Una
democrazia repubblicana che ancora deve conquistare la frontiera dei diritti
civili e della laicità, con una forbice sociale tra le più alte nel vecchio
continente e non solo, con il record europeo di evasione fiscale e una
corruzione dilagante che divora la fiducia pubblica, avrebbe tutte le carte in
regola per essere più avvelenata di altri. Invece uno dei massimi dirigenti
comunisti, oggi democratici, Massimo D'Alema, in un'intervista all'Unità mostra
stupore e meraviglia per il pessimo rapporto tra i partiti e la società.
Come mai, si chiede il dirigente piddino, in Europa il confronto è tra destra e sinistra e da noi è tra casta e società civile? Qualche risposta si potrebbe azzardare. Bassi salari, pensioni prosciugate e, con il voto di fiducia sulla riforma del lavoro, anche l'umiliazione parlamentare dei diritti costituzionali, sono concime abbondante per l'antipolitica, miccia accesa per fare dell'Italia, ancora una volta, un paese a rischio.
Le considerazioni di D'Alema si sposano con la soddisfazione del segretario del Pd per le ambigue attestazioni di vicinanza del leader udc, Casini, favorevole a un'alleanza di centrosinistra nel solco del montismo. Bersani la accoglie come una base finalmente sicura per dare al paese un governo stabile. Delle due l'una: o l'esperienza del governo dei professori ha cementato una solida base programmatica (bene la ricetta Bce, benissimo i provvedimenti su pensioni e lavoro, ottima la riforma bocconiana) e allora togliamo la parola sinistra dal centro. Oppure la sinistra esiste ancora in una parte del gruppo dirigente e nel corpo elettorale del Pd (come elezioni amministrative e, ancor di più i referendum, hanno dimostrato), e allora questa alleanza è un imbroglio peggiore di quello che radunò attorno a Prodi un governo destinato a fine prematura e ingloriosa.
Il compromesso storico non c'entra nulla, anche se Casini e D'Alema erano a Sassari per ricordare Enrico Berlinguer. Non solo perché la scelta del segretario del Pci avveniva in un'altra era, era il '73 e la democrazia di Allende finiva nel sangue del golpe cileno. Ma perché il Pd è già un "compromesso stoico" fallito («un'amalgama mal riuscito»), una comunità politica bisognosa di riscoprire qualche radice (qualcuno ha osservato che il Pd senza la storia su cui è seduto sarebbe nulla). La discussione, ricca e vivace che proprio l'esperienza del governo Monti ha prodotto nel Pd tra chi pensa che la riforma dell'art.18 è nefasta e chi la ritiene benvenuta, dovrebbe suggerire maggiore prudenza nel rispondere alle profferte centriste. Strappare la foto di Vasto per imbarcare un altro pezzo di nomenklatura postdemocristiana sembra la scelta migliore per agganciare l'Italia al vagone greco e forse regalare al Pd il destino del Pasok.
Come mai, si chiede il dirigente piddino, in Europa il confronto è tra destra e sinistra e da noi è tra casta e società civile? Qualche risposta si potrebbe azzardare. Bassi salari, pensioni prosciugate e, con il voto di fiducia sulla riforma del lavoro, anche l'umiliazione parlamentare dei diritti costituzionali, sono concime abbondante per l'antipolitica, miccia accesa per fare dell'Italia, ancora una volta, un paese a rischio.
Le considerazioni di D'Alema si sposano con la soddisfazione del segretario del Pd per le ambigue attestazioni di vicinanza del leader udc, Casini, favorevole a un'alleanza di centrosinistra nel solco del montismo. Bersani la accoglie come una base finalmente sicura per dare al paese un governo stabile. Delle due l'una: o l'esperienza del governo dei professori ha cementato una solida base programmatica (bene la ricetta Bce, benissimo i provvedimenti su pensioni e lavoro, ottima la riforma bocconiana) e allora togliamo la parola sinistra dal centro. Oppure la sinistra esiste ancora in una parte del gruppo dirigente e nel corpo elettorale del Pd (come elezioni amministrative e, ancor di più i referendum, hanno dimostrato), e allora questa alleanza è un imbroglio peggiore di quello che radunò attorno a Prodi un governo destinato a fine prematura e ingloriosa.
Il compromesso storico non c'entra nulla, anche se Casini e D'Alema erano a Sassari per ricordare Enrico Berlinguer. Non solo perché la scelta del segretario del Pci avveniva in un'altra era, era il '73 e la democrazia di Allende finiva nel sangue del golpe cileno. Ma perché il Pd è già un "compromesso stoico" fallito («un'amalgama mal riuscito»), una comunità politica bisognosa di riscoprire qualche radice (qualcuno ha osservato che il Pd senza la storia su cui è seduto sarebbe nulla). La discussione, ricca e vivace che proprio l'esperienza del governo Monti ha prodotto nel Pd tra chi pensa che la riforma dell'art.18 è nefasta e chi la ritiene benvenuta, dovrebbe suggerire maggiore prudenza nel rispondere alle profferte centriste. Strappare la foto di Vasto per imbarcare un altro pezzo di nomenklatura postdemocristiana sembra la scelta migliore per agganciare l'Italia al vagone greco e forse regalare al Pd il destino del Pasok.
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