lunedì 18 giugno 2012

GRECIA: VERSO IL CAOS

Grecia, elezioni del 17 giugno:risultati elettorali (clicca per ingrandire)
Il contagio venturo che li seppellirà


di sollevAzione



«E allora anche la Grecia ripiomberà nel caos, i governi cadranno e i due blocchi sociali che si sono manifestati nelle urne, quello della conservazione e quello della trasformazione sociale, si affronteranno in campo aperto, senza esclusione di colpi».
Nuova democrazia, in poco più di un mese, ha ottenuto il 10% di voti in più, esattamente quelli guadagnati dalla coalizione Syriza (crescita, quest'ultima, avvenuta anche a spese del Kke —che si è fatto male da solo con la sua linea settaria). Col 29,66% di voti, grazie all'inaudito premio di maggioranza che premia con 50 seggi il primo partito, Nuova democrazia ottiene 129 dei 300 seggi del parlamento. In teoria, mettendo assieme i cocci del Pasok, di Sinistra Democratica e forse anche dei Greci indipendenti, il governo è cosa fatta. In teoria.

Non solo l'eurocrazia, ma tutti i governi occidentali tirano un sospiro di sollievo. Il peggio è passato, la minaccia di una vittoria della "sinistra radicale" sventata. Dopo avere vergognosamente intimidito i cittadini greci, minacciando sfracelli se avessero votato in massa per disdire gli accordi capestro con l'Unione europea, ora promettono, bontà loro, che continueranno ad "aiutare" la Grecia. 


La ripartizione dei seggi in parlamento
Il mondo della grande finanza esulta un po' meno. L'euro e l'Unione non traballano certo a causa dello psicodramma greco, ma per altri e ben più fondamentali fattori. Che lo spauracchio di Syriza non abbia vinto sposta poco, e non allontana il rischio di un terremoto globale, causato dalla combinazione di crack bancari e default sui debiti pubblici da parte degli stati.

Questo per dire che non era da Atene, malgrado la cagnara, che doveva venire il verdetto sull'euro, esso sarà emesso dai "mercati" nei prossimi mesi, una volta preso atto delle misure e delle terapie che saranno adottate dal vertice europeo del 28 giugno.

Quello che la Grecia doveva dirci era se, dopo anni di cura da cavallo, la rabbia del popolo immiserito si sarebbe espressa potentemente anche nelle urne, al punto da dare la maggioranza ad una coalizione (Syriza) dipinta come una forza anti-euro e anti-capitalista.

Il responso lo abbiamo sotto gli occhi, non passa per le urne il grande cambiamento, la necessaria trasformazione. Si era illuso chi se lo aspettava. Come ogni gioco, quello elettorale ha le sue regole, e dentro quelle regole "demo-liberali", per quanto nobili, viene premiata la medietà, l'ignavia, in poche parole la forza inerziale del mellifluo "ceto medio" il quale, per quanto maciullato dalla crisi sistemica, se la fa sotto e si aggrappa alla sottana delle élite e della classe dominanti nella speranza che dal loro cappello tirino fuori il coniglio della "ripresa", la rinascita del benessere.

Il grande cambiamento non passa per le urne, ma per la porta stretta della sollevazione popolare. Chiamatela rivoluzione, se volete.

Passata la buriana elettorale i problemi restano tutti lì, sul tappeto. I dominanti non possono fare alcun miracolo. La crisi sistemica è molto più grande di loro, ha la sua propria fenomenologia. Una crisi il cui epicentro non sta al sud dei Balcani, sta in paesi come l'Italia, la Spagna, la Francia. Un epicentro che lambisce quindi la Germania.

Tamponare la falla greca non è difficile, quelle spagnola, italiana e francese impossibile. Se, come pensiamo, gli eurocrati non riusciranno a piegare la resistenza tedesca contro politiche monetarie espansive e la mutualizzazione dei debiti pubblici e privati, l'infarto dell'Unione europea sarà inevitabile. E allora anche la Grecia ripiomberà nel caos, i governi cadranno e i due blocchi sociali che si sono manifestati nelle urne, quello della conservazione e quello della trasformazione sociale, si affronteranno in campo aperto, senza esclusione di colpi.

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