Il segretario generale del Patto atlantico Rasmussen: "Faremo ciò che serve per difendere gli alleati
La Russia ci considera un nemico ci adegueremo". Ministro degli Esteri di Putin: "Soluzione pacifica"
La Russia ci considera un nemico ci adegueremo". Ministro degli Esteri di Putin: "Soluzione pacifica"
La
minaccia di guerra “non riguarda solo l’est dell’Ucraina”. Per questo
la Nato risponderà con un piano di intervento rapido, il “Readiness
Action Plan“, che assicurerà che l’Alleanza atlantica sia “pronta e
capace di difendere tutti gli alleati contro ogni attacco”. Il fronte
che al momento causa le maggiori preoccupazioni è quello ucraino e le
dichiarazioni rilasciate in giornata da Donald Tusk e da Anders Fogh
Rasmussen sono il termometro che misura l’aumento della temperatura
della crisi
La minaccia di guerra “non riguarda solo l’est
dell’Ucraina”. Per questo alle “molteplici crisi sui numerosi fronti” di
un “mondo che è cambiato” la Nato risponderà con un piano di intervento
rapido, il “Readiness Action Plan“, che assicurerà che
l’Alleanza atlantica sia “pronta e capace di difendere tutti gli
alleati contro ogni attacco”. All’escalation degli scontri tra le truppe
di Kiev e i separatisti filorussi (coadiuvati dalle truppe di Mosca)
nell’est dell’Ucraina, cui si sommano le fibrillazioni derivanti
dall’avanzata dello Stato Islamico nelle regioni del Medio Oriente,
corrisponde un aumento direttamente proporzionale della tensione in Europa occidentale. Mentre i toni del Cremlino si fanno sempre più duri (“Se voglio, prendo Kiev in due settimane“, avrebbe detto Vladimir Putin in una conversazione telefonica con Josè Manuel Barroso
secondo indiscrezioni di stampa) dal governo ucraino arriva l’ennesima
invocazione di aiuto (“In Ucraina è arrivata una grande guerra mai vista
dall’Europa dai tempi della seconda guerra mondiale – ha scritto su
Facebook il ministro della Difesa ucraino, Valeri Gheletei
– le perdite si conteranno non nell’ordine di centinaia ma di migliaia e
persino di decine di migliaia”), l’Alleanza Atlantica e l’Unione
Europea si preparano ad affrontare le nuove sfide.
Il fronte che al momento causa le maggiori preoccupazioni è quello ucraino e le dichiarazioni rilasciate in giornata da Donald Tusk e da Anders Fogh Rasmussen sono
il termometro che misura l’aumento della temperatura di una crisi cui
finora nessuno ha saputo trovare una soluzione. Con il beneficio di
inventario vengono prese le dichiarazioni del ministero degli esteri
russo, Serghiei Lavrov, che ha sottolineato come un
cessate il fuoco sia la soluzione necessaria per il conflitto ucraino.
Commemorando a Danzica il 75° anniversario dell’invasione della Polonia da parte della Germania nazista,
il premier polacco designato come prossimo presidente del Consiglio
d’Europa ha dapprima ammonito gli Stati dell’Ue che ”non possiamo
permettere che si ripeta un altro settembre 1939“;
quindi ha lanciato un memento: fra pochi giorni al vertice della Nato in
Galles i leader saranno chiamati a pensare insieme a una “nuova
politica per fronteggiare la minaccia della guerra, ormai non solo
nell’est di Ucraina”.
A dare un’idea precisa del livello di
tensione raggiunta nel continente è il segretario generale della Nato.
“Questo è un momento di crisi molteplici su diversi fronti: a est la
Russia interviene apertamente in Ucraina e a sud vediamo instabilità crescente, con stati fragili, conflitti settari, ascesa dell’estremismo“, ha detto Rasmussen in una conferenza stampa a Bruxelles.
Per affrontare le sfide la Nato accrescerà la visibilità della sua
presenza a est. Nel vertice in programma giovedì e venerdì prossimo a Newport, in Galles (dove, ha fatto sapere il premier britannico David Cameron, verrà affrontato anche il tema della minaccia costituita dallo Stato Islamico), sarà approvato un Piano di intervento rapido (Rap, Readiness Action Plan)
“per rispondere al comportamento aggressivo della Russia, ma anche per
consentire all’Alleanza di rispondere a tutte le sfide alla sicurezza,
dovunque esse si presentino”. “Dalla fine della guerra fredda abbiamo
cercato di creare una partnership fra la Nato e la Russia. Oggi oggi
constatiamo che la Russia non considera la Nato un partner ma un avversario. Ci adatteremo a questa situazione”, ha spiegato Rasmussen.
