Il documento inviatoci dai ventisei militanti e
dirigenti toscani che hanno deciso di uscire dal PdCI: Le loro
motivazioni.
Al Partito dei Comunisti Italiani - Federazione di Firenze
E p.c.
Comitato Politico Regionale
Direzione Nazionale
Cari compagni,
vi sono momenti inderogabili per un comunista nei quali è giusto e necessario verificare lo stato dei rapporti con il partito, il ruolo ed i caratteri della sua militanza.
Per un comunista, per ogni comunista, infatti, il rapporto con il proprio partito non può e non potrà mai esaurirsi semplicemente in un generico senso di appartenenza, né in una per quanto vissuta cultura identitaria.
Appartenere ad un partito comunista significa prima di tutto condividere la responsabilità politica di un progetto strategico per il rovesciamento ed il superamento del capitalismo, della liberazione dal lavoro salariato e dalla
società divisa in classi.
Solo a partire da tutto questo è legittimo parlare di identità comunista come capacità e volontà di riappropriazione totale, rigorosa e coerente degli strumenti di analisi, della teoria e della prassi marxista e di orgogliosa rivendicazione di una propria concezione del mondo e delle proprie prospettive storiche.
Mai come in questo momento si è mostrata a scala globale tutta la potenza e la violenza dell’avversario di classe nei confronti del proletariato internazionale, un proletariato che nel nostro terzo millennio si presenta in forme e composizioni tecniche estremamente complesse, non più riconducibile solo all’operaio di linea, ma a settori sempre più estesi di lavoratori del terziario, del pubblico impiego, della scuola e della università.
Così come si è confermata l’evoluzione del sistema nella sua fase estrema e cioè quella dell’imperialismo del capitalismo finanziario.
E la crisi che stiamo vivendo e pagando è la crisi strutturale di questo sistema, che per salvare la sua armatura economico-statale è disposta a distruggere e a decimare i suoi stessi fattori produttivi, così come avvenne,
anche se in una fase e con caratteristiche diverse, nella guerra dichiarata dalla borghesia di allora nella Parigi della Comune, dove essa arrivò ad uccidere 30.000 operai, pur di confermare il proprio dominio.
La decimazione di oggi si chiama precarizzazione, impoverimento, distruzione delle forme della rappresentanza, della sicurezza sul lavoro, annientamento progressivo dello stato sociale per arrivare a mettere in discussione ed affondare, come borghesia, le stesse leggi della sua democrazia formale e sostanziale.
Questo insieme di condizioni oggettive va mostrando tutta l’attualità di un progetto comunista: della ricostruzione di un blocco sociale antagonista, della necessità di ricomposizione dei conflitti e dei tragitti politici intorno ad un nuovo soggetto in grado di rappresentarsi come vettore di questa ricomposizione e di questo processo.
E p.c.
Comitato Politico Regionale
Direzione Nazionale
Cari compagni,
vi sono momenti inderogabili per un comunista nei quali è giusto e necessario verificare lo stato dei rapporti con il partito, il ruolo ed i caratteri della sua militanza.
Per un comunista, per ogni comunista, infatti, il rapporto con il proprio partito non può e non potrà mai esaurirsi semplicemente in un generico senso di appartenenza, né in una per quanto vissuta cultura identitaria.
Appartenere ad un partito comunista significa prima di tutto condividere la responsabilità politica di un progetto strategico per il rovesciamento ed il superamento del capitalismo, della liberazione dal lavoro salariato e dalla
società divisa in classi.
Solo a partire da tutto questo è legittimo parlare di identità comunista come capacità e volontà di riappropriazione totale, rigorosa e coerente degli strumenti di analisi, della teoria e della prassi marxista e di orgogliosa rivendicazione di una propria concezione del mondo e delle proprie prospettive storiche.
Mai come in questo momento si è mostrata a scala globale tutta la potenza e la violenza dell’avversario di classe nei confronti del proletariato internazionale, un proletariato che nel nostro terzo millennio si presenta in forme e composizioni tecniche estremamente complesse, non più riconducibile solo all’operaio di linea, ma a settori sempre più estesi di lavoratori del terziario, del pubblico impiego, della scuola e della università.
Così come si è confermata l’evoluzione del sistema nella sua fase estrema e cioè quella dell’imperialismo del capitalismo finanziario.
E la crisi che stiamo vivendo e pagando è la crisi strutturale di questo sistema, che per salvare la sua armatura economico-statale è disposta a distruggere e a decimare i suoi stessi fattori produttivi, così come avvenne,
anche se in una fase e con caratteristiche diverse, nella guerra dichiarata dalla borghesia di allora nella Parigi della Comune, dove essa arrivò ad uccidere 30.000 operai, pur di confermare il proprio dominio.
