lunedì 18 giugno 2012

Dall’Inghilterra all’Italia, il neoliberismo all’assalto dei beni pubblici di Carlo Formenti, Micromega

In Inghilterra è in corso una durissima polemica sulla privatizzazione degli spazi pubblici. Evidentemente in quel Paese non si è persa memoria dei devastanti effetti della pratica sei-settecentesca  delle enclosure, ben descritta nelle opere di Marx, Engels e Polanyi, che portò alla espropriazione dei beni demaniali (e alla riduzione in miseria di milioni di contadini) da parte dei landlord, preparando il terreno alla nascita del moderno capitalismo. Oggi oggetto di cupidigia di un capitalismo post moderno ma non meno feroce non sono più foreste, pascoli e altri territori demaniali (gli antichi commons medievali) ma piazze, parchi e interi quartieri cittadini.
Con la scusa di “risanare” un territorio urbano che le esauste casse delle amministrazioni locali (falcidiate dai tagli dei governi neoliberisti) non riescono più a curare, industrie e società finanziarie globali allungano gli artigli sugli spazi pubblici che, una volta trasformati in proprietà privata, non vengono più presidiati e difesi dalla polizia ma da guardie armate assoldate dai nuovi padroni. Così lo spazio pubblico si restringe e si restringono anche i diritti di fruizione che tradizionalmente lo regolavano, sostituiti dall’arbitraria volontà dei proprietari fatta valere con la forza.
Fra le prime vittime il diritto di manifestare liberamente: si moltiplicano i casi in cui a studenti e lavoratori si impedisce di radunarsi e “occupare” simbolicamente luoghi (non più) pubblici: le guardie private li ricacciano oltre i confini dei nuovi “paradisi” protetti.
Da noi, intanto, il governo dei “tecnici” ci ha appena comunicato che, per risanare i buchi del pubblico bilancio (di cui i risanatori sono i primi responsabili, come classe se non come individui) metterà in vendita i pezzi pregiati del nostro patrimonio pubblico, sia a livello dei beni dello stato centrale, sia a livello dei beni del governo locale: beni mobili e immobili, beni demaniali, partecipazioni in imprese municipalizzate e quant’altro finiranno nelle mani di privati che ne faranno ciò che vorranno (li trasformeranno cioè in fonti di profitto ignorando interessi e diritti dei comuni cittadini).
Spiagge trasformate in stabilimenti privati a caro prezzo, edifici e spazi pubblici “riqualificati” e chiusi alla fruizione di massa, servizi convertiti in macchine per estorcere denaro a utenti già massacrati dalla crisi e, perché no, rimessa in discussione (sta già succedendo con l’appoggio dei maggiori media nazionali) degli esiti del referendum contro la privatizzazione dell’acqua.
Tanto, come dimostra il caso greco, la casta neoliberista attribuisce al voto popolare lo stesso valore della carta igienica con cui si pulisce il lato B. Il tutto nell’assordante silenzio delle forze politiche che hanno ancora la faccia tosta di definirsi “di sinistra”. Fino a quando permetteremo loro di abusare della nostra pazienza?

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