di Stefano Galieni
su Liberazione del 24/09/2011
Si è aperta ufficialmente ieri,
con la convocazione del Comitato politico nazionale del Prc, la fase
che porterà all'VIII° congresso del partito che avrà il suo esito finale
dal 2 al 4 dicembre a Napoli. Un congresso importante, a 20 anni dalla
nascita del Prc e in una fase fortemente critica per il paese, che dovrà
portare a discutere del ruolo di Rifondazione comunista nel panorama
politico italiano, dei suoi programmi e delle sue prospettive. Oggi
verranno presentati i documenti politici su cui si articolerà la
discussione, ieri si è invece ragionato soprattutto della fase, di
alcuni importanti appuntamenti ravvicinati e si è approvato il
regolamento congressuale. Nella relazione introduttiva il segretario
Paolo Ferrero ha innanzitutto invitato a partecipare in massa domenica
alla marcia Perugia Assisi, caratterizzandosi per il sostegno al
riconoscimento dello stato di Palestina, confermando l'adesione alla
campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani fino a quando per i due
popoli non esisteranno pari condizioni. Ha poi parlato della crisi
organica in atto nel centro destra, con il disfacimento e l'
impresentabilità della maggioranza.
«È saltato - secondo Ferrero - il blocco sociale che univa il populismo della borghesia mafiosa con gli interessi della Lega. Oramai in Italia ci sono situazioni diversificate, come se la penisola si estendesse dalla Baviera al Peloponneso. Tutti i poteri forti, da Confindustria ai grandi gruppi editoriali, esigono la cacciata di Berlusconi e la sua sostituzione con un governo guidato da un tecnocrate in grado di fare operazioni di ulteriori tagli senza doversi presentare agli elettori. Uno scenario che ha ben più che l'avallo del presidente della Repubblica e non trova opposizione nel Pd». Il Prc deve essere molto netto, nella pluralità di progetti politici in campo senza essere né timido né settario. Quindi sì alle mobilitazioni per la cacciata di Berlusconi, ma no a qualsiasi governo tecnico in quanto socialmente irresponsabile. Per Ferrero va accentuata la proposta di fronte democratico, che veda insieme centro sinistra e sinistra e vanno costruite e proposte le primarie di programma. Pochi punti nodali - la patrimoniale, le spese militari -, su cui non debbono esprimersi solo le forze politiche ma i cittadini e le cittadine, i movimenti, quelli che non votano più. Ha ribadito che non sussistono ad oggi le condizioni per una responsabilità di governo. Se dovesse invece nascere un governo di grandi intese, per Ferrero è necessario porsi radicalmente all'opposizione e dare una qualificazione sociale all'alternativa. Per questo, è importante la manifestazione del 15 ottobre, come passo importante per la costruzione di un movimento antiliberista, ampio e plurale, capace di contrastare non solo le destre italiane, ma anche le imposizioni europee e i dettami della Marcegaglia. Il 15 sarà anche la manifestazione del Prc, una mobilitazione che deve nascere e strutturarsi nei territori nella molteplicità dei soggetti che vi partecipano per un movimento che non deve finire sfigurato nelle competizioni elettorali come è già accaduto ma che deve costituirsi in autonomia dal governo, in tal senso è stata rilanciata la proposta della costituente dei beni comuni. Ferrero ha anche affrontato il nodo della realizzazione di una sinistra di alternativa e, commentando quanto sta accadendo all'interno della FdS, ha chiosato dicendo che il punto di partenza deve essere la Federazione, nelle sue diverse anime. Questo partendo dal fatto che si tratta di un primo passo ancora insufficiente, che occorre un allargamento e una sua democratizzazione. A dire che aggregare la sinistra fuori dal "nuovo ulivo" non è solo una proposta sociale. Parlando della crisi il segretario si è soffermato sulla validità delle analisi fatte a suo tempo, e, nel mentre che il Paese si avvicina alla Grecia, ragionare di giustizia sociale e di diverso modello di sviluppo non sono elementi in contrapposizione. A chi, anche basandosi su un senso comune di massa, parla di uscita dall'euro secondo Ferrero bisogna rispondere che non si deve volere il disfacimento dell'Europa ma un suo radicale cambiamento, altrimenti che non si paghi il debito. Il legame con l'Europa è considerato necessario anche per la costruzione di una sinistra europea. E parlando delle cose da fare Ferrero ha chiuso la sua relazione indicando la necessità di caratterizzare la presenza di Rifondazione:«Dobbiamo essere quelli che sono contro la Lega, quelli della patrimoniale e contro il capitalismo finanziario. Dobbiamo saper dire cosa vogliono i comunisti, saper spiegare la crisi, far capire come questa sia costituente».