Per questo, e qui il segretario scende nei dettagli, “aumenteremo significativamente la capacità della nostra Forza di risposta” afferma Rasmussen, spiegando che sarà sviluppata “quella che noi chiamiamo una ‘punta di lancia‘”, un gruppo di intervento rapido
che “includerà diverse migliaia di soldati, pronti a rispondere
dovunque necessario, con il supporto di aviazione, marina e truppe
speciali”. Questa forza avrà a disposizione “strutture preposizionate” e
con strutture di comando dislocate nei paesi dell’est. “Questo –
aggiunge – significa una presenza più visibile nell’est per tutto il
tempo necessario. Faremo la Nato più adatta, veloce e flessibile per
adattarla ad ogni tipo di sfida alla sicurezza. Non perché la Nato
voglia attaccare nessuno”, ma per “far sì che ogni potenziale aggressore
sappia che siamo pronti a rispondere rapidamente se necessario.
Pensiamo che già questa abbia un fortissimo effetto deterrente per ogni
potenziale aggressore. Perché appena pensano di aggredire un alleato,
saprebbero che non avrebbero a che fare con le truppe nazionali di quel
paese, ma direttamente con truppe Nato”.
Resta caldo anche l’altro fronte di conflitto tra l’Occidente e la Russia, quello delle sanzioni.
Parlando al Bundestag, che ha detto sì a stragrande maggioranza sulla
mozione con cui si sostiene la decisione presa dal governo di inviare
armi ai curdi, Angela Merkel ha annunciato “nuove sanzioni” contro Mosca. La Commissione europea
è già al lavoro per preparare le nuove proposte. Una portavoce
dell’esecutivo di Bruxelles ha spiegato che “i lavori sono in corso
perché la Commissione possa presentare entro la scadenza di una
settimana, fissata dal Consiglio Ue, le proposte” di nuove misure contro
la Russia. Poi, ha aggiunto, “spetterà agli Stati membri prendere una
decisione”. Putin spera “che il buon senso prevalga e trionfi e che noi
possiamo lavorare normalmente. Auspico che né noi né i nostri partner
pagheremo costi troppo elevati per questi colpi”. Ma la cancelliera
tedesca è stata chiara: “Ho avvertito che questo potrà significare
qualcosa anche per le imprese tedesche. Ma il fatto che in Europa si
spostino i confini e si attacchino altri paesi con le truppe, dal mio
punto di vista costituisce un pericolo ben maggiore rispetto a
determinati svantaggi temporanei per l’economia”. La cancelliera ha
sottolineato che l’Ue rifiuta unanime una soluzione militare al
conflitto, “ma non si può neppure semplicemente accettare questo comportamento della Russia”.
Sul terreno, intanto, i combattimenti continuano. Le forze ucraine si sono ritirate dall’aeroporto di Lugansk,
in seguito a scontri con i separatisti filorussi: lo riferisce una
fonte militare ucraina, in quello che è l’ennesima denuncia di Kiev. “La
battaglia tra i paracadutisti ucraini e un battaglione rinforzato di
blindati delle forze armate russe sta continuando”, ha scritto sulla sua
pagina Facebook il portavoce militare, Leonid Matyukhin. Secondo il portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa ucraino, Andriy Lysenko, nelle ultime 24 ore sono 7 i soldati dell’esercito ucraino rimasti uccisi e 25 feriti durante gli scontri. Mentre sono 230 mila gli sfollati
costretti ad abbandonare le loro case nelle regioni di Donetsk e
Lugansk. Lo riferisce il Servizio statale delle situazioni di emergenza
ucraina, citato dall’agenzia Unian. Solo nelle ultime 24 ore 4725 hanno
dovuto lasciare le loro case nella zona dei combattimenti.
Dal Cremlino, intanto, come da tempo accade, arrivano propositi di pace e appelli alla moderazione. Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov - nel giorno in cui si tiene il vertice a Minsk
per creare un canale di contatto tra Kiev, Mosca e i separatisti - ha
annunciato che Mosca non interverrà militarmente in Ucraina e anzi ha
sottolineato che il Cremlino punta a una soluzione pacifica alla crisi:
l’obiettivo, per il capo della diplomazia russa, deve essere quello di
concordare immediatamente senza alcuna condizione il cessate il fuoco.
