La Fiom si appresta a svolgere un ruolo formalmente politico?
Qualcuno finge di scandalizzarsi, altri fanno i conti: quante divisioni ha Landini? Non c’è dubbio che negli ultimi anni, assai più di tutti i partiti del Centrosinistra, più delle residue e sfiancate forze a sinistra del Pd, più dei movimenti (tutti), più di qualsiasi altro sindacato, la Federazione dei Metalmeccanici, legata, ma in autonomia, alla CGIL, ha svolto un’azione a vasto raggio in difesa del mondo del lavoro. Non solo operaio, ma innanzi tutto quello di coloro che svolgono lavori manuali, i quali, ovviamente, richiedono un’attenzione intellettiva fortissima, se non si vuole rischiare la pelle ogni giorno. E ogni giorno, in questo come negli altri settori, a cominciare dall’edilizia, giungono tremende notizie di incidenti, anche mortali.
Dunque dov’è lo scandalo? La Fiom svolge già da tempo un ruolo politico, e qualcuno che agisse per tutelare le classi lavoratrici, quelle che un tempo erano chiamate le “classi pericolose”, ci deve pur essere. E proprio per questo suo ruolo, la Federazione ha saputo coalizzare forze diverse intorno alle sue bandiere: compresi molti intellettuali: ci siamo sentiti, tanti che non avevano mai avuto a che fare con i metalmeccanici, tutti “della FIOM”, e tutti “con la FIOM”, in questi anni di berlusconismo e marchionnismo.
Qualcuno accusa Landini di intransigenza, anche nel sindacato-madre, la CGIL; altri parlano di “conservatorismo” , solo perché sulle grandi questioni, la Federazione ha fatto barricata, come sull’articolo 18: una linea del Piave che va preservata ad ogni costo. Proprio perché il padronato, e il governo che lo esprime (l’ho già chiamato qui “comitato d’affari della borghesia”, differenziandolo da quello precedente che era un insieme di cricche di potere, spesso connesse a vari ambienti criminali) hanno voluto impostare la lotta sul piano ideologico (i vantaggi economici che l’abolizione dell’art. 18 comporterebbe, tutti da dimostrare, sono risibili), è inevitabile raccogliere la sfida anche su questo terreno. E la FIOM l’ha fatto, e difendendo i suoi iscritti, sta difendendo la civiltà del lavoro. E la civiltà tout court.
E intanto piovono le notizie. Un operaio massacrato dal “muletto” e la fabbrica continua come se nulla fosse accaduto. Disoccupati a Napoli si buttano nelle acque del porto a fermare i traghetti per le isole, per protestare contro la loro situazione. I ferrovieri licenziati da sei mesi sulla torre di controllo alla stazione di Milano Centrale, nell’indifferenza della politica. Una manifestazione a sostegno dei lavoratori della ditta Miroglio ad Alba, nel Cuneese, si risolve immediatamente con un pesante intervento dei carabinieri che ammanettano addirittura delle signore anziane che protestano, semplicemente usando la loro voce.
Analoghe scene, con protagoniste diverse “forze dell’ordine”, si svolgono un po’ dappertutto. Aggrediti cittadini che cercano di preservare il territorio dalla speculazione mafiosa sugli inceneritori, in diverse località. Stesso trattamento, ma in forma più sistematica e con modi da truppe d’occupazione coloniale, viene riservato alle popolazioni della Valle di Susa, che si oppongono, con tutte le ragioni del mondo, allo scempio dell’Alta Velocità (ora divenuta Alta Capacità, poi ritornata Alta Velocità, in un’alternanza di menzogne e scempiaggini che non riescono a far dimenticare l’assurdità del progetto).
Gli ex operai della Thyssen Krupp di Torino, a dispetto delle molte solenni promesse dell’Amministrazione comunale, si ritrovano dopo quasi 5 anni senza lavoro e invano attendono un incontro col sindaco Fassino. E intanto gli immigrati, che svolgono ormai un ruolo chiave in tante branche della nostra economia, sono considerati ancora “non persone”, a cui si possono infliggere vessazioni d’ogni genere, anche quando la legislazione, pure terribile, consente qualche brandello di umanità, come alcune amministrazioni locali, piccole, lodevolmente tentano di fare.
Le classi lavoratrici, i disoccupati, gli “esodati”, i migranti, i precari, i subalterni, e chi con loro solidarizza, sono di nuovo ridotti al rango di classi pericolose, appunto: pezzi di società da “sedare”, mettere ai margini, ridurre al silenzio obbediente del Capitale. E se i partiti della sinistra sono fuori del Parlamento, se il PD va, pur brontolando, verso l’accordo sulle offensive proposte della signora Fornero, se sul tema articolo 18 il Movimento 5 Stelle tace (mentre lavora attivamente sulle questioni ambientali), se gli altri movimenti sono frammentati, litigiosi e sparsi, e non hanno comunque voce sufficiente per farsi udire, che dire? Meno male che abbiamo la FIOM.
Non so se nascerà intorno ad essa un “partito del lavoro” (ma dovrebbe comprendere anche coloro che il lavoro non hanno, coloro che lo hanno perso e lo attendono, e quanti ne hanno uno ma irregolare, in nero, senza garanzie né tutele), ma so che se nascesse io sarei con loro. Con quei diritti che la FIOM cerca di difendere per conto dei suoi tanti iscritti, ma in nome del popolo italiano. La parte buona, sana, coraggiosa e troppe volte sconfitta del popolo italiano.