Prima della approvazione del regolamento ci sono stati alcuni interventi sulla relazione. Nicotra, è intervenuto soprattutto sulla manifestazione del 15 ottobre, raccontando del coordinamento che si è costituito per realizzarla, ampio ed inclusivo ma con una piattaforma stringata densa e molto radicale. «È però fondamentale - ha precisato - che questa non abbia l'effetto placebo da manifestazione salvifica ma che cementi un processo che porti verso obbiettivi di portata europea». Secondo Nicotra, il coordinamento si allargherà se si sarà capaci di avere attenzione verso pezzi di mondo cattolico - si pensi all'appello di Zanotelli e a quello di Gesualdi - sia a parti di sindacato, ma non certo ai partiti della sinistra moderata che non accettano attacchi alla Bce. Ha poi proposto come titolo del congresso di dicembre la frase dell'Internazionale di Fortini "Un'altra umanità" e come sottotitolo, "Costruire l'alternativa alla dittatura del mercato". Gracchelli, lavoratrice delle poste ha espresso critiche rispetto alla necessità di spiegare la crisi a lavoratori incazzati che invece debbono porsi a capo delle lotte, contro soluzioni da architettura politicista. Ponendo l'accento sul rischio che anche un governo di centro sinistra privatizzi Banco Posta, unica fonte di liquidità e di gestione del risparmio privato, la compagna ha invece considerato come estremamente importante l'idea della costituente dei beni comuni, come portatrice di nuovi concetti culturali. Valentini si è dichiarato quasi totalmente d'accordo con la relazione ma ha espresso dissenso rispetto ai risultati finora ottenuti con l'esperienza federativa, da ripensare come soggetto unitario, plurale e anticapitalista e parlando invece delle primarie di programma, ha parlato di rischio di velleitarismo e della necessità di verificare l'esistenza di una assunzione di responsabilità anche di governo. Per Leoni, i problemi della Federazione sono provocati anche dalle resistenze interne al Prc, a suo avviso anche per timore dell'allargamento e anche se considera importante spiegare la crisi, ritiene utile spiegare come uscire da questa. Nel suo intervento ha, tra l'altro, rimesso in discussione il tema dell'unità dei comunisti visto spesso come un tabù. Giardiello ha criticato la relazione per l'approccio a suo dire keynesiano laddove non c'è posto per simili soluzioni, evidenziando come i soldi ci sono in mano a poche persone ma non sono a disposizione degli stati a meno che non si metta in discussione la politica del debito. Giardiello ha riaffermato le critiche all'accordo del 28 giugno della Cgil su cui a suo avviso la federazione non ha avuto modo di esprimersi. Per Menapace - che domenica parlerà dal palco ad Assisi come rappresentante dell'Anpi - l'analisi sulla crisi è invece corretta. Ha parlato di una crisi finale in cui non ci sono più margini per la socialdemocrazia. Condivide le primarie di programma perché non alludono al leaderismo, non si riconosce nell'utilizzo ormai abusato del termine "beni comuni" e critica l'assenza nei testi finora prodotti di ogni riferimento al patriarcato, rimarcando come le donne, la maggioranza in ogni paese, siano ora il nuovo proletariato. Rocchi in conclusione ha criticato Giardiello (la manovra non serve a battere la speculazione e per fronteggiare la crisi servono anche Keynes e la patrimoniale) e Valentini perché non ha trovato chiarezza nei propositi che ha espresso. Alla fine si è approvato il regolamento con 5 astensioni.
