La crisi del sistema politico-istituzionale è giunta al suo apice. Morto
il vecchio sistema dei poteri, non sembra si sia già conformato il
nuovo assetto. In questa situazione di transizione si pone la proposta
di referendum sul sistema elettorale. Una proposta ben più rilevante di
quanto non possa apparire, poiché non propone solo la cancellazione
della legge attualmente vigente (l'ignobile porcellum), ma prefigura
anche il "nuovo" assetto che la rappresentanza politica dovrebbe
assumere dopo la caduta di Berlusconi e del suo regime.
In realtà il
sistema che i referendari (ri)propongono sembra ispirarsi al
nietzschiano «eterno ritorno del sempre eguale». Infatti, la proposta
«innovativa» sarebbe quella di tornare alle origini per ripercorrere la
strada che ci ha portato sin qui, facendo rivivere quella legge che ha
reso sempre più asfittico il sistema politico italiano (il contestato
mattarellum). La domanda decisiva sulla quale interrogarsi per valutare
questa iniziativa allora diventa: il successo del referendum sarebbe un
vero progresso rispetto all'oggi ovvero rappresenterebbe solo un'opera
di conservazione degli equilibri esistenti in un ritrovato contesto
istituzionale?
Secondo il mio punto di vista i referendari hanno una sola freccia nel loro arco, una sola ragione da poter validamente spendere: nulla può essere peggio dell'attuale legge elettorale. Per questo la sua cancellazione e la sostituzione con un diverso sistema elettorale dovrebbe rappresentare un imperativo categorico per tutti i democratici. Ma è anche certo che l'operazione politica che si vuole portare avanti mediante lo strumento del referendum ha un segno inequivocabilmente conservatore. A garanzia degli assetti sociali e politici esistenti.
Per chi ritiene che la fine annunciata del berlusconismo debba essere segnata da una soluzione di continuità con il passato rimarrà attonito nello scoprire che larga parte dell'attuale opposizione non ha nessuna voglia di cambiare passo, ma anzi si sta attrezzando per assicurarsi che nulla cambi quando tutto sarà cambiato.
Non è però detto che le forze della conservazione postberlusconiana debbano prevalere. Sia perché può sperarsi che l'indignazione della società civile alla fine riesca ad imporre una diversa tabella di marcia e a sostenere iniziative meno paludate e realmente innovative (com'era quella, ormai naufragata, del referendum Passigli), sia per quello che i referendari non dicono.
Secondo il mio punto di vista i referendari hanno una sola freccia nel loro arco, una sola ragione da poter validamente spendere: nulla può essere peggio dell'attuale legge elettorale. Per questo la sua cancellazione e la sostituzione con un diverso sistema elettorale dovrebbe rappresentare un imperativo categorico per tutti i democratici. Ma è anche certo che l'operazione politica che si vuole portare avanti mediante lo strumento del referendum ha un segno inequivocabilmente conservatore. A garanzia degli assetti sociali e politici esistenti.
Per chi ritiene che la fine annunciata del berlusconismo debba essere segnata da una soluzione di continuità con il passato rimarrà attonito nello scoprire che larga parte dell'attuale opposizione non ha nessuna voglia di cambiare passo, ma anzi si sta attrezzando per assicurarsi che nulla cambi quando tutto sarà cambiato.
Non è però detto che le forze della conservazione postberlusconiana debbano prevalere. Sia perché può sperarsi che l'indignazione della società civile alla fine riesca ad imporre una diversa tabella di marcia e a sostenere iniziative meno paludate e realmente innovative (com'era quella, ormai naufragata, del referendum Passigli), sia per quello che i referendari non dicono.
L'operazione che si sta compiendo, le firme che
si stanno chiedendo ai cittadini per far svolgere il referendum sul
sistema elettorale, per quanto moderata e conservatrice sul piano
politico, appare assolutamente spericolata su quello giuridico e
costituzionale. Si vuol resuscitare una normativa espressamente
soppressa dal Parlamento italiano (la disciplina vigente dal 1993 al
2005), sebbene la Corte costituzionale abbia più volte affermato che
referendum i quali perseguono lo scopo di far rivivere una normativa
abrogata sono da ritenersi inammissibili (da ultimo nella sentenza che
ha dichiarato per questo motivo inammissibile uno dei tre quesiti
sull'acqua). Sicché, dopo tanto parlare alla fine ci troveremmo con un
referendum dichiarato inammissibile e la legge porcellum ancora in
vigore. Chi ne risponderà?
Gaetano Azzariti
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