Rafael Mayoral, 40 anni, uno dei dieci saggi che compongono il Consejo de coordinacíon, massimo organo direttivo di Podemos
«Come avvocato della Pah ho imparato una lezione. Quando l’ordine
stabilito vuole preservare se stesso, cerca di instillare l’idea
che il cambio è impossibile. Però quando la maggioranza sociale si
unisce, l’ordine stabilito vacilla». Parla Rafael Mayoral, 40 anni,
uno dei dieci saggi che compongono il Consejo de coordinacíon
, massimo organo direttivo di Podemos. Ex avvocato della
Piattaforma contro gli sfratti (Pah), ricopre ora il ruolo di
Segretario delle relazioni con i movimenti sociali nel partito di
Pablo Iglesias.
Podemos dice di non riconoscersi nelle categorie politiche tradizionali. Il vostro non è un partito di sinistra?
Effettivamente rifiutiamo le
etichette di destra e sinistra, ormai usurate. Il Psoe, per esempio,
dovrebbe essere un partito di sinistra, però ha appoggiato la troika
e ha contribuito al disastro sociale spagnolo. Per noi la linea di
demarcazione non è tra destra e sinistra, ma tra forze che difendano
gli interessi dei grandi capitali e forze che agiscono a tutela
della maggioranza sociale. Una maggioranza, peraltro, composita:
la crisi non ha colpito solo gli operai o i settori sociali più
tradizionalmente legati alla sinistra, ma anche i liberi
professionisti, e persino la piccola e media imprenditoria.
Insomma, più che un’ideologia, noi difendiamo un nuovo modello di
paese, difficile da comprimere in categorie vecchie.
Come tanti militanti di
Podemos, lei viene dal Partido comunista e da Izquierda Unida. A che
cosa si deve questa migrazione di massa?
Uno dei motivi è che militanza in
queste formazioni si riduce spesso ad un’appartenenza simbolica,
tant’è che spesso risulta difficile partecipare ai processi
decisionali interni. Inoltre la sinistra tradizionale
manifesta, a mio giudizio, uno scollamento rispetto alla realtà
del paese. Attualmente, non mi pare che sia in grado di interpretare
e rispondere alle esigenze di cambiamento della società spagnola.
Parlando di
partecipazione: non c’è il rischio che il carisma e l’esposizione
di Iglesias oscurino la vocazione pluralista del vostro partito?
Non mi pare. Soprattutto in questa
fase, sia il partito – internamente — che la società hanno bisogno
di riferimenti politici stabili e forti e da questo punto di vista
Pablo sta facendo un lavoro magnifico. Inoltre, con le lezioni vicine,
le sue doti comunicative sono imprescindibili.
Come si posiziona Podemos rispetto all’Europa?
Siamo certamente favorevoli ad
un’Europa unita. Però la Ue non può essere il cortile del capitale
finanziario. Al contrario, dovrebbe essere uno spazio di
rappresentanza e di tutela degli interessi dei popoli e delle
nazioni. La Grecia ha avuto la dignità di rivendicare questi diritti
e di divincolarsi dalla stretta tedesca, mentre la Spagna resta
genuflessa al cospetto della Merkel. Non è un caso che i governi più
critici nei confronti delle decisioni greche, siano stati proprio
Spagna e Portogallo: né il nostro governo né quello portoghese
hanno interesse che dall’altro estremo del mediterraneo, giunga la
conferma che un altro modello d’Europa è possibile.
In che modo la traiettoria di Syriza sta influendo su quella di Podemos?
Innanzitutto la vittoria di Syriza
ha fatto sì che si consolidi definitivamente l’importanza e la
specificità dell’area geopolitica composta dai paesi dell’Europa
meridionale. Perciò l’affermazione di Tsipras non influisce solo
sulla realtà spagnola ma anche su quella degli altri paesi dell’area
mediterranea (a cui aggiungerei l’Irlanda). Con Syriza al governo,
la lotta dei paesi del sud Europa per modificare l’assetto del potere
sullo scacchiere comunitario è diventata più concreta. La Grecia,
oggi, è l’avamposto di un fronte comune su cui non solo la Spagna
è chiamata a battersi, ma anche l’Italia, il Portogallo, e tutti
i paesi prostrati dalle politiche di austerità.
Però non c’è una Syriza o un Podemos in Italia….
Ed è giusto che non ci sia. L’Italia
non ha bisogno di una replica di Podemos, perché la nostra è una
formazione legata alla realtà e al contesto spagnoli. Le
condizioni sociali per un cambio politico esistono ovviamente
anche in Italia e il rinnovamento democratico che esige
l’inadeguatezza delle attuali forze politiche è una necessità urgente
tanto in Spagna quanto altrove in Europa. Però ogni paese deve dare la
sua risposta specifica; deve trovare in autonomia la forma
politica più adatta a canalizzare queste istanze. Così come noi non
abbiamo ricalcato Syriza, l’Italia dovrebbe evitare di ricalcare
Podemos.
Come giudica l’avvicinamento della Grecia alla Russia?
Ogni paese sovrano ha il diritto di
intessere relazioni con altri stati. I vertici della Ue credono di
poter dettare le politiche estere ai paesi economicamente più
deboli secondo i loro interessi, ma di fatto si tratta di un’ingerenza
nelle scelte di un governo autonomo.
La questione dei
nazionalismi (Catalogna e Paesi Baschi su tutti) sarà cruciale per
l’esito elettorale. Qual è il punto di vista di Podemos?
Non temiamo le urne e quindi non ci
opporremmo ad un ipotetico referendum indipendentista, se
questa fosse la volontà del popolo catalano o basco. Però vorremmo
evitare di arrivare a tanto: Podemos propone un progetto
democratico e inclusivo, rivolto a tutti gli spagnoli. Stiamo
lavorando affinché anche catalani e baschi si uniscano questo
progetto di rinnovamento comune, per un paese unito nel rispetto
delle differenze e opposto alla gestione pseudonazionalista di
partiti come CiU, che fanno gli interessi del grande capitale
sfruttando il sentimento nazionalista. Non è con l’imposizione, ma
con il rinforzo della sovranità popolare e dei diritti per
i cittadini che si costruisce un’alternativa politica credibile al
secessionismo.
A urne chiuse, bisognerà aspettarsi alleanze con altri partiti?
Noi siamo pronti a dialogare con
chiunque, però collaboreremo solo con le forze politiche
e sociali che vogliano effettivamente difendere gli interessi della
maggioranza sociale. In ogni caso qualsiasi possibile alleanza,
sarà sottoposta al voto dei militanti.
Fonte:
il manifesto
| Autore:
Giuseppe Grosso
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