sabato 24 settembre 2011

Sì, "far saltare il banco" per offrire una chance al cambiamento

di Giovanni Russo Spena

Mi pare che Dino Greco su Liberazione di alcuni giorni fa e Fausto Bertinotti su il manifesto di ieri ci abbiano indicato un terreno di analisi e di ricerca sulla crisi della sinistra che condivido molto. 
Sono convinto anche io che occorra «far saltare il tappo». Moderatismi e prudenze tattiche portano al suicidio delle sinistre. E' dunque il momento di rotture profonde e di radicalità culturale e sociale. Occorrerà ripensare anche forme e modi del conflitto. La rivolta, le rotture che, a livello internazionale, europeo (e, in parte, nazionale) sono ineludibili luoghi e forme di espressione dei movimenti possono rimettere a tema una criticità che parte dalla "indignazione". 
Ha ragione Bertinotti: «La rivolta ha intuito che, per riaprire la partita, bisogna far saltare il banco... I decreti di Ferragosto confermano il passaggio dallo stato di eccezione alla regola di uno stato senza più sovranità e democrazia». 
Siamo di fronte a un colpo di Stato, come stiamo scrivendo nelle tesi del Prc, al rovesciamento della filosofia stessa della Costituzione. La"costituzionalizzazione" del pareggio di bilancio, il passaggio dai diritti universali dello stato sociale allo stato "caritatevole", la messa in discussione dell'idea stessa di società (e di contrattazione nazionale) per un rapporto diretto fra Stato autoritario, etico e individuo, in una logica di sussidiarietà e mercificazione, portano al consapevole abbattimento confindustriale dell'art. 3 della Costituzione.  
Credo che Bertinotti concordi sul fatto che il sistema bipolare maggioritario sia una gabbia che preclude la costruzione del nuovo spazio pubblico; e che, quindi, è un imbroglio il referendum in atto sul ripristino del "mattarellum". Non a caso la rivendicazione prima degli "indignati" spagnoli è quella del sistema proporzionale. E' un punto decisivo e discriminante anche per la costruzione del polo della sinistra alternativa. Anche perché sta profondamente cambiando la fase politica. Berlusconi è un tiranno morente (con cui dobbiamo fare definitivamente i conti); ma è forte il rischio che venga sostituito da politiche e sistemi di alleanze ancora più organicamente liberisti, di cui gran parte delle sinistre e dei sindacati rischiano di essere parte integrante. 

Il nuovo Ulivo (rispetto al quale siamo, non a caso, autonomi e distinti) rischia di nascere nella drammatica inesistenza culturale e sociale delle sinistre.  Scriveva giustamente qualche giorno fa Giorgio Cremaschi su Liberazione che questo è il paradosso contemporaneo della fase: più tagli alle pensioni, più privatizzazioni, più attacchi al diritto del lavoro e ai beni comuni sono portati nel nome della sconfitta di Berlusconi. Una gigantesca mistificazione. Dopo che è andato in crisi, il "pensiero unico" rinasce, per paradosso, il "comando unico" della Banca Centrale Europea? Le sinistre possono vivere, allora, solo innervando un punto di vista "altro" dentro la materialità dei conflitti operai e ambientali, delle rivolte, delle rotture. Vivremo, nei prossimi giorni, appuntamenti importanti in cui diversità culturali e percorsi sociali e conflittuali differenti possono tuttavia trovare nessi unitari intorno ad alcune priorità tematiche. E' importante l'assemblea del primo ottobre per costruire un «movimento contro la schiavitù del debito». E' importantissima la giornata europea del 15 ottobre in cui le piazze "indignate" e i movimenti della ribellione sociale riprendono la parola, in maniera organizzata, contro i governi e le banche per la democrazia costituzionale e sociale.

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