E'
un segnale rivelatore. Alla fine, i mercati non hanno voluto includere
il rischio di un default della Grecia. Inebriati dalla liquidità, fanno
mostra di un incrollabile ottimismo. Non c'è niente che riesca a
scalfire un simile ottimismo, nemmeno le cattive notizie che continuano a
susseguirsi. Destabilizzazione della penisola arabica, segnali di
rallentamento dell'economia mondiale, ecc., non hanno importanza,
l'indice VIX che misura la volatilità dei mercati, ossia il loro grado
di stress e di paura, rimane al suo livello minimo. Ben lontano dai
picchi raggiunti nel corso della crisi del 2007/2008. "L'idea stessa di
rischio sembra essere scomparsa dalla mente degli investitori. Come se
avessero sottoscritto presso la Banca Centrale un'assicurazione contro
tutti i rischi", ha osservato Christopher Dembik, analista della Banca
Saxo. Eppure, c'è qualcosa che non va.
"I mercati azionari vanno al massimo e vedono la vita tutta rosa,
mentre l'economia reale continua a dare segni di sofferenza. Qualcosa
non torna, qualcuno si sta sbagliando", analizza Véronique
Riches-Flores, economista indipendente.
I mercati non hanno memoria. Hanno dimenticato le crisi passate - la
crisi della borsa del 1987, la crisi monetaria del 1993, il collasso ed
il salvataggio in extremis dei fondi Long Term Capital Management,
così come la crisi della bilancia dei pagamenti dei paesi asiatici nel
1998, lo scoppio della bolla Internet nel 2001, e soprattutto quella che
è stata la più terribile, quella dei subprime e della cartolarizzazione
nel 2007/2008, nel corso della quale il sistema finanziario era quasi
esploso. Ora, i semi di una prossima crisi - impossibile, certamente, da
datare, ma potenzialmente assai più devastante - sono stati
probabilmente già seminati. E indubbiamente la cosa peggiore è proprio
l'attuale senso di falsa sicurezza che porta ad ignorare questi rischi.
Un rilascio di liquidità senza precedenti
E' stato Milton Friedman, al fine di evitare un collasso finanziario,
a suggerire un rilancio della liquidità, "sganciando denaro dagli
elicotteri". Le banche centrali hanno seguito le raccomandazioni del
maestro. A loro difesa, va detto che senza dubbio non avevano altra
scelta. La riserva federale americana in tal modo ha iniettato quasi
3.500 miliardi di dollari, e la Banca Centrale europea, da qui al
settembre del 2016, andrà ad acquistare 1.100 miliardi di euro di titoli
di Stato. Quanto alle altre banche centrali (Inghilterra, Giappone),
anch'esse non hanno fatto eccezione. In totale, il bilancio della banche
centrali è raddoppiato, passando da un po' meno del 3,5% a quasi il 6%
del PIL mondiale.
Problema: questo denaro che dovrebbe sostenere
l'economia non è ancora arrivato, al momento, ai suoi destinatari, le
imprese e le famiglie, attuando in tal modo una ripresa del credito. "Il
canale bancario su cui hanno contato le banche centrali non funziona
per niente bene. Tant'è che il finanziamento dell'economia non è più al
centro delle attività bancarie", analizza Jézabel Couppey-Soubeyran,
specialista di economia bancaria e finanziaria.
Da dov'è passato allora questo denaro? Nei mercati finanziari. Le
quotazioni azionarie a Wall Street in 5 anni sono raddoppiate, e a Tokyo
in due anni, mentre le borse europee hanno seguito lo stesso esempio
dopo che la Banca Centrale ha annunciato, a sua volta, l'attuazione di
misure non convenzionali. Ora, tali movimenti verso l'alto sono in gran
parte scollegati dalla realtà economica e da una crescita che non ha
niente di sfavillante. "Si è confusa la creazione monetaria con la
creazione di ricchezza", taglia corto l'economista Charles Gave.
Un'area di tasso d'interesse inedita
Questo afflusso di liquidità ha avuto come effetto quello di
schiacciare il tasso d'interesse a dei livelli storicamente bassi, quasi
vicino allo zero su quasi tutta la curva. Un'evoluzione desiderata
dalle stesse banche centrali. "Sono più di sei anni che la Federal
Reserve fornisce denaro gratuitamente. E la BCE ha fatto lo stesso. Ora,
quando il denaro non costa niente, si possono fare solo sciocchezze",
lamenta l'ex-banchiere Jean-Michel Naulot. Peggio ancora, a determinate
scadenze, i tassi sono perfino divenuti negativi. Una situazione che può
essere vista come aberrante, dal momento che arriva a far pagare al
creditore il prezzo della sua sicurezza. "Come può funzionare un sistema
economico senza una ricompensa per l'incertezza, legata al trascorrere
del tempo? Questo semplicemente non è possibile. Non ci troviamo più in
un mondo logico", stima Charles Gave.
