Se
il confronto di stamane in casa FIOM aveva lo scopo, dichiarato in
apertura da Landini, di iniziare a mettere i lavoratori nelle condizione
di scegliere quali “politiche” votare, prima ancora di quali leader o
quali coalizioni, il quadro emerso è di una chiarezza estrema. Dalla
Federazione della Sinistra, da SEL e da un Di Pietro più che mai
agguerrito, è arrivata un’adesione convinta alle posizioni del sindacato
dei metalmeccanici; per il PD invece, al netto delle reticenze e delle
ambiguità di Pierluigi Bersani: la manomissione dell’articolo 18 “è un
buon compromesso”, “va bene il fiscal compact”dettato dall’UE e dalla
BCE, sulla modifica dell’articolo 81 della Costituzione non si torna
indietro, sulla demolizione del sistema pensionistico magari, solo
qualche piccolo ritocco.
A questo punto, serenamente, non si capisce che senso abbia auspicare “percorsi unitari”, “ricerca comune”, “coalizioni di governo” tra la sinistra e questo Partito Democratico come hanno fatto, nonostante tutto, alcuni degli intervenuti.
Confrontarsi e cercare convergenze è certamente cosa utile ed importante, ma se lo scopo è quello di trasformare i propositi in concrete azioni occorre condividere preliminarmente almeno alcuni punti irrinunciabili. Quelli che invece ci dividono sono, con evidenza, barriere insormontabili. Con le premesse di stamattina, peraltro prevedibili, quali sarebbero le politiche di governo prospettate da un simile coalizione di centro sinistra?
Se una delle cause dei fenomeni di sfiducia, astensionismo, qualunquismo -come riconosciuto da tanti- è l’incoerenza tra quanto si proclama a parole con quanto poi si realizza (o ci si impegna a realizzare) nel concreto, una simile ipotesi politica sarebbe la strada maestra per farli dilagare.
Non si tratta di “alzare steccati” a sinistra o limitarsi a “sventolare le proprie bandierine”, al contrario si tratta di unire le forze a partire proprio dalle proposte della FIOM. Proposte chiare e praticabili, alternative alle politiche antisociali dall’attuale maggioranza, da arricchire e articolare in un vero e proprio programma di governo. L’unico in grado di farci uscire dalla crisi e di arginare l’attacco alla Costituzione.
Le forze della sinistra politica e sociale, l’attivismo dei beni comuni, hanno i numeri per lanciarsi in questa improrogabile impresa. Attardarsi in manovre politicistiche o addirittura imbarcarsi in coalizioni “incollate” soltanto da paralizzanti logiche di schieramento, vorrebbe dire assumersi la responsabilità storica di dare il colpo di grazia alla credibilità della sinistra, proprio nel momento in cui ce n’é più bisogno per difendere i diritti dei lavoratori e la democrazia di questo Paese.
A questo punto, serenamente, non si capisce che senso abbia auspicare “percorsi unitari”, “ricerca comune”, “coalizioni di governo” tra la sinistra e questo Partito Democratico come hanno fatto, nonostante tutto, alcuni degli intervenuti.
Confrontarsi e cercare convergenze è certamente cosa utile ed importante, ma se lo scopo è quello di trasformare i propositi in concrete azioni occorre condividere preliminarmente almeno alcuni punti irrinunciabili. Quelli che invece ci dividono sono, con evidenza, barriere insormontabili. Con le premesse di stamattina, peraltro prevedibili, quali sarebbero le politiche di governo prospettate da un simile coalizione di centro sinistra?
Se una delle cause dei fenomeni di sfiducia, astensionismo, qualunquismo -come riconosciuto da tanti- è l’incoerenza tra quanto si proclama a parole con quanto poi si realizza (o ci si impegna a realizzare) nel concreto, una simile ipotesi politica sarebbe la strada maestra per farli dilagare.
Non si tratta di “alzare steccati” a sinistra o limitarsi a “sventolare le proprie bandierine”, al contrario si tratta di unire le forze a partire proprio dalle proposte della FIOM. Proposte chiare e praticabili, alternative alle politiche antisociali dall’attuale maggioranza, da arricchire e articolare in un vero e proprio programma di governo. L’unico in grado di farci uscire dalla crisi e di arginare l’attacco alla Costituzione.
Le forze della sinistra politica e sociale, l’attivismo dei beni comuni, hanno i numeri per lanciarsi in questa improrogabile impresa. Attardarsi in manovre politicistiche o addirittura imbarcarsi in coalizioni “incollate” soltanto da paralizzanti logiche di schieramento, vorrebbe dire assumersi la responsabilità storica di dare il colpo di grazia alla credibilità della sinistra, proprio nel momento in cui ce n’é più bisogno per difendere i diritti dei lavoratori e la democrazia di questo Paese.
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