«È saltato - secondo Ferrero - il blocco sociale che univa il populismo della borghesia mafiosa con gli interessi della Lega. Oramai in Italia ci sono situazioni diversificate, come se la penisola si estendesse dalla Baviera al Peloponneso. Tutti i poteri forti, da Confindustria ai grandi gruppi editoriali, esigono la cacciata di Berlusconi e la sua sostituzione con un governo guidato da un tecnocrate in grado di fare operazioni di ulteriori tagli senza doversi presentare agli elettori. Uno scenario che ha ben più che l'avallo del presidente della Repubblica e non trova opposizione nel Pd». Il Prc deve essere molto netto, nella pluralità di progetti politici in campo senza essere né timido né settario. Quindi sì alle mobilitazioni per la cacciata di Berlusconi, ma no a qualsiasi governo tecnico in quanto socialmente irresponsabile. Per Ferrero va accentuata la proposta di fronte democratico, che veda insieme centro sinistra e sinistra e vanno costruite e proposte le primarie di programma. Pochi punti nodali - la patrimoniale, le spese militari -, su cui non debbono esprimersi solo le forze politiche ma i cittadini e le cittadine, i movimenti, quelli che non votano più. Ha ribadito che non sussistono ad oggi le condizioni per una responsabilità di governo. Se dovesse invece nascere un governo di grandi intese, per Ferrero è necessario porsi radicalmente all'opposizione e dare una qualificazione sociale all'alternativa. Per questo, è importante la manifestazione del 15 ottobre, come passo importante per la costruzione di un movimento antiliberista, ampio e plurale, capace di contrastare non solo le destre italiane, ma anche le imposizioni europee e i dettami della Marcegaglia. Il 15 sarà anche la manifestazione del Prc, una mobilitazione che deve nascere e strutturarsi nei territori nella molteplicità dei soggetti che vi partecipano per un movimento che non deve finire sfigurato nelle competizioni elettorali come è già accaduto ma che deve costituirsi in autonomia dal governo, in tal senso è stata rilanciata la proposta della costituente dei beni comuni. Ferrero ha anche affrontato il nodo della realizzazione di una sinistra di alternativa e, commentando quanto sta accadendo all'interno della FdS, ha chiosato dicendo che il punto di partenza deve essere la Federazione, nelle sue diverse anime. Questo partendo dal fatto che si tratta di un primo passo ancora insufficiente, che occorre un allargamento e una sua democratizzazione. A dire che aggregare la sinistra fuori dal "nuovo ulivo" non è solo una proposta sociale. Parlando della crisi il segretario si è soffermato sulla validità delle analisi fatte a suo tempo, e, nel mentre che il Paese si avvicina alla Grecia, ragionare di giustizia sociale e di diverso modello di sviluppo non sono elementi in contrapposizione. A chi, anche basandosi su un senso comune di massa, parla di uscita dall'euro secondo Ferrero bisogna rispondere che non si deve volere il disfacimento dell'Europa ma un suo radicale cambiamento, altrimenti che non si paghi il debito. Il legame con l'Europa è considerato necessario anche per la costruzione di una sinistra europea. E parlando delle cose da fare Ferrero ha chiuso la sua relazione indicando la necessità di caratterizzare la presenza di Rifondazione:«Dobbiamo essere quelli che sono contro la Lega, quelli della patrimoniale e contro il capitalismo finanziario. Dobbiamo saper dire cosa vogliono i comunisti, saper spiegare la crisi, far capire come questa sia costituente».
