«Un ritardo inconcepibile». Sergio Cofferati definisce così l’inspiegabile silenzio mediatico e politico del Partito Democratico e della Cgil sulla legge approvata in via definitiva al Senato che esautora l’art 18 dello Statuto dei lavoratori e inaugura un’era di accordi privati tra lavoratori e aziende, che in molti casi impedirà il ricorso al giudice nelle controversie sul posto di lavoro.
Una novità talmente dirompente, eppure gli italiani sembrano ignari. Perché?
La popolazione non percepisce il pericolo di questa legge perché non è stata informata. Sono rimasto francamente sorpreso dal fatto che Pd e Cgil abbiano aspettato che si consumasse il fatto senza almeno promuovere una campagna informativa. Potevano farlo benissimo nel tempo del passaggio del disegno di legge dalla Camera al Senato. Ma hanno deciso di denunciare il problema soltanto nelle conferenze stampa.
Inerzia politica?
Dovrebbe chiederlo a loro. Ricordo che nel 2002, quando il parlamento a maggioranza di centrodestra varò la legge delega per abolire l’art. 18, costruimmo una campagna di mobilitazione che, alla fine, ha costretto il governo Berlusconi a fare marcia indietro. Da che mondo è mondo si fa così, senza attendere il Parlamento, perché è chiaro che l’attuale maggioranza ha i numeri per approvare qualsiasi legge e dunque è necessario trovare sistemi diversi per capovolgere l’esito. Non dimentichiamo che nel ’94 la Lega, allora al governo come oggi, sostenne il decreto sulle pensioni in Parlamento ma poi dovette affrontare il malcontento degli operai leghisti del Nord. Bisogna aprire contraddizioni nella maggioranza, e bisogna nello stesso momento trovare strumenti di lotta.
Favorevole al referendum?
Il referendum è uno strumento che negli ultimi tempi ha perso la sua efficacia, invece credo che dovremmo mobilitarci per una legge di iniziativa popolare che non dà esiti certi ma ha il vantaggio di informare, mentre si raccolgono le firme, gli italiani su quello che potrebbero patire sul posto di lavoro.
Alcuni giuslavoristi dicono che la nuova legge presenta profili di incostituzionalità e dunque bisognerebbe anche ricorrere alla Corte costituzionale.
Anch’io penso che questa sia una via giusta. Ma è una via lunga, intanto possiamo promuovere anche una legge di iniziativa popolare. Una volta che le persone verranno a conoscenza dei contenuti della normativa, voglio vedere se l’area sociale di An o gli operai leghisti non se la prenderanno con i loro politici di riferimento. Perché questa legge danneggia tutti i lavoratori, a prescindere dal colore politico.
Cosa devono fare il Pd e la Cgil?
Il Pd ha presente il problema e dovrebbe sfruttare la campagna elettorale per informare la gente, magari dedicando una giornata a questo tema. La Cgil è arrivata in ritardo, ma ha l’occasione dello sciopero generale del 12 marzo per inserire nella sua piattaforma rivendicativa anche la nuova legge.
Cisl e Uil non sembrano così allarmate, invece.
Entrambe sostengono una tesi infondata e cioè che questa materia,ovvero l’introduzione di una contrattazione privata tra lavoratore e azienda, verrà regolata dal contratto nazionale. Ma non è dato in natura che il padrone di un’azienda, forte di questa legge che lo avvantaggia ed esclude i giudici dalle controversie, decida di ricorrere al contratto nazionale. E’ naturale che sceglierà quello che gli conviene maggiormente. Perché la legge non solo aggira l’art 18, ma introduce un elemento se vogliamo ancora più pericoloso: vanifica l’operato dei sindacati.
In che modo?
Il lavoratore, parte debole e ricattabile, accetterà di firmare un contratto di lavoro che esclude di ricorrere alla magistratura e dunque alla legge e al contratto nazionale, mentre sarà un arbitrato a decidere sulle controversie. In questo contesto il contratto nazionale non avrà più la forza che aveva prima, dato che i datori di lavoro per forza di cose vorranno derogare a quelle norme. Quindi si modificherà irreversibilmente l’operato dei sindacati che perderanno il loro potere di contrattazione e la loro efficacia.
Se dovessimo spiegare quali rischi corre un lavoratore, cosa potremmo dire?
Da questo momento in poi si passerà dall’applicazione di norme collettive a soluzioni individuali, contratti su misura che polverizzeranno i rapporti tra aziende e lavoratori. Se le imprese troveranno spazio per tanti accordi individuali, il peso del sindacato diminuirà e con esso il potere della contrattazione collettiva. Il centrodestra dice che il lavoratore è libero di scegliere, quando firma un contratto, la contrattazione collettiva o quella individuale. Questo discorso non sta né in cielo né in terra perché i due soggetti, lavoratore e azienda, non hanno pari forza e soprattutto pari consapevolezza. E’ facile che un lavoratore al primo impiego non conosca i propri diritti, e per forza accetterà le condizioni imposte dall’impresa. La quale, a sua volta, deciderà quale tipo di contratto, come, quanto, e perché. Senza contraddittorio.
