venerdì 8 giugno 2012

Bersani ringrazia Monti e Napolitano, annuncia sua candidatura a primarie aperte e patto con moderati



Una direzione importante quella che sta svolgendo il Pd in queste ore. Si discute e si decide su governo Monti, primarie, alleanze, legge elettorale. 

Bersani nella sua relazione introduttiva chiarisce il percorso che il Partito Democratico intende avviare.  
Sulle elezioni il segretario lancia ai partiti di centrosinistra la proposta di un accordo di governabilità e ai moderati un patto di legislatura. «La proposta politica l'abbiamo da tempo e la teniamo ferma», ha detto Bersani alla direzione, «un centrosinistra di governo aperto a un patto di legislatura con forze democratiche e civiche moderate. Un patto di legislatura tra progressisti e moderati davanti alle esigenze di ricostruzione del Paese».
ATTACCO A DI PIETRO E RINGRAZIAMENTI A MONTI E NAPOLITANO
Bersani non vuole disturbatori per il suo «centrosinistra di governo» e attacca Antonio Di Pietro, che deve «decidere» cosa vuole fare. «Centrosinistra di governo - ha spiegato - signifca un accordo di governabilità e una parziale cessione di sovranità. In caso di controversie fondamentali si procede a maggioranza nella riunione congiunta dei gruppi. C'è un corollario che noi rivolgiamo all'Idv e al collega Di Pietro - ha precisato - Una ovvia condizione di base è il rispetto reciproco e il saldo ancoraggio istituzionale. Decida se vuole mancare di rispetto alle istituzioni della Repubblica o fare l'accordo. Quelle cose assieme non possono stare. O l'una o l'altra». A questa accusa al leader dell'Idv si affiancono i ringraziamenti a Monti e Napolitano: «piena consapevolezza della responsabilità e del carico enorme che il presidente Monti si è preso per l'Italia e che sentiamo di dover sostenere. E ringraziamo ancora anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano".
PRIMARIE SI', MA A MODO NOSTRO
«Entro l'anno primarie aperte per la scelta del candidato dei progressisti e dei democratici italiani alla guida del paese. Io mi candiderò, ma mi candiderò dentro a quel percorso e in una giornata di grande partecipazione costruita non per allestire generiche carovane o determinare questa o quella rendita di posizione, ma per ricavare governabilità dalla partecipazione, per riconnettere politica e società, per mettere in movimento la forza dei progressisti e non lasciarla spettatrice di acrobazie altrui, spesso senza capo nè coda; perchè alla fine la democrazia è guardare la gente negli occhi e farla scegliere liberamente. Si dimostrerà che questo lo facciamo solo noi. O vogliamo forse disperdere un punto di forza, un punto distintivo così grande e così vero?».
IN TRE SETTIMANE NUOVA LEGGE ELETTORALE CON ALFANO
«Tre settimane e si decide se c'è l'accordo o no e lo si decide all'aperto». Così il segretario Pd, Pierluigi Bersani, si rivolge ad Angelino Alfano e rilancia sulla possibilità di un accordo sulle riforme, a partire da quella della legge elettorale. «Considero che i tempi sono ormai molto molto stretti. Alfano ha detto: tre settimane. Gli rispondo: bene, tre settimane e si decide se c'è l'accordo o no». Per Bersani servono «paletti concettuali chiari» e «basta liste bloccate: per noi la strada maestra sono i collegi» e «massima attenzione alla governabilità e quindi alla possibilità dei cittadini di pronunciarsi utilmente sull'indirizzo di governo».
INVITO ALLA GERMANIA A MUOVERSI, MA INTANTO IL FISCAL COMPACT IL PD LO VOTA
«Non c'è più tempo, bisogna che la Germania si muova e ci siano alcune decisioni. Al Consiglio Europeo di giugno si deve arrivare a qualche decisione». È la richiesta del segretario Pd Pier Luigi Bersani, nel suo intervento alla Direzione del partito. «L'uscita della Grecia dall'euro - sostiene Bersani - non è pensabile, è un pensiero da apprendisti stregoni». Un invito a muoversi per passare dall'austerity alla crescita, ma che suona come una contraddizione se si pensa che il Pd sta sostenendo il Fiscal Compact voluto dalla stessa Germania e che ci obbligherà a fare manovre correttive di 40 miliardi l'anno.
LE REAZIONI DI FDS, SEL E IDV
Massimo Rossi, portavoce nazionale della Federazione della Sinistra: "Bersani ringrazia Monti e apre ai fantomatici 'moderati'. Unitamente alle critiche rivolte a chi come Di Pietro osa criticare alcune scelte parlamentari del Pd, queste parole sono un brutto segnale. Per questo, come Federazione della Sinistra, torniamo a rivolgerci in particolare a SEL e all'IDV per iniziare a ragionare, aprendoci ai soggetti della società civile e ai movimenti, su strategie unitarie in vista delle prossime elezioni, al fine di costruire un programma di alternativa al liberismo della troika Bce-Ue-Fmi, in Italia rappresentata dal sempre più fallimentare governo Monti".
Niki Vendola, leader di Sel: "Le parole di oggi di Bersani danno fiato e ossigeno, sono molto importanti: c'è il riconoscimento che non bastano i leader dei partiti e i partiti, ma che occorre un coinvolgimento di movimenti, organizzazioni, donne. C'è una forte esigenza di cambiamento e c'è bisogno di un allargamento. Soprattutto per i giovani, per evitare la condanna all'ergastolo della precarieta". 
Antonio Di Pietro, leader Idv: "Noi a scatola chiusa non ci accordiamo con nessuno, c'è bisogno di una politica trasparente che ridia fiducia".

