Sconcerto. Non c’è altra parola per descrivere la sortita quotidiana
del ministro Elsa Fornero: “Il lavoro non è un diritto”. L’opposizione –
dalla Lega all’Idv passando per la Sinistra (Sel e Federazione) –
attacca quest’aberrante e incostituzionale affermazione, il Pd in
evidente imbarazzo parla di frase controproducente. Ma la questione è
un’altra. Si sapeva fin dall’inizio chi
fosse la Fornero e più in generale che interessi rappresentassero i
“tecnici”: la riforma delle pensioni, la legge Fornero votata oggi, il
ritocco all’articolo 18, l’imposizione della Tav in Val Susa, la
privatizzazione dei servizi locali, le finte liberalizzazioni, il
ritorno della discussione del nucleare in Italia, l’Imu etc… Senza
considerare tutte quelle leggi che non sono state fatte: come sulla
corruzione o sul conflitto d’interessi. Allora di chi è la colpa? Forse
di una cosiddetta sinistra che ha creduto in Monti. Nel Dio Monti dopo
la caduta di Berlusconi.
Con la crisi incombente e lo spread che impazzava quasi a quota 600
il Pd aveva due possibilità davanti: o andare subito al voto (anche i
primi gennaio) confermando la coalizione di Vasto allargata a società
civile e Fiom nel più classico centrosinistra, stravincere le elezioni,
dare la mazzata finale a Berlusconi, uscire dal berlusconismo iniziando
ad abrogare una serie di leggi porcata e cercare di tamponare la crisi
finanziaria con politiche espansive e di difesa del welfare State. Di
fronte a un tale scenario, il Pd – e più in generale il pensiero liberal
in Italia – ha deciso tafazzianamente un’altra strada.
Ma siamo matti che andiamo a governare e facciamo qualcosa di
sinistra? Figuriamoci. Meglio i professori, anche perché – la vera
bufala raccontata è questa – non c’è altra soluzione per fermare la
corsa dello spread! E qui scende in campo la martellante campagna
disinformativa - guidata dall’alto dal migliorista Napolitano – che ha
fatto credere che non ci fosse alternativa a Monti, il Salvatore,
chiunque provava ad obiettare era accusato di “alto tradimento”.
Tutti con i tecnici, all’inizio persino Vendola – che prima o poi
dovrà risolvere questo problema ancestrale col Pd – aveva una linea
attendista e possibilista. Ci salveranno dalla crisi. “Noi siamo un
partito responsabile e pensa all’Italia non a vincere le elezioni”
esclamava un entusiasta Bersani. Contento lui.
Passano i mesi: lo spread è ancora sopra i 400, in Italia si stanno
smantellando diritti e soprattutto è in atto una macelleria sociale. Chi
sostiene Monti in Parlamento è in forte difficoltà, sentire esponenti
di Pdl e Pd fa ridere: attaccano le leggi, per poi votarle
sistematicamente. Bah. Schizzofrenia o paraculismo acuto? Forse la
seconda.
Resta il fatto che il Pd ha una grave responsabilità perché insieme
all’ex Terzo Polo è il più forte sostenitore del governo
Monti-Passera-Napolitano. Alle prossime elezioni – probabilmente a
novembre perché se Berlusconi è furbo (come penso), staccherà lui la
spina ripresentandosi al voto come oppositore dei tecnici, dell’Europa
dei banchieri e dell’euro – c’è la possibilità che possa rinascere un
centrodestra e che Grillo – in questo squallore generale – faccia il
boom vero da farlo sentire anche al Quirinale.
A questo punto la speranza è che il Pd faccia il salto del Rubicone,
vada pure con l’Udc. Facciano anche un governo insieme con il sostegno
dei “giornaloni”. Se così fosse a sinistra ci sarebbe uno spazio
politico e il modello Syriza in Grecia non sarebbe più troppo lontano.
Una sinistra alternativa unita: Idv, Sel, Federazione della Sinistra
aperta a Fiom, società civile, movimenti per l’acqua pubblica, No-Tav.
Una coalizione che rilancerebbe diritti manomessi e difenderebbe il
welfare smantellato. Un cartello che vada oltre i partiti – che fosse
per me si potrebbero anche sciogliere – con a capo una personalità della
società civile, un volto nuovo (Landini?), unico modo per arrestare
l’avanzata dei grillini.
Altro che primarie… il Pd ha gravi colpe sulla fase attuale e sulle
sortite dell’attuale ministro del Lavoro Elsa Fornero. Sgombrasse il
campo. Non c’è più tempo per l’indecisione bersaniana e il suo progetto
utopico e politicista di formare una coalizione dalla Fiom all’Udc (ma
senza Di Pietro). C’è invece un vuoto da colmare a sinistra, quella
vera.
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