori che al 31/12/2011: Siano
stati inseriti in piani di mobilità e/o cassa integrazione; abbiano
sottoscritto con le aziende accordi individuali o collettivi di “esodo
incentivato” , indipendentemente dalla data di effettiva uscita e dalla
maturazione del diritto alla prestazione pensionistica; siano stati
inseriti in “Fondi di solidarietà”, indipendentemente dalla data di
uscita dal lavoro,di fruizione delle prestazioni dei fondi e dalla
durata degli stessi. Siano stati licenziati – in prossimità della
pensione – da aziende che, per la loro dimensione, non gli hanno
permesso l’accesso ad ammortizzatori sociali. Siano stati autorizzati
alla contribuzione volontaria”. Ecco qui, non è difficile. Nemmeno per un governo di tecnici.
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