mercoledì 1 luglio 2015

Non è scomparsa la sinistra ma il suo popolo

16europa-manifestazioneSenza partecipazione popolare qualsiasi democrazia si trasforma in mero potere. Da qui la rivoluzione copernicana di Podemos
La vicenda della sini­stra di alter­na­tiva negli ultimi vent’anni è una vicenda di con­ti­nue fram­men­ta­zioni e suc­ces­sivi ten­ta­tivi di riag­gre­ga­zione di gruppi diri­genti. In que­sto pano­rama, la cate­go­ria di “liti­gio­sità” è assurta a prin­ci­pale canone inter­pre­ta­tivo. In base a que­sto canone, la ragione della man­canza in Ita­lia di un sog­getto di sini­stra pro­ta­go­ni­sta della vita poli­tica è ricon­dotta a scelte con­tin­genti di lea­der­ship inca­paci, per ragioni per lo più nar­ci­si­sti­che, di ricom­pat­tare ciò che le infi­nite scis­sioni ave­vano in pre­ce­denza diviso. 
“Unire la sini­stra” è il man­tra osses­si­va­mente ripe­tuto, spe­cial­mente in pros­si­mità di appun­ta­menti elet­to­rali. Ma i ten­ta­tivi finora ope­rati in que­sta dire­zione sono tutti naufragati.

