La sensazione sconfortante è che il decreto sulle liste elettorali alla fine rischi di non servire a nulla. Finora non ha salvato quella del Pdl in provincia di Roma; e le altre due, di Roberto Formigoni in Lombardia e di Renata Polverini nel Lazio, sono state riammesse comunque dalla magistratura dopo i ricorsi. Insomma, la forzatura voluta dal centrodestra si è scontrata con il primato della legge regionale. La decisione presa ieri dal Tribunale amministrativo del Lazio complica la strategia di palazzo Chigi. Non è da escludersi per oggi un colpo di scena all’Ufficio elettorale di Roma, in attesa del Consiglio di Stato. Ma rimane la somma di pasticci giuridici e politici che la maggioranza è riuscita ad accumulare nella sua fretta di rimediare agli errori. L'obiettivo di far votare tutti era e rimane giusto. Il modo in cui Silvio Berlusconi e la sua coalizione hanno cercato di perseguirlo si è rivelato subito così segnato dall'affanno da diventare scomposto. Il provvedimento è stato chiesto e ottenuto dal Quirinale dopo un duro braccio di ferro, scartando soluzioni condivise arrivate anche su queste colonne. Il risultato accresce confusione e tensioni; e rispedisce intatta la questione ai mittenti. Le conseguenze più gravi, però, probabilmente sono altre. Intanto, il centrodestra non è riuscito ancora a garantire che ognuno possa esercitare il proprio diritto di voto: sebbene si tratti in primo luogo di sostenitori del Pdl. In più, questa vicenda a metà strada fra disprezzo delle regole e farsa ha l'effetto di dilatare l'immagine di una nomenklatura a dir poco pasticciona: incapace di dare soluzioni accettabili anche a problemi che dovrebbero essere i «fondamentali » delle sue competenze. Ormai non si tratta più soltanto delle liste respinte per irregolarità e ritardi. C'è anche il decreto legge fortemente voluto da Berlusconi e controfirmato dopo molte resistenze e limature dal presidente della Repubblica. Quando esponenti del governo rivelano con un candore sconcertante che non si aspettavano la decisione presa dal Tar, aggiungono perplessità a perplessità sulla strategia adottata dalla maggioranza. E questo mentre cominciano a circolare voci su un possibile rinvio delle elezioni regionali nel Lazio: indizi di una situazione che si cerca di riportare sotto controllo. Ma a dover preoccupare non è tanto l'eccesso di potere sfoggiato dal governo: il «golpe» inesistente evocato da un'opposizione rapida solo a imboccare la scorciatoia della «piazza» rivela in realtà un'imprevista fragilità del centrodestra. A colpire, semmai, è il vuoto che accomuna gli schieramenti; e la difficoltà a ritrovare un baricentro che rassicuri l'opinione pubblica. Il disorientamento nasce dalla sproporzione fra il problema tutto sommato minore delle liste e l'enormità del caos che ne è scaturito. Nessun nemico della Seconda Repubblica sarebbe riuscito ad inventare un piano per delegittimarla più perfetto di questa manifestazione involontaria di dilettantismo.
Massimo Franco, su Il Corriere della Sera
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