Qualcuno finge di scandalizzarsi, altri fanno i conti: quante divisioni ha Landini? Non c’è dubbio che negli ultimi anni, assai più di tutti i partiti del Centrosinistra, più delle residue e sfiancate forze a sinistra del Pd, più dei movimenti (tutti), più di qualsiasi altro sindacato, la Federazione dei Metalmeccanici, legata, ma in autonomia, alla CGIL, ha svolto un’azione a vasto raggio in difesa del mondo del lavoro. Non solo operaio, ma innanzi tutto quello di coloro che svolgono lavori manuali, i quali, ovviamente, richiedono un’attenzione intellettiva fortissima, se non si vuole rischiare la pelle ogni giorno. E ogni giorno, in questo come negli altri settori, a cominciare dall’edilizia, giungono tremende notizie di incidenti, anche mortali.
Dunque dov’è lo scandalo? La Fiom svolge già da tempo un ruolo politico, e qualcuno che agisse per tutelare le classi lavoratrici, quelle che un tempo erano chiamate le “classi pericolose”, ci deve pur essere. E proprio per questo suo ruolo, la Federazione ha saputo coalizzare forze diverse intorno alle sue bandiere: compresi molti intellettuali: ci siamo sentiti, tanti che non avevano mai avuto a che fare con i metalmeccanici, tutti “della FIOM”, e tutti “con la FIOM”, in questi anni di berlusconismo e marchionnismo.
Qualcuno accusa Landini di intransigenza, anche nel sindacato-madre, la CGIL; altri parlano di “conservatorismo” , solo perché sulle grandi questioni, la Federazione ha fatto barricata, come sull’articolo 18: una linea del Piave che va preservata ad ogni costo. Proprio perché il padronato, e il governo che lo esprime (l’ho già chiamato qui “comitato d’affari della borghesia”, differenziandolo da quello precedente che era un insieme di cricche di potere, spesso connesse a vari ambienti criminali) hanno voluto impostare la lotta sul piano ideologico (i vantaggi economici che l’abolizione dell’art. 18 comporterebbe, tutti da dimostrare, sono risibili), è inevitabile raccogliere la sfida anche su questo terreno. E la FIOM l’ha fatto, e difendendo i suoi iscritti, sta difendendo la civiltà del lavoro. E la civiltà tout court.
E intanto piovono le notizie. Un operaio massacrato dal “muletto” e la fabbrica continua come se nulla fosse accaduto. Disoccupati a Napoli si buttano nelle acque del porto a fermare i traghetti per le isole, per protestare contro la loro situazione. I ferrovieri licenziati da sei mesi sulla torre di controllo alla stazione di Milano Centrale, nell’indifferenza della politica. Una manifestazione a sostegno dei lavoratori della ditta Miroglio ad Alba, nel Cuneese, si risolve immediatamente con un pesante intervento dei carabinieri che ammanettano addirittura delle signore anziane che protestano, semplicemente usando la loro voce.
Analoghe scene, con protagoniste diverse “forze dell’ordine”, si svolgono un po’ dappertutto. Aggrediti cittadini che cercano di preservare il territorio dalla speculazione mafiosa sugli inceneritori, in diverse località. Stesso trattamento, ma in forma più sistematica e con modi da truppe d’occupazione coloniale, viene riservato alle popolazioni della Valle di Susa, che si oppongono, con tutte le ragioni del mondo, allo scempio dell’Alta Velocità (ora divenuta Alta Capacità, poi ritornata Alta Velocità, in un’alternanza di menzogne e scempiaggini che non riescono a far dimenticare l’assurdità del progetto).
Gli ex operai della Thyssen Krupp di Torino, a dispetto delle molte solenni promesse dell’Amministrazione comunale, si ritrovano dopo quasi 5 anni senza lavoro e invano attendono un incontro col sindaco Fassino. E intanto gli immigrati, che svolgono ormai un ruolo chiave in tante branche della nostra economia, sono considerati ancora “non persone”, a cui si possono infliggere vessazioni d’ogni genere, anche quando la legislazione, pure terribile, consente qualche brandello di umanità, come alcune amministrazioni locali, piccole, lodevolmente tentano di fare.
Le classi lavoratrici, i disoccupati, gli “esodati”, i migranti, i precari, i subalterni, e chi con loro solidarizza, sono di nuovo ridotti al rango di classi pericolose, appunto: pezzi di società da “sedare”, mettere ai margini, ridurre al silenzio obbediente del Capitale. E se i partiti della sinistra sono fuori del Parlamento, se il PD va, pur brontolando, verso l’accordo sulle offensive proposte della signora Fornero, se sul tema articolo 18 il Movimento 5 Stelle tace (mentre lavora attivamente sulle questioni ambientali), se gli altri movimenti sono frammentati, litigiosi e sparsi, e non hanno comunque voce sufficiente per farsi udire, che dire? Meno male che abbiamo la FIOM.
Non so se nascerà intorno ad essa un “partito del lavoro” (ma dovrebbe comprendere anche coloro che il lavoro non hanno, coloro che lo hanno perso e lo attendono, e quanti ne hanno uno ma irregolare, in nero, senza garanzie né tutele), ma so che se nascesse io sarei con loro. Con quei diritti che la FIOM cerca di difendere per conto dei suoi tanti iscritti, ma in nome del popolo italiano. La parte buona, sana, coraggiosa e troppe volte sconfitta del popolo italiano.
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