In ogni caso, questa zona inedita di tasso d'interesse, e le sue
anomalie, ha avuto come effetto quello di falsare un buon numero di
calcoli economici e finanziari. E quindi di perturbare la razionalità
degli attori. "Gli investitori ìn cerca di rendimenti non li trovano più
per mezzo dei canali tradizionali. Valutando male il rischio, si
rivolgono a dei titoli sempre meno sicuri: junk bonds, azioni
speculative", osserva Christophe Nijdam, segretario generale dell'ONG
Finance Watch.
La finanza, sempre più un campo minato
Nel 2009, i leader del G20 avevano manifestato la loro volontà di
rimettere "al suo posto" la finanza, cioè a dire al servizio
dell'economia. Sei anni dopo, bisogna constatare che la sfera
finanziaria, sempre più ipertrofica, rivolta più che mai - e sempre più
velocemente - a sé stessa, senza altra considerazione che del suo
proprio interesse. "La finanza mondiale rimane un campo minato",
diagnostica l'esperto Paul Jorion. E un campo minato in continua
espansione. Il mercato dei derivati ammonta ormai a quasi 700mila
miliardi di dollari, ossia dieci volte il PIL mondiale.
Quanto allo "shadow banking" - questa finanza nell'ombra che sfugge
alla regolamentazione - esso continua a svilupparsi, spesso nello stesso
seno della finanza ufficiale. Sono apparsi dei nuovi strumenti, con un
forte potenziale destabilizzante, come il Trading ad alta frequenza, che
prima della crisi del 2008 praticamente non esisteva, e che ormai
rappresenta la metà delle transazioni. Inoltre, ci sono dei segmenti di
mercato che sperimentano nuove "mode" come i "repos" o i "prestiti di
titoli", in cui i titoli, per esempio dei debiti, possono servire da
garanzia per dei nuovi prestiti. Meccanismi dove la fertilità
dell'innovazione finanziaria fa a gara con la sua complessità. Un
cocktail che ci ricorda la cartolarizzazione che ha preceduto la crisi
dei mutui subprimes.
Le anomalie di una regolamentazione incompiuta
Un'altra promessa non mantenuta, quella di regolare il settore della
finanza. "Sono stati fatti due passi avanti ed un passo indietro.
Comunque, il cammino percorso non è stato sufficiente", analizza
Christophe Nijdam. "Le attività speculative delle banche non sono state
vietate", si allarma, a sua volta, Jean-Michel Naulot. Le lobby delle
banche e degli istituti finanziari hanno opposto una resistenza feroce
ad ogni tentativo di inquadramento. Sicché i famosi coefficiente
prudenziali di Basilea III, che si presumeva mettessero il settore al
riparo da una ricaduta, appaiono del tutto edulcorati. "Le banche hanno
guardato soprattutto alla valutazione dei propri rischi, cosa che
naturalmente le ha portate a minimazzare quest'ultimi. Risultato, i
cuscini dei fondi di capitale richiesti si sono rivelati insufficienti.
In ogni caso, il dispositivo completo della prevenzione dei rischi non
sarà operativo prima del 2019 e del 2020", dichiara Jézabel
Couppey-Soubeyran. Un quadro che lascia del tutto scettico Paul Joirion:
"Il livello delle riserve è stato deciso sulla base di una probabilità
gaussiana di incidente, cioè a dire secondo una curva a campana. Ora,
gli shock finanziari non rientrano affatto in questa categoria a causa
del loro carattere sistemico. Si è visto chiaramente con il fallimento
della compagnia americana di assicurazioni, AIG, nel 2008. Questa aveva
accumulato delle riserve intorno ai 4 miliardi di dollari. Ed è stata
spazzata via da perdite intorno agli 85 miliardi." Guardarail ben
fragili, i coefficienti prudenziali, che rassicurano a buon mercato, non
fanno altro che aumentare pericolosamente la sensazione di una falsa
sicurezza.
I segnali di un'esuberanza irrazionale
Sovrabbondanza di liquidità, schiacciamento dei tassi d'interesse,
sofisticazione degli strumenti finanziari, guarda-rail illusori. Sono
tutti elementi che spingono, di nuovo, "al crimine". Alcuni attori hanno
rinunciato alle pratiche a rischio molto elevato. Secondo le autorità
normative britanniche, più di un fondo speculativo su dieci attualmente
utilizza un effetto di leva finanziaria superiore a 50, ciò vuol dire
che si gestiscono delle posizioni di mercato che corrispondono a 50
volte le quantità di denaro che sono in gestione! Acrobazie senza rete.
