Il governo vuole cancellare l’art.18 e dare alle imprese la libertà di licenziamento. Il Prc pronto alla lotta
di Stefano Vinti, segretario regionale Prc-Umbria
Il Senato ha approvato il collegato alla Finanziaria che contiene norme in materia di lavoro e ha dato il via libera all’arbitrato, anche secondo equità, nelle controversie di lavoro. Si tratta di un colpo durissimo al mondo del lavoro, che porta a termine l’offensiva berlusconiana contro l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori iniziata quasi dieci anni or sono e fermamente combattuta da Rifondazione, dalla sinistra, dalla Cgil e dal sindacalismo di base.
Rendere effettiva la libertà di licenziamento (anche senza giusta causa) e rendere inefficace la contrattazione collettiva nazionale è il più bel regalo che il governo delle destre potesse fare a Confindustria e al mondo delle imprese, che coerentemente con il loro punto di vista – la ricerca massima del profitto – cercano di scaricare i costi della crisi economica e finanziaria del sistema neoliberista sui soliti noti: i lavoratori dipendenti e i precari.
Già la Legge Biagi varata dal governo Berlusconi nel 2003 aveva introdotto la possibilità di derogare al contratto collettivo di lavoro al momento dell’attivazione del rapporto di lavoro, con la semplice certificazione delle due parti interessate, consentendo così ai datori di lavoro di mettere in atto delle forme cogenti di ricatto verso i tanti soggetti deboli disposti, pur di lavorare e portare a casa uno stipendio, ad accettare condizioni peggiorative rispetto alla legislazione vigente sul lavoro. Adesso con il pacchetto approvato l’arbitrato consentirà al giudice, in caso di vertenza giudiziaria, di dirimere le controversie proprio in base a quanto pattuito tra le parti interessate, aggirando la contrattazione collettiva nazionale in vigore, rimettendo in campo forme di contrattazione individuale che cancellano i diritti conquistati con decenni di lotta sindacale e dei lavoratori.
Non sono pochi gli esperti di diritto che hanno subito parlato di un disegno eversivo del governo rispetto all’ordinamento della giurisprudenza in materia di diritto del lavoro e che ravvisano nel provvedimento elementi di incostituzionalità, visto che la nostra Carta impedisce che ci siano contratti che sfuggono alla possibilità di un controllo giurisdizionale.
Rifondazione comunista ha sempre contrastato la legge 30, e in Umbria abbiamo messo in atto politiche del lavoro che puntavano a boicottarne l’applicazione, perché faceva riemergere forme di lavoro servile, e adesso siamo alla ciliegina sulla torta: la totale sottomissione al ricatto “o mangi questa minestra…”, cioè se vuoi lavorare lo fai alle condizioni che ti dico io datore di lavoro (e già sappiamo quante volte succede che insieme all’assunzione ti fanno firmare la lettera di licenziamento). Una sottomissione resa possibile grazie al fatto che con la “certificazione” e “l’arbitrato” si impedisce concretamente al lavoratore di arrivare a chiedere giustizia davanti al tribunale del lavoro.
Rifondazione comunista contrasterà strenuamente anche questa nuova normativa, così come ha fatto per la legge Biagi e il precedente attacco all’art.18: stavamo per iniziare a raccogliere le firme per abolire la legge 30, siamo pronti a presentare anche un quesito referendario contro queste nuove norme feudali.
di Stefano Vinti, segretario regionale Prc-Umbria
Il Senato ha approvato il collegato alla Finanziaria che contiene norme in materia di lavoro e ha dato il via libera all’arbitrato, anche secondo equità, nelle controversie di lavoro. Si tratta di un colpo durissimo al mondo del lavoro, che porta a termine l’offensiva berlusconiana contro l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori iniziata quasi dieci anni or sono e fermamente combattuta da Rifondazione, dalla sinistra, dalla Cgil e dal sindacalismo di base.
Rendere effettiva la libertà di licenziamento (anche senza giusta causa) e rendere inefficace la contrattazione collettiva nazionale è il più bel regalo che il governo delle destre potesse fare a Confindustria e al mondo delle imprese, che coerentemente con il loro punto di vista – la ricerca massima del profitto – cercano di scaricare i costi della crisi economica e finanziaria del sistema neoliberista sui soliti noti: i lavoratori dipendenti e i precari.
Già la Legge Biagi varata dal governo Berlusconi nel 2003 aveva introdotto la possibilità di derogare al contratto collettivo di lavoro al momento dell’attivazione del rapporto di lavoro, con la semplice certificazione delle due parti interessate, consentendo così ai datori di lavoro di mettere in atto delle forme cogenti di ricatto verso i tanti soggetti deboli disposti, pur di lavorare e portare a casa uno stipendio, ad accettare condizioni peggiorative rispetto alla legislazione vigente sul lavoro. Adesso con il pacchetto approvato l’arbitrato consentirà al giudice, in caso di vertenza giudiziaria, di dirimere le controversie proprio in base a quanto pattuito tra le parti interessate, aggirando la contrattazione collettiva nazionale in vigore, rimettendo in campo forme di contrattazione individuale che cancellano i diritti conquistati con decenni di lotta sindacale e dei lavoratori.
Non sono pochi gli esperti di diritto che hanno subito parlato di un disegno eversivo del governo rispetto all’ordinamento della giurisprudenza in materia di diritto del lavoro e che ravvisano nel provvedimento elementi di incostituzionalità, visto che la nostra Carta impedisce che ci siano contratti che sfuggono alla possibilità di un controllo giurisdizionale.
Rifondazione comunista ha sempre contrastato la legge 30, e in Umbria abbiamo messo in atto politiche del lavoro che puntavano a boicottarne l’applicazione, perché faceva riemergere forme di lavoro servile, e adesso siamo alla ciliegina sulla torta: la totale sottomissione al ricatto “o mangi questa minestra…”, cioè se vuoi lavorare lo fai alle condizioni che ti dico io datore di lavoro (e già sappiamo quante volte succede che insieme all’assunzione ti fanno firmare la lettera di licenziamento). Una sottomissione resa possibile grazie al fatto che con la “certificazione” e “l’arbitrato” si impedisce concretamente al lavoratore di arrivare a chiedere giustizia davanti al tribunale del lavoro.
Rifondazione comunista contrasterà strenuamente anche questa nuova normativa, così come ha fatto per la legge Biagi e il precedente attacco all’art.18: stavamo per iniziare a raccogliere le firme per abolire la legge 30, siamo pronti a presentare anche un quesito referendario contro queste nuove norme feudali.
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