Tutto
va bene madama la marchesa. Per la verità va bene ormai da sette anni
di fila visto che le previsioni rosee dei governi non sono mai mancate,
così come non è mai mancata la regolare smentita dei fatti: basta
semplicemente andarsi a leggere i documenti di previsione sballati che
si sono succeduti con una regolarità rituale e salmodiante per essere
poi contraddetti. Quest’anno però siamo di fronte a una fiera
dell’irrealtà e dell’inganno senza precedenti: dopo i primi due mesi nei
quali è stato accertato il calo della produzione industriale, si
procede diritti e baldanzosi con la mescalina dello 0,7% in più del pil,
che semmai dovesse verificarsi non sarebbe altro che l’effetto dei
mutati criteri di calcolo in vigore dal settembre dello scorso anno.
Ma questo ovviamente sfugge ai cittadini e al piffero dei
commentatori che nemmeno accennano alla cosa: del resto i nuovi criteri,
quelli che immettono nel calcolo del pil criminalità, prostituzione,
spese militari, era stato deciso a Bruxelles proprio per simulare una
crescita che non c’era e non c’è da nessuna parte. Ed ecco perché,
mentre si vaneggia, prima delle regionali, di tesoretti recuperati nel
campo delle ipotesi fasulle, il governo parte all’attacco dei diritti
acquisti per le pensioni intorno ai duemila euro. Cambiano i nomi, i
venditori di fumo si ringiovaniscono, ma la merce è sempre quella
avariata e tossica che ci sta avvelenando.
Eppure che si stia assistendo al tramonto del paradigmi post caduta
del muro è evidente a tutti: a parte il caos geopolitico e i venti di
guerra, ci troviamo di fronte alla battaglia di Grecia che non potrà che
sancire o la sconfitta della democrazia per mano dell’Europa e delle
banche o la cacciata del Paese dalla moneta unica, in condizioni tali,
volute e preparate, da costituire un monito per gli altri. Ormai persino
i bookmaker inglesi hanno chiuso le scommesse su Atene nella certezza
di perdere. Dall’altra sponda dell’Atlantico, dove si spinge sempre di
più verso il trattato che darà campo libero al governo delle
multinazionali Usa sul nostro continente, cominciano a venire allarmi su
una imminente nuova crisi. E che le cose stiano arrivando alla cruna
dell’ago lo dimostra ciò che è avvenuto ieri in Svizzera: sono stati
venduti più di 200 milioni di titoli sovrani elvetici con un interesse
negativo dello 0,055%. Vale a dire che chi li compra accetta una perdita
piuttosto che un guadagno in vista di conservare in qualche modo il
capitale o magari di poterlo rivendere a prezzo superiore in vista dello
sfascio della zona euro. La cosa di per sé non è nuova, anzi
recentemente è avvenuto per i titoli tedeschi, ma simili operazioni
hanno sempre riguardato bond a breve scadenza: i titoli svizzeri con
interesse negativo sono invece a dieci anni ed è la prima volta in
assoluto che accade nel mondo, segno evidente che ci si aspetta un
disastro di lunga durata e dagli esiti incerti.
Ci troviamo dunque nel bel mezzo di una tempesta di non senso nella
quale ogni direzione è smarrita se non l’ostinazione di dire che fa bel
tempo per continuare nella demolizione della democrazia a colpi di job
act e di leggi elettorali, di Expo e di blindature politiche. Così non
ci dovrà apparire troppo strano che proprio l’Fmi nel suo word economic
report di aprile dica che non solo i cambiamenti nella regolamentazione
del mercato del lavoro non producono alcun effetto, ma portano a ridurre
la crescita potenziale, mentre la pubblicistica italiana turibola Renzi
con quotidiana regolarità e fa del job act la palingenesi del Paese.
Sperando che i fumi dell’incenso offuschino il panorama senza soffocarli
per la vergogna.
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