mercoledì 22 aprile 2015

NON VEDO, NON SENTO, NON PARLO

Italicum, gli ‘esecutori’ di Renzi che pretendono di insegnare la democrazia

Ad evitare che qualcuno pensi che io mi riferisca alle graziosissime collaboratrici del governo renziano preciso subito che è proprio a tutto il fedelissimo entorurage renziano che specificamente mi riferisco, perché il blocco dei parlamentari renziani che sostengono a spada tratta le riforme che il capo del governo vorrebbe imporre al paese a qualunque costo si comporta proprio come le tre scimmiette di chiara fama: non vedo, non parlo, non sento.
Non vedo. Non riescono proprio a vedere quello che qualunque parlamentare veramente democratico (non semplicemente nel nome del partito) vedrebbe immediatamente, e cioè che è vero che in democrazia le maggioranze parlamentari hanno diritto di governare anche scontentando le opposizioni, ma è anche vero che avrebbero il sacrosanto dovere di farlo nell’interesse del popolo, non nell’interesse del partito o addirittura semplicemente del suo capo e dei suoi fedelissimi. Invece sia il grande capo che i suoi fedelissimi arrivano nei Tg di maggiore ascolto a spiegare la democrazia del pallottoliere: siamo di più, perciò comandiamo noi! Che è vero in qualche caso, ma non in questo. Perché in democrazia non è il capo del governo (potere esecutivo) che può imporre al Parlamento (potere legislativo) il passaggio di una legge. Lui può solo proporla e dare al Parlamento (e al popolo!) tutte le spiegazioni necessarie affinché i parlamentari, proprio perché senza vincolo di mandato (art.67 Costituzione), possano decidere in completa autonomia se appoggiare la richiesta del primo ministro o se respingerla per schierarsi più opportunamente dalla parte dei propri elettori (soprattutto quando si decide su una legge elettorale). Ma tanto questi parlamentari sono tutti stati scelti dai segretari di partito, mica dagli elettori, quindi cosa volete che glie ne importi a loro di quei sempliciotti elettori a cui basta rifilare in mano una scheda colorata contente dei nomi, spesso sconosciuti, per far loro credere che è stato pienamente consumato il sacro rito della democrazia.
Non parlo. quelli che parlano infatti sono sempre i soliti, la bellissima ministra che incanta tutti col sorriso ipnotizzatore, ma che non riesce mai a dire niente di veramente convincente per spiegare a chi non è rimasto ipnotizzato l’utilità delle sue riforme, e pochi altri che raccontano la disfida col linguaggio proprio delle tifoserie calcistiche. Furberia che magari è utile a mantenere calmi quelli che non s’intendono di politica, ma che è già stata sfruttata per vent’anni da Berlusconi. Adesso c’è bisogno di aria fresca e di riforme serie che, soprattutto per la legge elettorale, restituiscano al popolo l’intero potere di scelta sulle candidature. Tutti gli altri non parlano perche’ invece che essere i “rappresentanti del popolo” sono soltanto dei soldatini arruolati dai capi-partito di turno a rappresentare interessi sempre meno trasparenti, in quanto non supportati da alcuna ideologia e nemmeno da programmi politici chiaramente rappresentati alla nazione (come è diventato perfettamente evidente col famigerato “patto del Nazareno”). Col risultato che persino una già pessima legge elettorale (denominata appunto “porcellum”) vorrebbe ora essere sostituita da una, proditoriamente chiamata “Italicum”, che ha sostanzialmente le medesima qualità e caratteristiche democratiche della democrazia sovietica, dove i parlamentari eletti dal popolo erano liberi di votare le leggi … “consigliate” dal P.C.U.S.
Non sento. Non c’è peggior sordo di quello che non vuole sentire, recita un noto proverbio. Infatti Renzi e i suoi fedelissimi non vogliono proprio sentire e trattare con nessuno. Ormai, a parte il piccolo esercito di soldatini ubbidienti arruolati nell’ “invincibile armata” del condottiero fiorentino, tutti gli altri membri del Parlamento hanno già manifestato ampia contrarietà’ alla riforma dell’Italicum e altre, ma è come parlare alla luna, loro non sentono. Se Renzi fosse veramente pragmatico (come volle farci credere quando ha fatto lo storico sgambetto istituzionale al compagno di partito Letta) adesso avrebbe già trovato un punto d’incontro con i dissidenti del suo stesso partito e con gli altri leader politici, invece insiste sul suo inesistente diritto democratico di decidere a colpi di maggioranza e di decretini su riforme che sono invece assoluta prerogativa del Parlamento. Confermando in questo modo che ciò che gli ha consentito di conquistare la poltrona più alta di Palazzo Chigi era puro cinismo e arrivismo, non pragmatismo.

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