Gli ex capi Pd, il tikitaka e il mio gatto
di Alessandro Gilioli, L'Espresso
Se c'è una cosa che la giornata di oggi ha segnato è stata non solo
la vittoria di Renzi ma anche la fine abbastanza grottesca della
cosiddetta dissidenza Pd, composta peraltro - con poche eccezioni - da
quasi tutta la vecchia dirigenza del partito stesso.
È stata un'agonia lenta: saltata agli occhi con il flop dell'incarico
di governo a Bersani, continuata con il pasticcio per il Quirinale del
2013, peggiorata nell'alleanza con Berlusconi per far nascere il governo
Letta, perpetuata dalla scialba candidatura di Cuperlo contro Renzi,
aggravata con un anno di opposizione interna tanto dura nelle parole
quanto incoerente nei comportamenti, terminata con la figura quasi
indicibile di oggi, una cinquantina di sedicenti dissidenti che
rientrano nei ranghi all'ultimo minuto (oh, ci sono i posti blindati da
trattare, al prossimo giro elettorale) e un'altra trentina che escono
dall'aula, compreso chi fino a ieri accusava Renzi di "minare la
democrazia" ma poi non ha avuto le palle per votare contro.
Il tramonto di questa ex classe dirigente piddina tuttavia era
iniziato molto prima e ha ragioni lontane. Affonda cioè le sue radici
quando è cominciata la politica dell'acqua tiepida, l'inseguimento di
Casini e Fini, i compromessi con cani e porci, l'appoggio a Monti - e
via suicidandosi. In fondo anche l'opposizione a Berlusconi dura a
parole ma morbida nei fatti non era tanto diversa dalla contrarietà
parolaia ma inane e inconcludente mostrata contro Renzi: stessa mancanza
di coraggio, stessa incoerenza tra parole e comportamenti. Alla fine,
si raccolgono i frutti dei semi che si sono gettati, e troppi anni di
tikitaka senza mai tirare in porta alla fine annoiano tutti.
Comunque quello che è successo oggi è stato un evento igienico,
cioè che fa pulizia di equivoci e fraintendimenti: il Pd è il partito
di Renzi e dei suoi, gli altri sono solo comparse un po' ridicole e
indecise a tutto, quindi alla favoletta del poliziotto buono che fa il
controcanto a quello cattivo non ci crede più nessuno.
Meglio così, almeno in questo.
Per il resto, se mi capitasse di leggere ancora su qualche quotidiano
un titolo sulle paurose minacce della minoranza dem al leader, mi
limiterò a usarlo per il fondo della lettiera del gatto - sperando che
il gatto non se ne abbia a male.
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