mercoledì 29 aprile 2015

Celodurismo renziano —  Norma Rangeri, Il Manifesto




Sarà pure in ballo la demo­cra­zia, come dice un Ber­sani affranto dalla sor­presa annun­ciata del voto di fidu­cia sulla legge elet­to­rale. Tutto sta a met­tersi d’accordo sull’inizio di que­sta danza maca­bra attorno alle regole della nostra con­vi­venza politica.
Come soste­niamo da tempo, la demo­cra­zia non viene né improv­vi­sa­mente sfi­gu­rata, né pesan­te­mente umi­liata solo in rife­ri­mento alla legge elet­to­rale e alla riforma costi­tu­zio­nale. Al con­tra­rio, la mano­mis­sione degli assetti isti­tu­zio­nali della repub­blica par­la­men­tare rap­pre­senta solo un approdo. Una lineare con­se­guenza degli anni in cui l’ex segre­ta­rio del Pd par­te­ci­pava al governo Monti per mon­dare la demo­cra­zia delle sco­rie ber­lu­sco­niane. Pec­cato che con l’acqua sporca si stava but­tando via anche l’argine rap­pre­sen­tato dall’idea stessa di un governo eletto, pre­fe­rendo imboc­care la via delle riforme det­tate dai poteri euro­pei. Renzi ha tro­vato la strada in discesa e l’ha per­corsa con piede veloce usando i rap­porti di forza fino alla can­cel­la­zione dello sta­tuto dei lavo­ra­tori, alla ridu­zione del mondo del lavoro a eser­cito di riserva di Confindustria.
Il fatto è che ora, con la deci­sione di met­tere la fidu­cia sull’Italicum, siamo giunti alle bat­tute finali, al con­clu­sivo giro di boa di una navi­ga­zione che fin dall’inizio ha fatto rotta verso l’approdo neo­cen­tri­sta. Se la man­naia della fidu­cia per por­tare a casa rapi­da­mente una legge elet­to­rale rap­pre­senti il pre­lu­dio dell’atto suc­ces­sivo (le ele­zioni anti­ci­pate) lo vedremo. Quello che invece è già chia­ris­simo riguarda la can­cel­la­zione di un’idea di plu­ra­li­smo sociale, poli­tico, istituzionale.
Senza nep­pure sco­mo­dare i fami­ge­rati pre­ce­denti (la legge Acerbo del 1923 e la legge truffa del 1953) basta, e avanza, osser­vare che que­sta fidu­cia è una basto­nata sulla schiena di un par­la­mento già pie­gato e dele­git­ti­mato dall’essere il risul­tato dell’incostituzionale Por­cel­lum. Una basto­nata pre­me­di­tata, vibrata a freddo nono­stante il ras­si­cu­rante lascia­pas­sare otte­nuto nel voto segreto sulle pre­giu­di­ziali di inco­sti­tu­zio­na­lità. A dimo­stra­zione che al fondo della ver­sione ren­ziana di que­sto “celo­du­ri­smo fidu­cia­rio” non c’è tanto il timore di non avere la mag­gio­ranza par­la­men­tare sull’Italicum (natu­ral­mente pos­si­bile ma non pro­ba­bile), quanto la voglia di togliersi di torno i rom­pi­sca­tole della minoranza.
Saranno pure solo una ven­tina quelli decisi a non votar­gli la fidu­cia, ma restano il fasti­dioso con­tral­tare media­tico al lea­der, tanto più mole­sto fin­ché il grup­petto resta den­tro il Pd a sce­neg­giare il dis­senso a ogni dire­zione o festa dell’Unità senza l’Unità. Spa­rare col can­none della fidu­cia al drap­pello degli anti­ren­ziani del Pd è un atto spro­po­si­tato se pro­prio la dismi­sura non fosse il segno di chi scam­bia il potere con il governo.

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