«Chiunque abbia ricoperto nella
Seconda Repubblica un’importante carica pubblica, tra questi i parlamentari, i
ministri, i sottosegretari, i presidenti di regione, i sindaci… dovrà rendere
noto pubblicamente in Rete il suo patrimonio prima e dopo la sua investitura».
Così, ieri, Beppe Grillo, convinto che una simile scelta sia «un atto dovuto
che premierà chi non ha nulla da nascondere».
Stranamente, però, quando nel 2008 il viceministro Visco mise on line i redditi dichiarati dagli italiani nel 2005, dai quali si evinceva che lo stesso Grillo aveva incassato oltre 4 milioni di euro, la sua reazione fu leggermente diversa. Un post dal titolo manzoniano («La colonna infame»). che merita di essere ripubblicato integralmente.
«L’agenzia delle entrate – scriveva Grillo sul suo blog il 30 aprile 2008 – ha messo on line tutti i redditi dichiarati dai cittadini italiani nel 2005. Chiunque può accedere liberamente, senza essere identificato. Gli è stato suggerito dalla Ndrangheta, dalla Mafia, dalla Camorra e dalla Sacra Corona Unita. Padoa Schioppa e Visco, con la benedizione di Prodi e del centro sinistra unido che mai sera vencido, hanno eseguito. I rapimenti di persone saranno facilitati, il pizzo potrà essere proporzionato al reddito dichiarato. La criminalità organizzata non dovrà più indagare, presumere. Potrà andare a colpo sicuro collegandosi al sito dell’agenzia delle entrate».
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