Alla sini­stra è man­cato il popolo, e non sarà una riag­gre­ga­zione di sin­goli diri­genti di varia pro­ve­nienza a resti­tuir­glielo.
Nel corso della rivo­lu­zione neo-liberale, la poli­tica è stata ridotta nella per­ce­zione comune a mera cir­co­la­zione di élite, una visione che nella pra­tica ha fatto brec­cia anche a sini­stra. L’arduo lavoro di costru­zione di rap­porti di forza all’interno della società favo­re­voli alle classi subal­terne è stato abban­do­nato, illu­den­dosi che bastasse la som­ma­to­ria di spez­zoni di ceto poli­tico mar­gi­na­liz­zati dall’apparato domi­nante a rico­struire un per­corso col­let­tivo. La sicu­rezza di “avere ragione” è stata smen­tita sec­ca­mente ad ogni veglia elet­to­rale. 
E’ venuta meno quella che secondo Erne­sto Laclau è l’operazione poli­tica per eccel­lenza, e cioè la “crea­zione del popolo”. Che in que­sto con­si­stesse la poli­tica lo sapeva benis­simo Pal­miro Togliatti, quando si dedicò all’opera di costru­zione del “par­tito nuovo”, in essa facendo con­vo­gliare l’intero movi­mento delle masse subal­terne. Ed ai primi scric­chio­lii di quella costru­zione, nella seconda metà degli anni Ses­santa, la sini­stra poli­tica e sin­da­cale seppe ride­fi­nirsi: anche la sta­gione aperta dall’”autunno caldo” fu un mira­bile esem­pio di “costru­zione del popolo”.
La destra tardò ad ela­bo­rare una rispo­sta in ter­mini di con­tesa dell’egemonia al blocco sto­rico for­giato dalle lotte ope­raie e popo­lari, ma negli anni Ottanta mise sul tavolo una serie di ricette auto­nome desti­nate a pren­dere via via mag­gior campo. Cosa fu il refe­ren­dum sulla scala mobile, se non l’atto cul­mi­nante, cata­liz­za­tore, di un pro­cesso di crea­zione di un “popolo”, di un blocco sto­rico che a trent’anni di distanza non ha ancora per­duto la sua presa ege­mo­nica? Gli eredi di quella scon­fitta, invece, hanno oscil­lato tra l’accettazione supina delle parole d’ordine dell’avversario e la gestione della con­ti­nua ero­sione della pro­pria base sociale, fino alla sua estin­zione. Da qui, più che dai per­so­na­li­smi ed i nar­ci­si­smi, pare deri­vare l’attuale pul­lu­lare delle micro-organizzazioni della sini­stra politica.
Insomma: il tema del nostro tempo non è la scom­parsa della sini­stra. La tro­viamo decli­nata in mol­te­plici forme, ognuna orgo­gliosa della pro­pria diver­sità e sicura di essere la “giu­sta” sini­stra. Il tema del nostro tempo è la scom­parsa del popolo. Scom­parso dalle isti­tu­zioni, ormai prese in ostag­gio ad ogni livello da nota­bili e buro­crati. Scom­parso dalle urne, con un tasso di asten­sione che esclude dal pro­cesso demo­cra­tico quasi la metà degli aventi diritto. Scom­parso, soprat­tutto, dalla gestione del potere.
Ma non può esi­stere una demo­cra­zia senza popolo: die­tro alle appa­renze e alle for­ma­lità, senza con­trollo e par­te­ci­pa­zione popo­lare qual­siasi demo­cra­zia si tra­sforma in mero “potere” coer­ci­tivo, da altri eser­ci­tato
E’ quello che sta acca­dendo in Europa, dove la demo­cra­zia moderna è stata per la prima volta con­ce­pita e spe­ri­men­tata. Quote di potere sem­pre più lar­ghe sono state seque­strate ai popoli da parte di isti­tu­zioni finan­zia­rie ed oli­gar­chi­che, men­tre la poli­tica si accon­tenta di ammi­ni­strare il resto — spesso pie­gan­dosi anche in quel fran­gente ad élite eco­no­mi­che minori, ma non diverse per ideo­lo­gia e inte­ressi da quelle che diri­gono le isti­tu­zioni comunitarie.
E men­tre noi liti­ga­vamo per la tito­la­rità della “sini­stra”, sem­pre meno per­sone riu­sci­vano a com­pren­derne la sua natura più pro­fonda: quella del suo legame intimo con la rap­pre­sen­tanza e gli inte­ressi della gente comune. Oggi la nostra società sta attra­ver­sando una veloce tran­si­zione verso una vera e pro­pria depo­li­ti­ciz­za­zione di massa. Rie­mer­gono forme di espres­sione del disa­gio sociale tipi­che dell’epoca moderna, come le grandi jac­que­rie che cicli­ca­mente infiam­mano le peri­fe­rie delle metro­poli euro­pee. Fuori dai nostri cir­coli iper-politicizzati di reduci e appas­sio­nati di espe­rienze del pas­sato, la parola “sini­stra” signi­fica ancora qual­cosa per una parte sem­pre più resi­duale e mar­gi­nale della società. Una parte sem­pre più anziana e desti­nata pre­sto ad estin­guersi per man­canza di ricambio.
Pen­sare quindi di affron­tare que­sta situa­zione solo richia­man­dosi all’unità della sini­stra, alla sua sim­bo­lo­gia, alla sua sto­ria e alla sua tra­di­zione vuol dire non ren­dersi conto di quale sia il pro­blema che ci si pone davanti. Signi­fica, ad esem­pio, non aver capito nulla dell’insegnamento che ci arriva dalla Spa­gna — dove un gruppo “di sini­stra” è riu­scito a creare un movi­mento popo­lare di por­tata sto­rica com­piendo una rivo­lu­zione coper­ni­cana nel pro­prio lin­guag­gio, nella pro­pria sim­bo­lo­gia, nella pro­pria agenda politica.
Il punto di par­tenza, oggi, non può che essere la rico­stru­zione del popolo. Solo un pro­getto poli­tico che abbia come obiet­tivo il dare alle classi subal­terne uno stru­mento di par­te­ci­pa­zione e di riscossa è desti­nato ad avere suc­cesso e ad inver­tire le poli­ti­che eco­no­mi­che e sociali attual­mente ege­moni. E’ una cosa “di sini­stra” que­sta? Sì, certo. Biso­gna essere “di sini­stra” per con­tri­buire a rea­liz­zarla? No, basta essere dalla parte del popolo.
Tommaso Nencioni, Stefano Poggi - il manifesto

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