La decimazione di oggi si chiama precarizzazione, impoverimento, distruzione delle forme della rappresentanza, della sicurezza sul lavoro, annientamento progressivo dello stato sociale per arrivare a mettere in discussione ed affondare, come borghesia, le stesse leggi della sua democrazia formale e sostanziale.
Questo insieme di condizioni oggettive va mostrando tutta l’attualità di un progetto comunista: della ricostruzione di un blocco sociale antagonista, della necessità di ricomposizione dei conflitti e dei tragitti politici intorno ad un nuovo soggetto in grado di rappresentarsi come vettore di questa ricomposizione e di questo processo.
In questo quadro generale si pongono le urgenze, da una parte della
ricostruzione di una dimensione strategica, una forma partito ed una
classe dirigente adeguata agli scenari del presente, rimettendo in moto
tutta l’organizzazione, federale per federale, sezione per sezione,
compagno per compagno, puntando soprattutto sulle nuove generazioni
coinvolgendole direttamente in questa ricerca, cercando di produrre
insieme formazione, prassi e nuovi strumenti dell’azione politica
all’interno dei conflitti diffusi e, dall’altra, dell’avvio di un
processo costituente per la costruzione di un fronte politico unitario
della sinistra comunista ed anticapitalista.
Tutto questo era e sarebbe ancora materia e sviluppo coerente delle tesi che erano alla base del nostro penultimo congresso, il quinto del 2008, ma che poi hanno finito col rimanere sullo sfondo, una sorta di quinta teatrale, mentre tutta la sostanza del dibattito e del contendere si è declinata ed inaridita intorno alla necessità di un nostro ritorno in Parlamento e quindi ai meccanismi convulsi ed intricati delle possibili alleanze.
Il nostro partito, a partire dal suo gruppo dirigente, ha così rinunciato ad ogni forma di volontà di leggere lo scenario delle trasformazioni in atto nella società attuale, di farsi soggetto propositivo di mettersi in gioco in un
progetto reale di ricomposizione di una sinistra di classe.
Tutto questo era e sarebbe ancora materia e sviluppo coerente delle tesi che erano alla base del nostro penultimo congresso, il quinto del 2008, ma che poi hanno finito col rimanere sullo sfondo, una sorta di quinta teatrale, mentre tutta la sostanza del dibattito e del contendere si è declinata ed inaridita intorno alla necessità di un nostro ritorno in Parlamento e quindi ai meccanismi convulsi ed intricati delle possibili alleanze.
Il nostro partito, a partire dal suo gruppo dirigente, ha così rinunciato ad ogni forma di volontà di leggere lo scenario delle trasformazioni in atto nella società attuale, di farsi soggetto propositivo di mettersi in gioco in un
progetto reale di ricomposizione di una sinistra di classe.
Certo, è indiscutibile che in uno scenario drammatico come quello
attuale, nell’agenda politica si ponga il problema delle alleanze, sia
sul piano strategico che tattico, certo che per abbattere lo Zar ed il
suo sistema feudale ci si può alleare con le forze antizariste della
democrazia liberale, ma il fatto è che il nostro Zar non è più
Berlusconi, ma la BCE, che le forze con cui noi dovremmo cercare
alleanze non dovrebbero limitarsi semplicemente a quelle che nuotano nel
mare magnum dell’antiliberismo, ma soprattutto in quello più cogente
dell’opposizione al dominio della finanza internazionale ed ai capisaldi
politici che la governano.
E nella compagine di quelle forze cui noi, secondo il nostro gruppo dirigente dovremmo far riferimento nella politica delle alleanze quanto è presente questa posizione? Certamente non il PD che non solo ha avallato e sottoscritto quell’atto dichiaratamente eversivo dell’introduzione della norma sull’obbligo della parità di bilancio nella nostra carta costituzionale, distruggendo per sempre ogni forma ed ogni prospettiva di consolidamento e rilancio dello stato sociale nel nostro paese, ma si è di fatto eletto al più zelante sostenitore del governo Monti.
I comunisti hanno sempre posto sul piatto della politica la questione del potere, anche nelle forme specifiche dell’essere o riconoscersi come forza di governo all’interno della dialettica parlamentare, ma questa dialettica deve avere un senso ed una sua coerenza in un rapporto non contraddittorio tra ruoli istituzionali e natura ed obbiettivi strategici del partito.
Se il prezzo che dobbiamo pagare oggi per riottenere, costi quel che costi, le briciole di una nostra presenza in Parlamento è vedere il nostro partito privo di qualsiasi autonomia politica strangolato negli irreversibili terreni del pragmatismo organizzativo, dell’opportunismo e della subalternità culturale, deciso a sacrificare e negare sull’altare di questo unico fine, ogni forma di dialettica interna, considerando qualsiasi voce critica, inaccettabile, intollerabile e quindi da “espellere”, allora noi non ci stiamo.