Prima della approvazione del regolamento ci sono stati alcuni interventi sulla relazione. Nicotra, è intervenuto soprattutto sulla manifestazione del 15 ottobre, raccontando del coordinamento che si è costituito per realizzarla, ampio ed inclusivo ma con una piattaforma stringata densa e molto radicale. «È però fondamentale - ha precisato - che questa non abbia l'effetto placebo da manifestazione salvifica ma che cementi un processo che porti verso obbiettivi di portata europea». Secondo Nicotra, il coordinamento si allargherà se si sarà capaci di avere attenzione verso pezzi di mondo cattolico - si pensi all'appello di Zanotelli e a quello di Gesualdi - sia a parti di sindacato, ma non certo ai partiti della sinistra moderata che non accettano attacchi alla Bce. Ha poi proposto come titolo del congresso di dicembre la frase dell'Internazionale di Fortini "Un'altra umanità" e come sottotitolo, "Costruire l'alternativa alla dittatura del mercato". Gracchelli, lavoratrice delle poste ha espresso critiche rispetto alla necessità di spiegare la crisi a lavoratori incazzati che invece debbono porsi a capo delle lotte, contro soluzioni da architettura politicista. Ponendo l'accento sul rischio che anche un governo di centro sinistra privatizzi Banco Posta, unica fonte di liquidità e di gestione del risparmio privato, la compagna ha invece considerato come estremamente importante l'idea della costituente dei beni comuni, come portatrice di nuovi concetti culturali. Valentini si è dichiarato quasi totalmente d'accordo con la relazione ma ha espresso dissenso rispetto ai risultati finora ottenuti con l'esperienza federativa, da ripensare come soggetto unitario, plurale e anticapitalista e parlando invece delle primarie di programma, ha parlato di rischio di velleitarismo e della necessità di verificare l'esistenza di una assunzione di responsabilità anche di governo. Per Leoni, i problemi della Federazione sono provocati anche dalle resistenze interne al Prc, a suo avviso anche per timore dell'allargamento e anche se considera importante spiegare la crisi, ritiene utile spiegare come uscire da questa. Nel suo intervento ha, tra l'altro, rimesso in discussione il tema dell'unità dei comunisti visto spesso come un tabù. Giardiello ha criticato la relazione per l'approccio a suo dire keynesiano laddove non c'è posto per simili soluzioni, evidenziando come i soldi ci sono in mano a poche persone ma non sono a disposizione degli stati a meno che non si metta in discussione la politica del debito. Giardiello ha riaffermato le critiche all'accordo del 28 giugno della Cgil su cui a suo avviso la federazione non ha avuto modo di esprimersi. Per Menapace - che domenica parlerà dal palco ad Assisi come rappresentante dell'Anpi - l'analisi sulla crisi è invece corretta. Ha parlato di una crisi finale in cui non ci sono più margini per la socialdemocrazia. Condivide le primarie di programma perché non alludono al leaderismo, non si riconosce nell'utilizzo ormai abusato del termine "beni comuni" e critica l'assenza nei testi finora prodotti di ogni riferimento al patriarcato, rimarcando come le donne, la maggioranza in ogni paese, siano ora il nuovo proletariato. Rocchi in conclusione ha criticato Giardiello (la manovra non serve a battere la speculazione e per fronteggiare la crisi servono anche Keynes e la patrimoniale) e Valentini perché non ha trovato chiarezza nei propositi che ha espresso. Alla fine si è approvato il regolamento con 5 astensioni.
di Stefano Galieni
su Liberazione del 25/09/2011
Verso l'VIII Congresso nazionale di Rifondazione Comunista
Durante la riunione del
comitato politico nazionale di ieri sono stati presentati i documenti
congressuali con cui ci si prepara ad affrontare una fase importante e
fondamentale della vita del Prc. Tre i documenti presentati: il primo
già sottoscritto da un ampia parte del cpn, gli altri due in aperta
alternativa. Del primo documento è giunta, ad essere esatti una bozza
quasi definitiva che necessita di essere ridotta (consta ad oggi di 42
pagine) e integrata in alcuni elementi e passaggi. Si è trattato infatti
di un vero e proprio work in progress, che da una parte ha allungato i
tempi in un lavoro defatigante, dall'altra potrebbe permettere di
recepire anche istanze o precisazioni emerse dal dibattito di ieri. Il
testo definitivo sarà disponibile entro il 3 ottobre prossimo. Il
documento è stato illustrato, nei suoi elementi essenziali direttamente
da Paolo Ferrero che ha incentrato il proprio intervento su quelli che
sono gli assi fondamentali del testo: attualità del comunismo,
valutazione della crisi in quanto costituente, colpo di stato monetario,
necessità della rifondazione comunista.
