Oggi si riunisce l'assemblea dell'appello "Cambiare
si può!". In una intervista, le valutazioni di Giorgio Cremaschi.
Cosa pensi dell’appuntamento di sabato del “quarto polo”
Per rispondere a questa domanda prima devo fare una premessa. Siamo, in Italia, in una situazione politicamente e socialmente drammatica. Mentre il paese viene travolto dalla crisi economica abbiamo lo spettacolo di una classe politica di centrosinistra che si prepara a governare dalle platee di “X-Factor”. Mi sono voluto male l’altra sera ed ho guardato il confronto tra Bersani e Renzi, assistendo al vuoto assoluto. Il vuoto di contenuti, innanzitutto. Una continuità pura con la politica dei vent’anni del berlusconismo che si innesta sulla politica e sull’agenda europea di Monti. E’ questa, infatti, la sostanza che nessuno mette in discussione. Fanno spettacolo dicono mezze parole, ma la ciccia è il programma di Monti, l’austerità.
Il convitato di pietra…
Il problema è che il regime politico-mediatico che c’è oggi attorno al partito democratico, che è una cosa enorme, sta cancellando qualsiasi alternativa. La Cgil e il gruppo dirigente della Fiom sono stati riassorbiti entro le primarie in un ruolo di complemento. E questo crea un terribile vuoto politico che in parte viene occupato da Grillo, che è un’altra cosa, e in parte dall’astensione.
Torniamo alla prima domanda…
L’appello dei settanta per l’iniziativa di “Cambiare si può” ha molte cose positive, ma le dichiarazioni che hanno fatto e gli schieramenti che hanno evocato qualche dubbio lo lasciano. Il punto ruota attorno alla domanda se si fa l’alleanza di tutti quelli che non stanno con il centrosinistra, perché in fondo il centrosinistra non li vuole, o si fa una alleanza alternativa, oggi e domani, che rompe con Bersani e con Vendola? Una cosa che va oltre le elezioni del 2013, e si prepara a costruire, per dirla brutalmente, il conflitto duro con il governo Bersani-Monti, che sarà il futuro politico del nostro paese.
Non pensi che nella costruzione di questo fronte vada usata una qualche forma di gradualità?
Non è più tempo né di gradualità né di arcobaleni. Non è più tempo di unità delle sinistre e di partitini del lavoro. Una rottura radicale con l’Europa del fiscal compact e di Monti, no alla vergogna del decreto salva Riva che nasce con il consenso di gran parte del sindacato e del mondo politico. Tanto più forte saranno le rotture tanto sarà più netta sarà la posizione politica.
Cercherai o no una interlocuzione sabato?
Intanto, per l’interlocuzione bisogna che si sia in due. Siamo interlocutori se veniamo riconosciuti come tali. Per adesso non abbiamo sentito alcuna chiamata. Per quello che ci riguarda, non ci facciamo coinvolgere in un arcobaleno-due. Ci interessa costruire un fronte anti-Monti e contro chi lo sostiene. La mia impressione sul "quarto polo" è che all’inizio abbiano inseguito altre posizioni e che si stiano riconvertendo perché quella traccia non li ha portati da nessuna parte. Certo, chiederò di intervenire ma farò un discorso molto netto. Il modo di operare è che bisogna uscire da quella sinistra che fa gli appelli. Quel mondo lì non c’è più, è autoreferenziale. Bisogna costruire un’altra cosa che è l’opposizione a Monti. Se questa operazione serve a dare una vernice comune a Di Pietro che non ce la fa a fare l’accordo con il centrosinistra, e a Rifondazione che dopo la rottura con il Pdci è in difficoltà, fallirà clamorosamente. E farà solo danni. L’assemblea può servire se si sta ai contenuti dell’appello.
Ma la durezza della crisi finirà per spazzare via le posizioni politiciste no?
La durezza della crisi supera questo scenario, certo; ma bisogna mettere nel conto che si può anche essere travolti. Spero che questo serva a far riflettere. L’unica cosa da fare veramente è che bisognerebbe andare a Bruxelles e dire che disdettiamo tutti i patti e gli accordi . La durezza della crisi vuol dire affrontare i temi di fondo e fare un referendum sui trattati europei. La durezza della crisi vuol dire costruire una forza antagonista.
Ormai sono diversi mesi che l’esperienza “No debito” è in piedi. Che bilancio ne fai?
Intanto, abbiamo deciso per il 15 dicembre una assemblea a Roma dal titolo “Agenda no Monti” L’hanno promossa tutti quelli che hanno fatto il “No Monti day”. Per il resto, posso dire che in questo momento ci sono due panieri: il dare e l’avere. Nel paniere positivo ci sono due cose di fondo: la costruzione insieme ad altri delle mobilitazioni e la costruzione di contenuti precisi. Siamo stati i primi a dire che la questione del “No debito” avrebbe assunto un ruolo centrale. E non c’era ancora Monti. Al passivo c’è il fatto che non siamo riusciti a concretizzare tutto questo in una forza organizzata. Né sul piano politico né su quello sindacale. Purtroppo si lavora sul piano sindacale e sociale perché evidentemente sul piano politico c’è troppa confusione e difficoltà. Sul piano sindacale e sociale lavoreremo per costruire una forza antagonista al patto della produttività. La discriminante sarà tra chi non firma e chi firma ma tra chi lo gestirà e chi continuerà a combatterlo nei luoghi di lavoro e nei territori. Sul piano politico c’è la stessa difficoltà perché in questi mesi non si è riusciti a trasformare la piattaforma del 27 ottobre in una soggettività politica. Da una parte c’è chi va per una linea autonoma e dall’altra Rifondazione che va verso forze che il 27 ottobre non sono venute.
