Sarà pure in ballo la democrazia, come dice un Bersani
affranto dalla sorpresa annunciata del voto di fiducia sulla legge
elettorale. Tutto sta a mettersi d’accordo sull’inizio di questa
danza macabra attorno alle regole della nostra convivenza politica.
Come sosteniamo da tempo, la democrazia non viene né
improvvisamente sfigurata, né pesantemente umiliata solo in
riferimento alla legge elettorale e alla riforma costituzionale.
Al contrario, la manomissione degli assetti istituzionali della
repubblica parlamentare rappresenta solo un approdo. Una lineare
conseguenza degli anni in cui l’ex segretario del Pd partecipava
al governo Monti per mondare la democrazia delle scorie
berlusconiane. Peccato che con l’acqua sporca si stava buttando via
anche l’argine rappresentato dall’idea stessa di un governo eletto,
preferendo imboccare la via delle riforme dettate dai poteri
europei. Renzi ha trovato la strada in discesa e l’ha percorsa con
piede veloce usando i rapporti di forza fino alla cancellazione
dello statuto dei lavoratori, alla riduzione del mondo del lavoro
a esercito di riserva di Confindustria.
Il fatto è che ora, con la decisione di mettere la fiducia
sull’Italicum, siamo giunti alle battute finali, al conclusivo giro
di boa di una navigazione che fin dall’inizio ha fatto rotta verso
l’approdo neocentrista. Se la mannaia della fiducia per portare
a casa rapidamente una legge elettorale rappresenti il preludio
dell’atto successivo (le elezioni anticipate) lo vedremo. Quello
che invece è già chiarissimo riguarda la cancellazione di un’idea
di pluralismo sociale, politico, istituzionale.
Senza neppure scomodare i famigerati precedenti (la legge
Acerbo del 1923 e la legge truffa del 1953) basta, e avanza, osservare
che questa fiducia è una bastonata sulla schiena di un parlamento
già piegato e delegittimato dall’essere il risultato
dell’incostituzionale Porcellum. Una bastonata premeditata,
vibrata a freddo nonostante il rassicurante lasciapassare
ottenuto nel voto segreto sulle pregiudiziali di
incostituzionalità. A dimostrazione che al fondo della versione
renziana di questo “celodurismo fiduciario” non c’è tanto il
timore di non avere la maggioranza parlamentare sull’Italicum
(naturalmente possibile ma non probabile), quanto la voglia di
togliersi di torno i rompiscatole della minoranza.
Saranno pure solo una ventina quelli decisi a non votargli la
fiducia, ma restano il fastidioso contraltare mediatico al leader,
tanto più molesto finché il gruppetto resta dentro il Pd
a sceneggiare il dissenso a ogni direzione o festa dell’Unità senza
l’Unità. Sparare col cannone della fiducia al drappello degli
antirenziani del Pd è un atto spropositato se proprio la
dismisura non fosse il segno di chi scambia il potere con il governo.
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