Il testo cerca una dimensione internazionale e colloca in questa una ricostruzione degli ultimi 40 anni di storia italiana cogliendone alcuni aspetti nella loro drammaticità: il bipolarismo e la crisi della politica, il fallimento dell'Ulivo e la sconfitta - anzi le sconfitte - del Prc, il berlusconismo anche nella sua fase di crollo, la crisi della Lega, il ruolo che giocano i poteri forti e le dinamiche nel e del sindacato. Puntando poi ad una fotografia dell'esistente si analizza il centro sinistra e quello che già viene chiamato nuovo Ulivo, sviluppando una riflessione sulle contraddizioni presenti nelle singole forze che lo compongono. Una ricostruzione che non si pone l'obbiettivo di denunciare semplicemente i limiti altrui ma di porre le basi per definire concretamente percorsi praticabili di accumulo di forze per rompere il bipolarismo e realizzare un polo di sinistra di alternativa. Si pone molto l'accento sulla contraddizione fra la domanda sociale e le risposte politiche in campo, la molteplicità delle mobilitazioni e dei conflitti che si vanno esprimendo non trova modo di essere rappresentata anche a causa del blocco bipolare. La risposta che il primo documento fa per definire un progetto politico di rifondazione comunista è quella di un percorso che porti all'uscita da sinistra dalla crisi. Un percorso che partendo da una definizione che ben si attanaglia al periodo "socialismo o barbarie", evidenzia la necessità di costruire l'opposizione contro le destre e le politiche di gestione capitalistica della crisi a partire dalla aggressione alla democrazia e al lavoro. Esistono contesti e forme diverse di opposizione sociale in cui il Prc deve stare per costruire nessi e legami, puntando ad una sua maturazione a una sua soggettività.
L'obbiettivo di partenza è la cacciata di Berlusconi e, contemporaneamente porre il problema della fuoriuscita dal quadro neoliberista proponendo le primarie di programma. Una discussione su punti avanzati e qualificati da non risolvere nelle stanze delle segreterie politiche ma in processi di partecipazione di massa in cui i movimenti e le persone tornino a poter decidere cosa deve fare un governo e non semplicemente e con risultati insufficienti, chi ne deve essere il leader. Si propone quindi una offensiva unitaria sui contenuti ben consapevoli che l'attuale centro sinistra non permette il determinarsi di una condizione di alternanza al neoliberismo. In questo quadro, la realizzazione di una costituente dei Beni Comuni e del Lavoro allude ad una ipotesi di "istituzione di movimento" che, a partire a obbiettivi chiari, sappia confrontarsi con le istituzioni senza esserne trasfigurata. Confermata l'analisi delle due sinistre, e considerando Rifondazione comunista necessaria per l'oggi e per il domani, diviene importante lavorare alla costruzione di una sinistra di alternativa su un processo unitario a base federativa, un polo che abbia come discriminanti la connessione fra anticapitalismo, critica al patriarcato, riconversione ambientale e sociale dell'economia, antirazzismo e pacifismo, solidarietà internazionale, lotta contro l'omofobia. La Fds viene valutata nei suoi limiti, a partire dal suo funzionamento democratico e non rappresenta la tappa conclusiva dell'aggregazione della sinistra di alternativa. Rifondazione è da sola necessaria ma insufficiente a questo compito, nel documento lancia un quadro di proposte per uscire dalla crisi ma deve nel frattempo ragionare sulla propria insufficienza e sui limiti legati anche al funzionamento interno e al correntismo. Vanno superate le correnti non certo le aree culturali rendendo fatto concreto le decisioni assunte alla conferenza di Carrara per l'autoriforma del partito stesso.
