In
questi giorni il Cipe dovrà decidere se concedere alla Brebemi, la
società che ha costruito ed concessionaria dell’omonima autostrada
Milano – Brescia, la defiscalizzazione dell’opera per 500 milioni, dando
così l’ultimo definitivo colpo di piccone alle mitologie del project
financing su cui naturalmente si costruisce buona parte del castello di
carte del governo. E irrobustendo il sospetto assai più concreto che in
Italia le opere più remunerative sono quelle inutili.
E inutile senza tema di smentita la Brebemi lo è: poco più corta
dell’ A4 serenissima che da Milano porta a Bergamo e poi a Brescia,
molto più costosa in termini di pedaggi è un’autostrada praticamente
deserta con appena 16 mila passaggi al giorno contro gli 8o mila
artatamente previsti, giusto per spendere 2 miliardi e consumare una
fetta di territorio. Ma quando è stata inaugurata nel luglio scorso con
Renzi e Lupi in prima fila è stata portata ad esempio del nuovo mondo
che ci attende: “È la prima autostrada italiana realizzata totalmente in
project financing, senza un euro di finanziamento pubblico”.
Bugia che si taglia col coltello tanto è sfacciata: la società che
l’ha costruita ci ha messo solo 520 milioni su oltre 2 miliardi, mentre il resto viene dalla
Cassa depositi e prestiti e dalla Banca Europea degli investimenti che è
finanziata con denaro pubblico da tutti Paesi dell’unione (la quota
italiana è del 16%.) Se dovesse passare la defiscalizzazione in pratica i
privati che in cambio del loro investimento hanno diritto a riscuotere
il pedaggio per vent’anni, praticamente non ci avrebbero messo che pochi
spiccioli. Così il project financing, come del resto accade spesso nel
vecchio continente si dimostra un meccanismo dove i privati non ci
mettono un euro, ma in compenso hanno diritto allo sfruttamento dei
benefici e questo senza avere nemmeno il disturbo di dover
selezionare le offerte migliori con gare d’appalto e facendo operare
appieno lo spirito di clan e di merenda: tanto mica pagano davvero loro.
Nel caso della Brebemi i benefici, cioè i pedaggi, sono assolutamente
al di sotto delle attese e di qui l’appello al Cipe per avere l’abbuono
di 500 milioni su Iva, Ires e Irap. Sconto che probabilmente arriverà a
dimostrazione di un clamoroso fallimento di mercato del resto
intuibile già all’origine dalla diffidenza delle banche ad entrare nel
gioco. E le prospettive non sono migliori: l’allacciamento
all’autostrada del sole attraverso la tangenziale est di Milano e
l’allacciamento a Brescia con l’A4 porterebbero, secondo i calcoli un
aumento del traffico di appena il 15% a fronte di altre gigantesche
spese. Ma questa volta almeno la Regione Lombardia esce dall’equivoco e
dalle narrazioni del project financing e dice che è indispensabile
mettere denaro pubblico per realizzare gli allacciamenti e tentare di
salvare i capitani coraggiosi della Brebemi. Dopo l’inganno la beffa.
Del resto è anche una presa in giro il fatto che l’opera servirebbe
all’Expò: come e perché è misterioso visto che l’A4 porta nella zona di
quest’altro mostro molto più rapidamente. Certo che quest’ultima è
un’autostrada intasata, ma anche perché i collegamenti ferroviari sono
di gran lunga insufficienti. Però si sa che i soldi vanno alla Tav
Torino – Lione tratta sulla quale i collegamenti già esistenti sono già
sotto ultilizzati. Tuttavia dobbiamo sopportare le stupidaggini dei
grandi giornali che magnificano l’opera nonostante il disastro e dicono
che così si apre la concorrenza fra due autostrade. Roba da scemi, ma
non possono demolire gli amuleti di sciocchezze che essi stessi
fabbricano come concessionari del potere.
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