venerdì 15 giugno 2012

Decreto sviluppo, non c’è nulla per il lavoro di Paolo Ferrero, Il Fatto Quotidiano

Sul cosiddetto decreto sviluppo, il governo dà i numeri, parlando di 40 miliardi messi a disposizione per lo sviluppo.
Si tratta di un falso clamoroso. Le cifre reali che lo Stato mette a disposizione sono molto più basse, dell’ordine di qualche miliardo, non certo di più. Ad esempio, sugli incentivi per le ristrutturazioni, che sono il pezzo forte del decreto per quanto riguarda l’occupazione, il governo ha stanziato 200 milioni. Visto che l’incentivo copre il 50% della spesa, se ne desume che la mole di lavoro potenzialmente messa in movimento da questo provvedimento è di 400 milioni. Si tratta di una cifra ridicola, più piccola del buco di bilancio del comune di Parma. Se calcoliamo che per attivare un posto di lavoro servono almeno 40.000 euro all’anno, stiamo parlando di 10.000 posti di lavoro. Oltre a questo dobbiamo tener conto che la ristrutturazione la può fare solo chi ha già i soldi da spendere perché lo sgravio fiscale lo riceverà dopo averlo speso. Qui casca l’asino perché il problema oggi in Italia è proprio che la gente non ha soldi da spendere, per cui non è nemmeno detto che quei 400 milioni di lavori si attivino tutti. E questo sarebbe il pezzo forte per l’occupazione in un contesto in cui abbiamo milioni di disoccupati?
In realtà il decreto prevede molte facilitazioni per le imprese (che però se non hanno lavoro non assumono), grandi cartolarizzazioni del patrimonio pubblico – che è destinato così ad essere svenduto – e ulteriore taglio delle tasse per gli investitori finanziari, tagliando le tasse da pagare sui project bond. Così come vi è una grande facilitazione per la costruzione di nuove grandi opere e anche la previsione che il governo possa aggirare la volontà delle regioni nel dare il via libera alle infrastrutture energetiche. Questo vuol dire che questo decreto serve a sbloccare la costruzione dei rigassificatori, a fare un po’ di autostrade, a sbloccare la costruzione di centrali a biomasse o turbogas e probabilmente anche gli inceneritori se collegati in qualche modo con la produzione di energia elettrica. La dove la popolazione protesta e le regioni frenano, ci penserà il governo a dare permessi e mandare la polizia: come in val di Susa!
Ci troviamo cioè di fronte a un decreto che prosegue imperterrito nella linea sin qui tracciata dalle destre più ottuse: politiche neoliberiste, colate di cemento e inquinamento. Se questo è la fase 2, complimenti!
Le cose da fare erano altre:
In primo luogo un piano del lavoro con un ruolo diretto da parte dello Stato nei settori del riassetto del territorio, del rifacimento della rete idrica, della riconversione energetica degli edifici pubblici.
In secondo luogo un reddito sociale per i disoccupati e la riduzione delle tasse a lavoratori e pensionati.
In terzo luogo un piano di politica industriale e sociale a partire dalla mobilità sostenibile che coinvolgesse a pieno le imprese pubbliche a partire da Fincantieri e Finmeccanica.
Queste semplici misure, che possono dare un milione di posti di lavoro, sono finanziabili in primo luogo con un tetto di 5.000 euro alle pensioni e ai loro cumuli, agli stipendi dei parlamentari e dei dirigenti pubblici. In secondo luogo una bella tassa patrimoniale sulle ricchezze al di sopra degli 800.000 euro. In terzo luogo un aumento delle tasse per i redditi sopra 100.000 euro e in quarto luogo l’istituzione di una tassa di successione con una franchigia di 400.000 euro.
In questo modo si ridistribuirebbe reddito dall’alto in basso aumentando la disponibilità delle famiglie e si farebbero posti di lavoro veri in settori utili, dando così un vero contributo ad uscire dal tunnel. Nulla di tutto questo ci è stato annunciato. Spero almeno che taglino effettivamente qualche spreco.

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