La conclusione del testo, che sarà come quello degli altri documenti, pubblicato a partire dal 9 ottobre, su Liberazione, è dedicata ai temi della formazione e della comunicazione, fondamentali per l'esistenza stessa del partito.
Il secondo documento, dal titolo "Per il partito di classe" è stato presentato dal suo primo firmatario Claudio Bellotti e parte dall'assunto di una crisi della rappresentanza di classe nonostante le lotte in fabbrica siano in continua espansione. Secondo Bellotti un processo iniziato dopo la sconfitta elettorale del 2008 ha portato molti lavoratori a cercare riferimento in forze distanti dal movimento operaio come l'IdV, ma l'espandersi, anche fuori dalla fabbrica, si pensi alle scuole o ai migranti i Nardò, hanno reso evidente l'ampiezza e l'articolazione di un fronte di conflitto. In Italia si può insomma produrre un movimento di massa che abbia al centro una chiara determinante di classe. Per i firmatari del documento le decisioni assunte nel congresso di Chianciano sono andate presto disattese, e la discussione del gruppo dirigente del Prc è stata dominata dal come garantire una rappresentanza istituzionale che permettesse di rientrare nei giochi. Una critica dura viene rivolta tanto al funzionamento interno del partito quanto alla federazione. Il testo si sofferma sulla lettura dell crisi, sull'incompatibilità di qualsiasi illusione tardo keynesiana e su questa analisi si oppone a chi chiede maggiore integrazione su basi capitalistiche europea, la moneta unica non pone al riparo dalla crisi e, nella logica di un programma di alternativa, vanno poste come questioni centrali quella del debito, la crisi industriale e quella dei diritti del lavoro. Nella presentazione Bellotti ha ribadito il proprio giudizio negativo rispetto alla posizione della Federazione sull'accordo del 28 giugno mentre nel testo ha proposto un pacchetto rivendicativo da proporre nel movimento e non solo nelle file del partito. Condividendo la battaglia per i beni comuni, nel documento si pone invece l'accento sulla necessità di un partito di classe capace di essere avanguardia. Definisce poi il campo delle forze disponibili e la necessità di una rappresentanza operaia, ribadisce il no ad un nuovo centro sinistr e quindi anche alle primarie di programma, per un polo della sinistra di classe. Si da un giudizio fallimentare della FdS, chiedendo che il partito non ceda a questa ulteriore sovranità e si analizza molto la situazione del Mezzogiorno, il ruolo dei giovani, dei movimenti, delle donne. Bellotti ha concluso la sua presentazione reputando non positivo il tentativo di dare vita ad un documento unitario. Si tratta secondo il primo firmatario di un tentativo destinato a non costruire unità dal basso ma ad aumentare le spinte disgregatrici, il documento che rappresenta nasce apertamente dalla voglia di aprire una battaglia per l'egemonia nel partito.
Anche il terzo documento, presentato in extremis da Targetti, "opposizione sociale, resistenza alla crisi e questione comunista", critica radicalmente tanto le proposte di unità a sinistra e di fronte democratico, quanto la stessa natura della Federazione. Si chiede di riprendere per questo il percorso della rifondazione comunista con un profilo indipendente edalternativo al pd dicendo basta alle politiche governiste e una discontinuità con il passato capace di tradursi anche in un radicale cambiamento dei gruppi dirigenti. Una serie di emendamenti, in gran parte respinti sono stati presentati dai firmatari del primo documento. Ferrero, nella replica conclusiva, ha invitato a ritirare gli stessi in quanto poco difformi dal testo del documento e considerandoli nei percorsi che indicavano, di fatto poco significativi. Ne è nato un dibattito anche aspro, in cui si è tentato di ricomporre un dialogo necessario. In ultimo si è nominata la commissione congressuale composta da Grassi, Caporusso, Gelmini, Capelli, Schiavon, Tecce, Paolini, Giardiello, Targetti. Interessante ma estremamente complesso il dibattito che si è svolto nel pomeriggio e che ha visto intervenire molti e molte per argomentare il proprio appoggio con distinguo al primo documento.