Alla vigilia del «Bersani day» Idv e Sel minacciano la rottura
 
Vendola: «Dopo il voto sull’Agcom incolmabile la distanza col Pd». Di Pietro: «Bersani si allei con Alfano»
Alla vigilia della direzione del Pd di oggi, Antonio Di Pietro e Nichi Vendola non nascondono che nel centrosinistra fotografato a Vasto (e vincente in quasi tutta Italia) la situazione è critica, forse irrecuperabile.
La centralità concessa all’Udc da Bersani e ancora peggio la possibilità di cambiare la legge elettorale contro i partiti «medi» offerta da Alfano, rendono l’alleanza con Idv e Sel impraticabile nei fatti. Tanto più dopo il sostegno a Monti e l’ultima infornata di nomine indecenti alle Authority.
Antonio Di Pietro è sarcastico: «Prima di partecipare a qualsiasi primaria l’Idv vuole sapere che programma porta avanti il Pd, visto che negli ultimi tempi sta portando avanti proprio il programma del Pdl, e allora Bersani l’alleanza se la faccia con Alfano». Dopo l’incontro con De Magistris (vedi a lato) anche Vendola esce allo scoperto avvertendo che il voto sull’Agcom «rende incolmabile la distanza dal Pd». «Mi preoccupa – aggiunge il leader di Sel – la distanza sempre più larga tra i cittadini e la politica. Se si evocano professionalità e merito si attiva una speranza, ma se poi si procede a un’operazione di basso cabotaggio e politicamente offensiva si dà un aiuto all’antipolitica». Per il leader di Sel e presidente della Regione Puglia «ci troviamo in un punto di congiunzione tra crisi sociale e crisi democratica, una situazione che si è verificata già in Europa tra gli anni ’20 e ’30 del ’900. Il centrosinistra capisca che di fronte alla grande crisi non c’è spazio per il piccolo cabotaggio».
I toni dei due alleabili di Vasto sono molto diversi ma il problema è lo stesso. Dal Pd hanno fatto capire in ogni modo che il «problema» (se così si vuole chiamare) non è Vendola ma l’Idv. Più esplicitamente , il partito del presidente pugliese è sì arruolabile nell’«alleanza tra riformisti e moderati» (alias Pd e Udc) ma solo a patto che sia una ruota di scorta a sinistra, senza alcuna possibilità di influire su eventuali programmi e ruoli di governo. Logico che non accadrà. Più difficile però far accadere altro senza imporre a ciascuno clamorose retromarce.
La strada che si sta esplorando è un «quarto» polo non tanto «quarto» tra Idv, Sel, (forse) Federazione della sinistra, liste civiche e movimenti, che relegherebbe il Pd al suo solitario matrimonio con l’Udc, un mini-compromesso storico ad alto rischio per entrambi gli sposi. Difficile farlo ma non impossibile.
Tutto o quasi dipende da quello che dirà Bersani oggi in una direzione del Pd molto tesa. Al di là di tutte le contorsioni delle varie correnti democratiche, quello che interessa a Sel e Idv è una cosa sola: se Bersani lancerà primarie di coalizione o insisterà su primarie «aperte» ma di partito. Dai contatti e dalle indiscrezioni della vigilia, gli uomini vicini al governatore ritengono che il segretario democratico prenderà la strada delle primarie di coalizione come fu per Prodi. Nel secondo caso, del resto, la rottura sarebbe davvero insanabile (da qui i segnali di guerra di cui sopra).
Ma anche se i gazebo autunnali fossero aperti a tutti i partiti, i problemi sarebbero risolti a metà.
Vendola infatti ha già detto che si candiderà. Ma che farà Di Pietro? Il leader Idv è super tentato dal candidarsi anche lui (l’ha già detto ai fedelissimi) indebolendo dunque le chance di Vendola. Vendola, dal canto suo, per avere una minima possibilità di contare, deve poter raccogliere un consenso più ampio del suo partito, che va da una parte del popolo del Pd (e delle sue correnti) fino alle liste civiche e alla sinistra comunista. Per questo, il sì dell’Idv è necessario e preliminare anche se non sufficiente. Di Pietro è assediato da tutti i lati, non solo dalle liste 5 stelle di Grillo ma anche dal timore di essere scaricato dal Pd. E anche di Sel l’ex pm dal fiuto contadino si fida e non si fida, visti i precedenti di Napoli e Palermo, dove il partito di Vendola ha preferito (perdendo) l’alleanza col Pd a quella con la sinistra.
Ultima variabile ma prima per ordine di importanza è l’eventuale riforma elettorale. Se il Pd la cambierà insieme al Pdl, la rottura con Idv e Sel sarà insanabile con conseguenze imprevedibili sulle miriadi di città ed enti locali targati centrosinistra.
Tutti i nodi, prima o poi vengono al pettine. E scioglierli – dalle alleanze al nuovo «porcellum» – spetta innanzitutto a Bersani, segretario di un partito rissosissimo e ingestibile (per chiunque) che al momento riesce a tenere i piedi in tante scarpe. È legittimo se si vuole star fermi, ma sono troppe per poter camminare.

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