"Attualmente, ho ritrovato a New York gli stessi segnali che avevo
osservato nel periodo che ha preceduto la crisi del 2007-2008: un
abbassamento generale della vigilanza, un'assunzione sconsiderata di
rischi, pratiche di collocazione del credito che non hanno alcun senso",
riflette Édouard Tétreau, manager di Mediafin.
E come nel 2007, il centro di questi eccessi sembra trovarsi negli
Stati Uniti. Secondo il premio Nobel Robert Shiller, grande esperto
della formazione delle bolle speculative, il PER (rapporto fra prezzi ed
utili) corretto del ciclo economico si è alzato, a Wall Street, fino a
27, un livello mai raggiunto prima salvo che nel ... 1929, 2000 e 2007.
Si vedono altri segnali "di esuberanza irrazionale", come la
moltiplicazione di "società zombie", per esempio nel biotech o nei
network sociali, capaci di aspirare capitale senza alcun risultato,
osserva Christopher Dembik. Ma è soprattutto il ritorno spettacolare dei
subprime e delle attività di riconfezionamento e cartolarizzazione dei
debiti che fa tornare alla mente il ricordo della crisi. "40% dei
crediti al consumo distribuiti sul mercato americano, sono destinati
alle famiglie ... insolventi", avverte Édouard Tétreau.
La minaccia assai reale di una crisi sistemica
Siamo pronti quindi a rivivere una crisi, tipo quella dei fondi del
mercato monetario che, nell'agosto del 2007, aveva interrotto
brutalmente il mercato interbancario internazionale? Una crisi di natura
sistemica quindi, in cui la caduta di un anello della catena coinvolge
tutti gli altri come in un gioco di domino. L'interconnessione fra gli
attori - e quindi la loro dipendenza degli uni dagli altri - non ha
smesso di crescere negli ultimi anni, ed ha ricominciato a provocare
sudori freddi ad alcuni osservatori.
Si formano dei veri e propri nodi. Sul mercato del "prestito di
titoli" e dei "repos", stimato a 20mila miliardi, uno stesso titolo può
essere rivendicato in media da due attori e mezzo, cosa che pone il
problema della sua attribuzione in caso di improvvisa richiesta di
liquidità. I difetti delle camere di compensazione del mercato dei
derivati costituiscono un'altra fonte di preoccupazione. Sono state
create una mezza dozzina di banche dati, ma non dispongono di registri
standardizzati, cosicché in caso di urgenza di dover definire le
posizioni, non sarà possibile farlo. Panico assicurato.
Quale sarà il detonatore?
Quale sarà questa volta il detonatore della crisi? Proverrà dalle
compagnie tedesche di assicurazione sulla vita che si sono assunte tutti
i rischi per mantenere le loro promessa di rendita al 3%, in un
contesto di tasso zero? Dagli scricchiolii del vasto mercato dei
"prestiti studenteschi" americani, la cui mancanza di tracciabilità
comincia a spaventare i professionisti più agguerriti? Oppure dalla
bomba ritardata del prossimo innalzamento dei tassi di interesse?
"Quando i tassi sono a zero, come lo sono oggi, il rischio di
sensibilità dei titoli alla risalita dei tassi si trova al suo massimo" -
ci ricorda Christophe Nijdam. "Un innalzamento dei tassi dallo 0%
all'1% provoca meccanicamente, in un'obbligazione a trent'anni, una
perdita di capitale del 26%, quasi il doppio dell'impatto di un
innalzamento dal 4% al 5%."
Una carneficina che potrebbe destabilizzare molti portafogli
obbligazionari, ivi compresi quelli istituzionali. L'innalzamento dei
tassi impatterà anche il mercato dei derivati, composto all'85% di
derivati dela tasso ... Stupore e tremore. Ma la crisi arriverà senza
dubbio da dove nessuno se l'aspetta, come il battito d'ali della
farfalla che provoca l'uragano a migliaia di chilometri. Quando
nell'ottobre del 2006, in una sperduta contea dello Stato della
California, il prezzo delle case registrò il suo primo abbassamento dopo
anni ed anni di boom immobiliare, nessuno prestava troppa attenzione ad
una tale informazione. Fu il punto di partenza di quella che doveva
diventare, qualche mese più tardi, la più grave crisi dopo quella del
1929.
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