* controlacrisi.org
Per rispondere a questa domanda prima devo fare una premessa. Siamo, in Italia, in una situazione politicamente e socialmente drammatica. Mentre il paese viene travolto dalla crisi economica abbiamo lo spettacolo di una classe politica di centrosinistra che si prepara a governare dalle platee di “X-Factor”. Mi sono voluto male l’altra sera ed ho guardato il confronto tra Bersani e Renzi, assistendo al vuoto assoluto. Il vuoto di contenuti, innanzitutto. Una continuità pura con la politica dei vent’anni del berlusconismo che si innesta sulla politica e sull’agenda europea di Monti. E’ questa, infatti, la sostanza che nessuno mette in discussione. Fanno spettacolo dicono mezze parole, ma la ciccia è il programma di Monti, l’austerità.
Il convitato di pietra…
Il problema è che il regime politico-mediatico che c’è oggi attorno al partito democratico, che è una cosa enorme, sta cancellando qualsiasi alternativa. La Cgil e il gruppo dirigente della Fiom sono stati riassorbiti entro le primarie in un ruolo di complemento. E questo crea un terribile vuoto politico che in parte viene occupato da Grillo, che è un’altra cosa, e in parte dall’astensione.
Torniamo alla prima domanda…
L’appello dei settanta per l’iniziativa di “Cambiare si può” ha molte cose positive, ma le dichiarazioni che hanno fatto e gli schieramenti che hanno evocato qualche dubbio lo lasciano. Il punto ruota attorno alla domanda se si fa l’alleanza di tutti quelli che non stanno con il centrosinistra, perché in fondo il centrosinistra non li vuole, o si fa una alleanza alternativa, oggi e domani, che rompe con Bersani e con Vendola? Una cosa che va oltre le elezioni del 2013, e si prepara a costruire, per dirla brutalmente, il conflitto duro con il governo Bersani-Monti, che sarà il futuro politico del nostro paese.
Non pensi che nella costruzione di questo fronte vada usata una qualche forma di gradualità?
Non è più tempo né di gradualità né di arcobaleni. Non è più tempo di unità delle sinistre e di partitini del lavoro. Una rottura radicale con l’Europa del fiscal compact e di Monti, no alla vergogna del decreto salva Riva che nasce con il consenso di gran parte del sindacato e del mondo politico. Tanto più forte saranno le rotture tanto sarà più netta sarà la posizione politica.
Cercherai o no una interlocuzione sabato?
Intanto, per l’interlocuzione bisogna che si sia in due. Siamo interlocutori se veniamo riconosciuti come tali. Per adesso non abbiamo sentito alcuna chiamata. Per quello che ci riguarda, non ci facciamo coinvolgere in un arcobaleno-due. Ci interessa costruire un fronte anti-Monti e contro chi lo sostiene. La mia impressione sul "quarto polo" è che all’inizio abbiano inseguito altre posizioni e che si stiano riconvertendo perché quella traccia non li ha portati da nessuna parte. Certo, chiederò di intervenire ma farò un discorso molto netto. Il modo di operare è che bisogna uscire da quella sinistra che fa gli appelli. Quel mondo lì non c’è più, è autoreferenziale. Bisogna costruire un’altra cosa che è l’opposizione a Monti. Se questa operazione serve a dare una vernice comune a Di Pietro che non ce la fa a fare l’accordo con il centrosinistra, e a Rifondazione che dopo la rottura con il Pdci è in difficoltà, fallirà clamorosamente. E farà solo danni. L’assemblea può servire se si sta ai contenuti dell’appello.
Ma la durezza della crisi finirà per spazzare via le posizioni politiciste no?
La durezza della crisi supera questo scenario, certo; ma bisogna mettere nel conto che si può anche essere travolti. Spero che questo serva a far riflettere. L’unica cosa da fare veramente è che bisognerebbe andare a Bruxelles e dire che disdettiamo tutti i patti e gli accordi . La durezza della crisi vuol dire affrontare i temi di fondo e fare un referendum sui trattati europei. La durezza della crisi vuol dire costruire una forza antagonista.
Ormai sono diversi mesi che l’esperienza “No debito” è in piedi. Che bilancio ne fai?
Intanto, abbiamo deciso per il 15 dicembre una assemblea a Roma dal titolo “Agenda no Monti” L’hanno promossa tutti quelli che hanno fatto il “No Monti day”. Per il resto, posso dire che in questo momento ci sono due panieri: il dare e l’avere. Nel paniere positivo ci sono due cose di fondo: la costruzione insieme ad altri delle mobilitazioni e la costruzione di contenuti precisi. Siamo stati i primi a dire che la questione del “No debito” avrebbe assunto un ruolo centrale. E non c’era ancora Monti. Al passivo c’è il fatto che non siamo riusciti a concretizzare tutto questo in una forza organizzata. Né sul piano politico né su quello sindacale. Purtroppo si lavora sul piano sindacale e sociale perché evidentemente sul piano politico c’è troppa confusione e difficoltà. Sul piano sindacale e sociale lavoreremo per costruire una forza antagonista al patto della produttività. La discriminante sarà tra chi non firma e chi firma ma tra chi lo gestirà e chi continuerà a combatterlo nei luoghi di lavoro e nei territori. Sul piano politico c’è la stessa difficoltà perché in questi mesi non si è riusciti a trasformare la piattaforma del 27 ottobre in una soggettività politica. Da una parte c’è chi va per una linea autonoma e dall’altra Rifondazione che va verso forze che il 27 ottobre non sono venute.
* controlacrisi.org
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