DALLA PADELLA ALLA BRACE
Fatto fuori Berlusconi cosa ci attende? Molti
se lo stanno domandando e forse nessuno, neanche i probabili protagonisti del
'post', sanno rispondere. Ma una cosa è certa. Se la tendenza che va per la
maggiore (basta leggere repubblica, corriere, sole24ore...) è quella di
sostenere le politiche economiche europee, compresa l'ultima scandalosa
proposta di ricapitalizzare le banche private con soldi pubblici, stiamo messi
proprio male.
Se poi in Italia anche a sinistra si da'
risalto e consenso alle proposte della Marcegaglia allora stiamo messi anche peggio.
Oggi la Emma 'rivoluzionaria' ha
nuovamente sferrato un duro attacco al governo Berlusconi lanciando un aut aut:
O si fa qualcosa di serio o scinderemo le nostre responsabilità dalle loro. La
parola 'responsabilità' forse è la più usata e abusata negli ultimi mesi per
sostenere politiche a volte anche peggiori della malattia che si intendeva
curare (vedi voto sulle manovre). Ma la
Emma non si è fermata qua e da buona leader dell'opposizione
ha lanciato il suo 'manifesto per l'Italia', un documento con le ricette giuste
(a suo dire) per uscire dalla crisi e rilanciare la crescita. Ricette tipo
ulteriore innalzamento dell'età pensionabile, (s)vendita dei beni pubblici,
privatizzazioni, liberalizzazioni e chi più ne ha più ne metta.
Vediamo più in dettaglio cosa propone il padronato italiano.
Al primo punto c'è la semprepresente «Riforma delle pensioni che
«non deve penalizzare i giovani». Si potrebbe già ironizzare sul
grassetto riservato alla prima parte della frase e il corpo normale
della seconda parte. Ma sarebbe far torto alla «sincerità involontaria»
del giornalista. La sua presidentessa è infatti una bugiarda patentata
che giustifica in questo modo il punto: «Non è possibile - ha ribadito -
che un Paese con i problemi che abbiamo noi, mandi le persone in
pensione a 58 anni, con assegni molto alti, mentre domani i giovani ci
andranno a 70 anni se non di più, con assegni pari alla metà di adesso.
Non è possibile».
La
signora glissa tranquillamente sulla modificazione della struttura del
mercato del lavoro che proprio la sua associazione di imprese ha preteso
dai governi di destra e di centrosinistra. «»Riforme» benedette a suo
tempo e che hanno creato un fascia di precariato immensa e crescente,
fatta di lavoratori intermittenti che in pensione non ci andranno mai,
per la buona ragione che non avranno – se saranno rimasti vivi, dopo
una cinquantina d'anni di precarietà - un assegno mensile in grado di
sfamarli. Ma la menzogna criminale sta in quel confronto tra il «58enne»
che va in pensione oggi e il 70enne di domani: omette di dire, miss «so
tutto io», che il primo ha lavorato per 40 anni filati, mentre il
secondo probabilmente non ha speranze di riuscirci. Ma il tono
scandalizzato serve a nascondere la verità: hanno imparato tutti da
Berlusconi, questi padroncini senza onore e senza struttura industriale.
Al
secondo c'è il classicissimo «Vendere patrimonio pubblico per ridurre
la spesa pubblica». Ovvio: quelli che hanno un po' di liquidi da parte –
e i padroncini italiani devono averne, visto che non fanno investimenti
dalla guerre puniche – vedono una buona occasione di fare affari
«immobiliari». Ovvero quella forma di «imprenditoria» che non genera
ricchezza, ma «congela» (immobilizza poteva sembrarvi ripetitivo) quella
esistente. Dovrebbe esser noto che il «patrimonio», una volta venduto,
non si rigenera. E che, perciò, lo Stato come lo si conosce dovrebbe a
quel punto esser letteralmente demolito. Salvando magari qualche soldo
per la polizia, chiamata a far la scorta – a spese nostre – alla signora
Marcegaglia e ai suo colleghi.
«Abbassare il debito e ridurre l'ingerenza del pubblico nell'economia» è il terzo comandamento di queste nuove tavole della legge. In realtà è un'articolazione del quarto punto («Piano di privatizzazioni e di liberalizzazioni serio»),
perché l'unico ingerenza pubblica nell'economia sono le quote di
riferimento in Eni, Enel, Finmeccanica, Ferrovie dello stato e poco
altro, oltre a un numero alto di aziende di servizi municipali posseduti
da Regioni e Comuni. Non faremo osservare alla signora «dateci le
imprese buone, questa è una rapina!», che c'è stato un referendum che ha
chiarito come sui «beni comuni» (acqua, trasporti pubblici, ma anche
forniture elettriche) la stragrande maggioranza degli italiani dotati di
cervello abbia detto con voce tonante «NO». Lei non era d'accordo, e
quindi quel referendum non esiste. Segnatevi la cosa, perché se
bisognerà di discutere di «democrazia», questa è la borgesia
imprenditoriale che ci ritroviamo. L'idea, insomma, è di fare come
Colaninno con Telecom: comprare, magari a debito, e rivendere a prezzo
più alto (c'è la libera impresa, no?). Tanto una multinazionale
straniera, capace di fare industria per davvero – e altrettanto in
panico per l'andamento dei mercati finanziari – si può sempre trovare.
L'ultimo sono ovviamente le Infrastrutture.
Bisogna capirla, poverina... Lei in fondo ha fatto un sacco di soldi
lavorando a spese dello stato, fornendo tubi per tutti i gusti e tutte
le esigenze. E poi i «costruttori» di grandi opere (Impregilo, Astaldi,
ecc) sono pur sempre una quota rilevante nel board confindustriale. Mica
si possono dimenticare facilmente...
Ecco.
Questo è quel che vuol fare la «borghesia imprenditoriale» di questo
paese. Nulla di più, ma se è necessario anche qualcosa di meno
ambizioso. Naturalmente, «per salvare l'Italia», mica per interesse!
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