La popolazione non percepisce il pericolo di questa legge perché non è stata informata. Sono rimasto francamente sorpreso dal fatto che Pd e Cgil abbiano aspettato che si consumasse il fatto senza almeno promuovere una campagna informativa. Potevano farlo benissimo nel tempo del passaggio del disegno di legge dalla Camera al Senato. Ma hanno deciso di denunciare il problema soltanto nelle conferenze stampa.
Inerzia politica?
Dovrebbe chiederlo a loro. Ricordo che nel 2002, quando il parlamento a maggioranza di centrodestra varò la legge delega per abolire l’art. 18, costruimmo una campagna di mobilitazione che, alla fine, ha costretto il governo Berlusconi a fare marcia indietro. Da che mondo è mondo si fa così, senza attendere il Parlamento, perché è chiaro che l’attuale maggioranza ha i numeri per approvare qualsiasi legge e dunque è necessario trovare sistemi diversi per capovolgere l’esito. Non dimentichiamo che nel ’94 la Lega, allora al governo come oggi, sostenne il decreto sulle pensioni in Parlamento ma poi dovette affrontare il malcontento degli operai leghisti del Nord. Bisogna aprire contraddizioni nella maggioranza, e bisogna nello stesso momento trovare strumenti di lotta.
Favorevole al referendum?
Il referendum è uno strumento che negli ultimi tempi ha perso la sua efficacia, invece credo che dovremmo mobilitarci per una legge di iniziativa popolare che non dà esiti certi ma ha il vantaggio di informare, mentre si raccolgono le firme, gli italiani su quello che potrebbero patire sul posto di lavoro.
Alcuni giuslavoristi dicono che la nuova legge presenta profili di incostituzionalità e dunque bisognerebbe anche ricorrere alla Corte costituzionale.
Anch’io penso che questa sia una via giusta. Ma è una via lunga, intanto possiamo promuovere anche una legge di iniziativa popolare. Una volta che le persone verranno a conoscenza dei contenuti della normativa, voglio vedere se l’area sociale di An o gli operai leghisti non se la prenderanno con i loro politici di riferimento. Perché questa legge danneggia tutti i lavoratori, a prescindere dal colore politico.
Cosa devono fare il Pd e la Cgil?
Il Pd ha presente il problema e dovrebbe sfruttare la campagna elettorale per informare la gente, magari dedicando una giornata a questo tema. La Cgil è arrivata in ritardo, ma ha l’occasione dello sciopero generale del 12 marzo per inserire nella sua piattaforma rivendicativa anche la nuova legge.
Cisl e Uil non sembrano così allarmate, invece.
Entrambe sostengono una tesi infondata e cioè che questa materia,ovvero l’introduzione di una contrattazione privata tra lavoratore e azienda, verrà regolata dal contratto nazionale. Ma non è dato in natura che il padrone di un’azienda, forte di questa legge che lo avvantaggia ed esclude i giudici dalle controversie, decida di ricorrere al contratto nazionale. E’ naturale che sceglierà quello che gli conviene maggiormente. Perché la legge non solo aggira l’art 18, ma introduce un elemento se vogliamo ancora più pericoloso: vanifica l’operato dei sindacati.
In che modo?
Il lavoratore, parte debole e ricattabile, accetterà di firmare un contratto di lavoro che esclude di ricorrere alla magistratura e dunque alla legge e al contratto nazionale, mentre sarà un arbitrato a decidere sulle controversie. In questo contesto il contratto nazionale non avrà più la forza che aveva prima, dato che i datori di lavoro per forza di cose vorranno derogare a quelle norme. Quindi si modificherà irreversibilmente l’operato dei sindacati che perderanno il loro potere di contrattazione e la loro efficacia.
Se dovessimo spiegare quali rischi corre un lavoratore, cosa potremmo dire?
Da questo momento in poi si passerà dall’applicazione di norme collettive a soluzioni individuali, contratti su misura che polverizzeranno i rapporti tra aziende e lavoratori. Se le imprese troveranno spazio per tanti accordi individuali, il peso del sindacato diminuirà e con esso il potere della contrattazione collettiva. Il centrodestra dice che il lavoratore è libero di scegliere, quando firma un contratto, la contrattazione collettiva o quella individuale. Questo discorso non sta né in cielo né in terra perché i due soggetti, lavoratore e azienda, non hanno pari forza e soprattutto pari consapevolezza. E’ facile che un lavoratore al primo impiego non conosca i propri diritti, e per forza accetterà le condizioni imposte dall’impresa. La quale, a sua volta, deciderà quale tipo di contratto, come, quanto, e perché. Senza contraddittorio.
Laura Eduati, www.liberazione.it
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