mercoledì 15 aprile 2015

Genocidio armeno: la sagra degli omminicchi Di ilsimplicissimus


GentiloniOmminicchi. E i personaggi di governo non si fanno sfuggire nessuna occasione di dimostrare questa loro natura di fondo, del resto già più dignitosa del quaquaraquà quotidiano in cui si esercitano. Omminicchi come il ministro degli Esteri Gentiloni che nella querelle fra il Vaticano e la Turchia di Erdogan sul genocidio degli armeni prende una di quelle posizioni indimenticabili per ambiguità e ipocrisia:  “L’Italia ha più volte espresso solidarietà e vicinanza al popolo e al governo armeno per la violenza e le sofferenze che sono state loro inflitte cento anni fa. Quanto al riconoscimento giuridico del genocidio abbiamo sempre invitato i due Paesi, Turchia e Armenia amici dell’Italia, a dialogare per evitare che questa situazione sia di ostacolo ad altre situazioni meno tese”.
Già, dopo tutto che è mai un genocidio? Perché chiedere riconoscimenti che ostacolano situazioni meno tese? E’ del tutto privo di senso che un ministro degli esteri si senta in obbligo non come espressione di un Paese, ma come cattolico, di scendere in campo a fianco del Vaticano per poi esprimere questo nulla storico morale. Riuscendo nel contempo a ottenere lo straordinario risultato di indispettire comunque la Turchia le cui ambizioni neo ottomane passano anche attraverso il negazionismo della questione armena e nel contempo a svalutare le parole di Papa Francesco facendole apparire nient’altro che la ripresa di posizioni già espresse da Wojtyla: in sostanza una bagatella anche se da 15 anni a questa parte molte cose sono cambiate e parole simili hanno valenze diverse se non addirittura contrastanti.  Molto più dignitoso tacere se si devono dire certe cose che suonano come la banalità del bene. Del resto Gentiloni da buon omminicchio è espressione dell’assenza di strategia  a cui porta la malleabilità di una morale non più doppia o tripla, ma occasionale, lavorabile come il pongo e che alla fine esiste solo come espressione di appartenenza a questo o a quel complesso di potere, nel caso specifico la chiesa cattolica.
Eppure Gentiloni è un gradino sopra i troppi quaquaraquà disposti ad ogni compromesso come è il caso di Sandro Gozi, il politico impomatato che pare sottratto precocemente al duro lavoro di bagnino in quel di Riccione. Lui, rammentando che  du è meglio che uan, dice che sul genocidio degli Armeni “non c’è una sola verità storica”. E che insomma due milioni di morti possono essere un’opinione. Una posizione del resto obbligata  viste le trattative per l’ingresso della Turchia in Europa: parlarne è dunque “inopportuno”. “Per noi che facciamo politica è meglio guardare ai problemi di oggi della politica. E con il governo della Turchia siamo impegnati a parlare di democrazia, diritti umani e di minoranze”. Pare che il nostro prezioso giacimento di frasi fatte non si sia accorto di Gezi Park, delle censure di Ankara, dei processi ai giornalisti, della sempre maggiore oppressione che viene esercitata sulla popolazione e che nemmeno abbia avuto sentore dell’appoggio a tutto tondo che la Turchia fornisce all’Isis. Ma già, lui è impegnato a parlare di democrazia, quella che anche a noi viene sottratta, nei rari momenti in cui non è in crisi di astinenza da gommina.
Non so a voi, ma a me questa gente restituisce un vago senso di nausea, forse anche superiore a quello che mi suscitano i padroni per i quali agiscono e dei quali del resto non potrebbero fare a meno come le statue di cera del loro sostegno metallico. Ma naturalmente non c’è una sola verità e dopotutto alle mosche potrebbero anche piacere.

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