Oggi il Corriere della Sera ha
reso pucclica la lettera con la quale la BCE, per mezzo di Mario Draghi
e Jean Claude Trichet, ha commissariato il nostro paese.
Il diktat della BCE prevede:
- La privatizzazione su larga scala dei servizi locali (trasporti, acqua....);
- L'esigenza di rinnovare la
contrattazione collettiva in modo da ritagliare i salari e le condizioni
di lavoro secondo le condizioni specifiche delle varie aziende;
-La revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti (l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori);
- Introduzione di norme costituzionali che prevedano il pareggio di bilancio;
- Riduzione del numero dei lavoratori pubblici e dei loro stipendi;
- Innalzamento dell'anzianità lavorativa per la pensione.
Questo è indubbiamente il Draghi "banchiere" che tutti ci invidiano.
Ma come Giano bifronte esiste un altro Draghi, il Draghi pensionato, che non ce lo invidia nessuno.
Leggere per credere.....
Nel giugno del 2006, l'Inpdap gli consegnava
l'assegno mensile della sua pensione da dirigente della pubblica
amministrazione: 14.843,56 mensili lordi, per un importo netto e pulito
di 8.614,68. Draghi aveva 59 annni
da Dagospia
L'Italia è orgogliosa della nomina di Mario Draghi alla presidenza
della Banca centrale europea. Incarico di prestigio, ottenuto con una
complessa trattativa, appoggiato dal governo Berlusconi e amplificato da
tutte le altre istituzioni. Tra l'altro il governatore della Banca
d'Italia ci ha anche rimesso a cambiare incarico, perché dai 757.714
euro percepiti dall'Istituto di via Nazionale è dovuto scendere a una
cifra inferiore alla metà, circa 350 mila euro, che costituisce il
compenso del presidente della Bce uscente, Jean-Claude Trichet.
Del resto Draghi è una figura autorevole, espressione del civil
servant, di colui che si prodiga nel servire il proprio Paese e che
proprio per questo non ha mai lesinato le raccomandazioni a ridurre la
spesa pensionistica, innalzando l'età necessaria per lasciare il lavoro,
riducendo gli sprechi e i privilegi.
«Ridurre il debito pubblico e garantire la sostenibilità del sistema
previdenziale devono essere il primo investimento dello Stato a favore
dei giovani e delle generazioni future» diceva nel corso di una sua
audizione presso la Commission bilancio del Senato, nel luglio del 2007.
Draghi invitava l'allora governo Prodi ad agire con decisione per
completare il risanamento dei conti pubblici e per varare la riforma
delle pensioni, partendo dall'innalzamento «graduale dell'età media
effettiva di pensionamento. Se non si intervenisse, la spesa
diventerebbe insostenibile: bisogna chiedersi quante tasse dovranno
pagare i giovani di oggi nei prossimi 10-15 anni per sostenere il
sistema pensionistico».
Ben detto. Draghi, del resto, interveniva in quella sede avendo piena contezza del problema. Solo l'anno precedente, nel giugno del 2006, l'Inpdap gli consegnava l'assegno mensile della sua pensione da dirigente della pubblica amministrazione: 14.843,56 mensili lordi, per un importo netto e pulito di 8.614,68. E glielo elargiva alla veneranda età di cinquantanove anni, visto che Mario Draghi è nato nel 1947.
Ben detto. Draghi, del resto, interveniva in quella sede avendo piena contezza del problema. Solo l'anno precedente, nel giugno del 2006, l'Inpdap gli consegnava l'assegno mensile della sua pensione da dirigente della pubblica amministrazione: 14.843,56 mensili lordi, per un importo netto e pulito di 8.614,68. E glielo elargiva alla veneranda età di cinquantanove anni, visto che Mario Draghi è nato nel 1947.
Se con una mano il neopresidente della Banca centrale europea firmava
documenti e relazioni tecniche tutte all'insegna dell'emergenza
pensioni, con l'altra si faceva recapitare una somma mensile che la
nostra Maria non riesce a vedere nemmeno nell'arco di un anno. Anche
qui, si tratta di un diritto acquisito, che non si può eliminare. Draghi
quell'assegno se l'è guadagnato. Giusto.
Ma possibile che non si capisca che il cumulo di indennità pagate
dalla stessa cassa, quella dello Stato, quindi con denaro pubblico, di
tutti noi, costituisce un'ingiustizia palese? Soprattutto quando
riguarda incarichi pubblici, e in particolare le figure preposte a
tenere sotto controllo la spesa e il buon andamento gestionale della
finanza pubblica? Davvero, Mario Draghi non è consapevole di questo
scempio?
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