Il testo cerca una dimensione internazionale e colloca in questa una ricostruzione degli ultimi 40 anni di storia italiana cogliendone alcuni aspetti nella loro drammaticità: il bipolarismo e la crisi della politica, il fallimento dell'Ulivo e la sconfitta - anzi le sconfitte - del Prc, il berlusconismo anche nella sua fase di crollo, la crisi della Lega, il ruolo che giocano i poteri forti e le dinamiche nel e del sindacato. Puntando poi ad una fotografia dell'esistente si analizza il centro sinistra e quello che già viene chiamato nuovo Ulivo, sviluppando una riflessione sulle contraddizioni presenti nelle singole forze che lo compongono. Una ricostruzione che non si pone l'obbiettivo di denunciare semplicemente i limiti altrui ma di porre le basi per definire concretamente percorsi praticabili di accumulo di forze per rompere il bipolarismo e realizzare un polo di sinistra di alternativa. Si pone molto l'accento sulla contraddizione fra la domanda sociale e le risposte politiche in campo, la molteplicità delle mobilitazioni e dei conflitti che si vanno esprimendo non trova modo di essere rappresentata anche a causa del blocco bipolare. La risposta che il primo documento fa per definire un progetto politico di rifondazione comunista è quella di un percorso che porti all'uscita da sinistra dalla crisi. Un percorso che partendo da una definizione che ben si attanaglia al periodo "socialismo o barbarie", evidenzia la necessità di costruire l'opposizione contro le destre e le politiche di gestione capitalistica della crisi a partire dalla aggressione alla democrazia e al lavoro. Esistono contesti e forme diverse di opposizione sociale in cui il Prc deve stare per costruire nessi e legami, puntando ad una sua maturazione a una sua soggettività.
L'obbiettivo di partenza è la cacciata di Berlusconi e, contemporaneamente porre il problema della fuoriuscita dal quadro neoliberista proponendo le primarie di programma. Una discussione su punti avanzati e qualificati da non risolvere nelle stanze delle segreterie politiche ma in processi di partecipazione di massa in cui i movimenti e le persone tornino a poter decidere cosa deve fare un governo e non semplicemente e con risultati insufficienti, chi ne deve essere il leader. Si propone quindi una offensiva unitaria sui contenuti ben consapevoli che l'attuale centro sinistra non permette il determinarsi di una condizione di alternanza al neoliberismo. In questo quadro, la realizzazione di una costituente dei Beni Comuni e del Lavoro allude ad una ipotesi di "istituzione di movimento" che, a partire a obbiettivi chiari, sappia confrontarsi con le istituzioni senza esserne trasfigurata. Confermata l'analisi delle due sinistre, e considerando Rifondazione comunista necessaria per l'oggi e per il domani, diviene importante lavorare alla costruzione di una sinistra di alternativa su un processo unitario a base federativa, un polo che abbia come discriminanti la connessione fra anticapitalismo, critica al patriarcato, riconversione ambientale e sociale dell'economia, antirazzismo e pacifismo, solidarietà internazionale, lotta contro l'omofobia. La Fds viene valutata nei suoi limiti, a partire dal suo funzionamento democratico e non rappresenta la tappa conclusiva dell'aggregazione della sinistra di alternativa. Rifondazione è da sola necessaria ma insufficiente a questo compito, nel documento lancia un quadro di proposte per uscire dalla crisi ma deve nel frattempo ragionare sulla propria insufficienza e sui limiti legati anche al funzionamento interno e al correntismo. Vanno superate le correnti non certo le aree culturali rendendo fatto concreto le decisioni assunte alla conferenza di Carrara per l'autoriforma del partito stesso.