Di fronte a questa prospettiva non riusciamo più a trovare il senso di una appartenenza e la concretezza di un utile apporto militante. Per noi si è rotto definitivamente il rapporto fiduciario e quindi ci troviamo costretti, dopo tanti anni di militanza, di lotte e di lavoro comune, ad uscire dal Partito dei Comunisti Italiani.
Laura Bartoli – FGCI Firenze
Fabrizio Borchi - FGCI Firenze
Guido Calosi – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Guido Del Re – CPF; PdCI Firenze
Sara Eisa - FGCI Firenze
Simone Faini – FGCI Firenze
Niccolò Fontanelli – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Lisa Gabellini – PdCI Mugello Valdisieve
Luciana Gherardini – PdCI Firenze
Lidia Giannelli – Segretario Sez. PdCI Mugello Valdisieve; Consigliere
comunale FdS Dicomano
Lisa Goffi – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Massimo Grandi – CPF; Esecutivo FdS Firenze e Fiesole
Alessio Marangi – FGCI Firenze
Giampaolo Marangi – PdCI Mugello Valdisieve
Desirèe Parenti – FGCI Firenze
Costanza Parigi - FGCI Firenze
Lorenzo Piattelli – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Maria Pintucchi – CPF PdCI Firenze
Gianfranco Polvani – PdCI Firenze
Michele Quadernucci – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Ambra Roncucci – CPR; Coordinatore FGCI Firenze
Augusto Scaglioso – CPR; Segretario Sez. Centro PdCI Firenze
Cinzia Taccini – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Marco Tangocci – CPR; Segretario Sez. Stalingrado PdCI Firenze
Alberto Topini - FGCI Firenze
Mieke Verbert – PdCI Firenze
E nella compagine di quelle forze cui noi, secondo il nostro gruppo dirigente dovremmo far riferimento nella politica delle alleanze quanto è presente questa posizione? Certamente non il PD che non solo ha avallato e sottoscritto quell’atto dichiaratamente eversivo dell’introduzione della norma sull’obbligo della parità di bilancio nella nostra carta costituzionale, distruggendo per sempre ogni forma ed ogni prospettiva di consolidamento e rilancio dello stato sociale nel nostro paese, ma si è di fatto eletto al più zelante sostenitore del governo Monti.
I comunisti hanno sempre posto sul piatto della politica la questione del potere, anche nelle forme specifiche dell’essere o riconoscersi come forza di governo all’interno della dialettica parlamentare, ma questa dialettica deve avere un senso ed una sua coerenza in un rapporto non contraddittorio tra ruoli istituzionali e natura ed obbiettivi strategici del partito.
Se il prezzo che dobbiamo pagare oggi per riottenere, costi quel che costi, le briciole di una nostra presenza in Parlamento è vedere il nostro partito privo di qualsiasi autonomia politica strangolato negli irreversibili terreni del pragmatismo organizzativo, dell’opportunismo e della subalternità culturale, deciso a sacrificare e negare sull’altare di questo unico fine, ogni forma di dialettica interna, considerando qualsiasi voce critica, inaccettabile, intollerabile e quindi da “espellere”, allora noi non ci stiamo.
Di fronte a questa prospettiva non riusciamo più a trovare il senso di una appartenenza e la concretezza di un utile apporto militante. Per noi si è rotto definitivamente il rapporto fiduciario e quindi ci troviamo costretti, dopo tanti anni di militanza, di lotte e di lavoro comune, ad uscire dal Partito dei Comunisti Italiani.
Laura Bartoli – FGCI Firenze
Fabrizio Borchi - FGCI Firenze
Guido Calosi – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Guido Del Re – CPF; PdCI Firenze
Sara Eisa - FGCI Firenze
Simone Faini – FGCI Firenze
Niccolò Fontanelli – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Lisa Gabellini – PdCI Mugello Valdisieve
Luciana Gherardini – PdCI Firenze
Lidia Giannelli – Segretario Sez. PdCI Mugello Valdisieve; Consigliere
comunale FdS Dicomano
Lisa Goffi – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Massimo Grandi – CPF; Esecutivo FdS Firenze e Fiesole
Alessio Marangi – FGCI Firenze
Giampaolo Marangi – PdCI Mugello Valdisieve
Desirèe Parenti – FGCI Firenze
Costanza Parigi - FGCI Firenze
Lorenzo Piattelli – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Maria Pintucchi – CPF PdCI Firenze
Gianfranco Polvani – PdCI Firenze
Michele Quadernucci – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Ambra Roncucci – CPR; Coordinatore FGCI Firenze
Augusto Scaglioso – CPR; Segretario Sez. Centro PdCI Firenze
Cinzia Taccini – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Marco Tangocci – CPR; Segretario Sez. Stalingrado PdCI Firenze
Alberto Topini - FGCI Firenze
Mieke Verbert – PdCI Firenze
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