di Giovanni Russo Spena
Mi pare che Dino Greco su Liberazione di alcuni giorni fa e Fausto Bertinotti
su il manifesto di ieri ci abbiano indicato un terreno di analisi e di
ricerca sulla crisi della sinistra che condivido molto.
Sono convinto
anche io che occorra «far saltare il tappo». Moderatismi e prudenze
tattiche portano al suicidio delle sinistre. E' dunque il momento di
rotture profonde e di radicalità culturale e sociale. Occorrerà
ripensare anche forme e modi del conflitto. La rivolta, le rotture che, a
livello internazionale, europeo (e, in parte, nazionale) sono
ineludibili luoghi e forme di espressione dei movimenti possono
rimettere a tema una criticità che parte dalla "indignazione".
Ha
ragione Bertinotti: «La rivolta ha intuito che, per riaprire la partita,
bisogna far saltare il banco... I decreti di Ferragosto confermano il
passaggio dallo stato di eccezione alla regola di uno stato senza più
sovranità e democrazia».
Siamo di fronte a un colpo di Stato, come
stiamo scrivendo nelle tesi del Prc, al rovesciamento della filosofia
stessa della Costituzione. La"costituzionalizzazione" del pareggio di
bilancio, il passaggio dai diritti universali dello stato sociale allo
stato "caritatevole", la messa in discussione dell'idea stessa di
società (e di contrattazione nazionale) per un rapporto diretto fra
Stato autoritario, etico e individuo, in una logica di sussidiarietà e
mercificazione, portano al consapevole abbattimento confindustriale
dell'art. 3 della Costituzione.
Credo che Bertinotti concordi sul fatto
che il sistema bipolare maggioritario sia una gabbia che preclude la
costruzione del nuovo spazio pubblico; e che, quindi, è un imbroglio il
referendum in atto sul ripristino del "mattarellum". Non a caso la
rivendicazione prima degli "indignati" spagnoli è quella del sistema
proporzionale. E' un punto decisivo e discriminante anche per la
costruzione del polo della sinistra alternativa. Anche perché sta
profondamente cambiando la fase politica. Berlusconi è un tiranno
morente (con cui dobbiamo fare definitivamente i conti); ma è forte il
rischio che venga sostituito da politiche e sistemi di alleanze ancora
più organicamente liberisti, di cui gran parte delle sinistre e dei
sindacati rischiano di essere parte integrante.
Il nuovo Ulivo (rispetto
al quale siamo, non a caso, autonomi e distinti) rischia di nascere
nella drammatica inesistenza culturale e sociale delle sinistre.
Scriveva giustamente qualche giorno fa Giorgio Cremaschi su Liberazione
che questo è il paradosso contemporaneo della fase: più tagli alle
pensioni, più privatizzazioni, più attacchi al diritto del lavoro e ai
beni comuni sono portati nel nome della sconfitta di Berlusconi. Una
gigantesca mistificazione. Dopo che è andato in crisi, il "pensiero
unico" rinasce, per paradosso, il "comando unico" della Banca Centrale
Europea? Le sinistre possono vivere, allora, solo innervando un punto di
vista "altro" dentro la materialità dei conflitti operai e ambientali,
delle rivolte, delle rotture. Vivremo, nei prossimi giorni, appuntamenti
importanti in cui diversità culturali e percorsi sociali e conflittuali
differenti possono tuttavia trovare nessi unitari intorno ad alcune
priorità tematiche. E' importante l'assemblea del primo ottobre per
costruire un «movimento contro la schiavitù del debito». E'
importantissima la giornata europea del 15 ottobre in cui le piazze
"indignate" e i movimenti della ribellione sociale riprendono la parola,
in maniera organizzata, contro i governi e le banche per la democrazia
costituzionale e sociale.
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