La conclusione del testo, che sarà come quello degli altri documenti, pubblicato a partire dal 9 ottobre, su Liberazione, è dedicata ai temi della formazione e della comunicazione, fondamentali per l'esistenza stessa del partito.
Il secondo documento, dal titolo "Per il partito di classe" è stato presentato dal suo primo firmatario Claudio Bellotti e parte dall'assunto di una crisi della rappresentanza di classe nonostante le lotte in fabbrica siano in continua espansione. Secondo Bellotti un processo iniziato dopo la sconfitta elettorale del 2008 ha portato molti lavoratori a cercare riferimento in forze distanti dal movimento operaio come l'IdV, ma l'espandersi, anche fuori dalla fabbrica, si pensi alle scuole o ai migranti i Nardò, hanno reso evidente l'ampiezza e l'articolazione di un fronte di conflitto. In Italia si può insomma produrre un movimento di massa che abbia al centro una chiara determinante di classe. Per i firmatari del documento le decisioni assunte nel congresso di Chianciano sono andate presto disattese, e la discussione del gruppo dirigente del Prc è stata dominata dal come garantire una rappresentanza istituzionale che permettesse di rientrare nei giochi. Una critica dura viene rivolta tanto al funzionamento interno del partito quanto alla federazione. Il testo si sofferma sulla lettura dell crisi, sull'incompatibilità di qualsiasi illusione tardo keynesiana e su questa analisi si oppone a chi chiede maggiore integrazione su basi capitalistiche europea, la moneta unica non pone al riparo dalla crisi e, nella logica di un programma di alternativa, vanno poste come questioni centrali quella del debito, la crisi industriale e quella dei diritti del lavoro. Nella presentazione Bellotti ha ribadito il proprio giudizio negativo rispetto alla posizione della Federazione sull'accordo del 28 giugno mentre nel testo ha proposto un pacchetto rivendicativo da proporre nel movimento e non solo nelle file del partito. Condividendo la battaglia per i beni comuni, nel documento si pone invece l'accento sulla necessità di un partito di classe capace di essere avanguardia. Definisce poi il campo delle forze disponibili e la necessità di una rappresentanza operaia, ribadisce il no ad un nuovo centro sinistr e quindi anche alle primarie di programma, per un polo della sinistra di classe. Si da un giudizio fallimentare della FdS, chiedendo che il partito non ceda a questa ulteriore sovranità e si analizza molto la situazione del Mezzogiorno, il ruolo dei giovani, dei movimenti, delle donne. Bellotti ha concluso la sua presentazione reputando non positivo il tentativo di dare vita ad un documento unitario. Si tratta secondo il primo firmatario di un tentativo destinato a non costruire unità dal basso ma ad aumentare le spinte disgregatrici, il documento che rappresenta nasce apertamente dalla voglia di aprire una battaglia per l'egemonia nel partito.
Anche il terzo documento, presentato in extremis da Targetti, "opposizione sociale, resistenza alla crisi e questione comunista", critica radicalmente tanto le proposte di unità a sinistra e di fronte democratico, quanto la stessa natura della Federazione. Si chiede di riprendere per questo il percorso della rifondazione comunista con un profilo indipendente edalternativo al pd dicendo basta alle politiche governiste e una discontinuità con il passato capace di tradursi anche in un radicale cambiamento dei gruppi dirigenti. Una serie di emendamenti, in gran parte respinti sono stati presentati dai firmatari del primo documento. Ferrero, nella replica conclusiva, ha invitato a ritirare gli stessi in quanto poco difformi dal testo del documento e considerandoli nei percorsi che indicavano, di fatto poco significativi. Ne è nato un dibattito anche aspro, in cui si è tentato di ricomporre un dialogo necessario. In ultimo si è nominata la commissione congressuale composta da Grassi, Caporusso, Gelmini, Capelli, Schiavon, Tecce, Paolini, Giardiello, Targetti. Interessante ma estremamente complesso il dibattito che si è svolto nel pomeriggio e che ha visto intervenire molti e molte per argomentare il proprio appoggio con distinguo al primo documento.
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