“Non ci sarà un intervento militare: noi siamo favorevoli a una
soluzione esclusivamente pacifica a questa gravissima crisi”, ha detto
Lavrov, che ha parlato inaugurando l’anno accademico nell’Istituto di
Relazioni internazionali di Mosca. Il ministro russo ha aggiunto che Usa
e Ue dovrebbero “chiedere a Kiev quello che chiedono in altri
conflitti: mettere fine all’impiego di armi pesanti e dell’aviazione
contro le città, contro la popolazione civile, e che non si distruggano
scuole e ospedali”.
I piani della Nato per un allargamento a est, verso i confini con la Russia, però al Cremlino danno molto fastidio: sono “assolutamente provocatori“,
ha detto ancora Lavrov. Secondo il ministro, “è necessario smettere di
dire che la sicurezza può essere garantita solo all’interno
dell’Alleanza e che se non sei membro correrai rischi, questa è una
logica datata che sfortunatamente i nostri partner non superano”. Per
questo, Lavrov li ha invitati “a guardare alla situazione in modo
ragionevole e onesto, superando gli stereotipi della Guerra fredda e mostrando volontà politica per fermare le accuse, iniziando a cercare un accordo ed un equilibrio di interessi”
LA NATO SI PREPARA AD AGIRE
La Nato non è mai stata ferma, è noto. Specie da quando è
crollata l'Unione Sovietica il suo statuto teoricamente "difensivo" si è
velocemente trasformato, diventando il centro motore delle alleanze
militari "ad hoc" costruite nel tempo contro quelli che gli Stati Uniti
si sceglievano come nemico momentaneo.
Ma i venti che spirano sul pianeta oggi sembrano assai più intensi. E
i nemici che ci si appresta a combatte hanno una consistenza diversa
dai regimi - principalmente arabi, ma senza dimenticare la Jugoslavia -
fin qui attaccati e frammentati dagli attacchi militari "asimmetrici".
E' questo l'annuncio che, tra le righe, ha fatto il cosiddetto
segretario generale uscente della Nato - Anders Fogh Rasmussen, danese,
che fa quasi ridere a vederlo definire "capo dell'alleanza" - in vista
del vertice di giovedì e venerdì prossimi, in Galles.
Un vertice che "si terrà in un mondo cambiato" e sarà un "summit
cruciale nella storia dell'Alleanza". Il quadro che ha descritto in modo
molto sintetico è noto, ma le definizioni che ha dato sono
interessanti: "questo è un momento di crisi molteplici su diversi
fronti: a est la Russia interviene apertamente in Ucraina e a sud
vediamo instabilità crescente, con stati fragili, conflitti settari,
ascesa dell'estremismo".
”Dalla fine della guerra fredda abbiamo cercato di creare una
partnership fra la Nato e la Russia. Oggi constatiamo che la Russia non
considera la Nato un partner ma un avversario. Ci adatteremo a questa
situazione”.
”Il piano di intervento rapido (Readiness Action Plan)
intende garantire che abbiamo le forze giuste e l’attrezzatura giusta al
posto giusto, al momento giusto. Non perché la Nato voglia attaccare
qualcuno, ma perchè i pericoli e le minacce sono più presenti e più
visibile. E faremo ciò che serve per difendere i nostri alleati”. Perché
non ci fossero equivoci sulla direzione d'attacco, ha aggiunto che la
Nato “sarà più visibile a est”.
Sulla stessa lunghezza d'onda il neonominato "presidente del
consiglio europeo", il polacco Donald Tusk, i leader penseranno insieme a
una ''nuova politica per fronteggiare la minaccia della guerra, ormai
non solo nell'est di Ucraina''. E ha cominciato anche a lui a rispettare
il patto stretto con Usa e Gran Bretagna, sottostante alla sua nomina,
paragonando la situazione attuale a quella dell'agosto 1939, alla
vigilia dell'esplosione della Seconda guerra mondiale.
Per un capo militare l'amnesia dovrebbe essere una malattia grave.
Chi è che ha reso "fragili" gli stati a sud del Mediterraneo e nel Medio
Oriente? La Nato, o alcune delle sue principali componenti. Ora quella
"instabilità locale" che sembrava l'uovo di colombo per chi vuole
"ordinare il mondo" si rivela un problema. L'altro nemico è storico,
anche se molto meno forte di prima: la Russia non vale davvero l'Unione
Sovietica. Ma la sua dotazione militare - sia convenzionale che nucleare
- non è davvero paragonabile a quella delle satrapie mediorientali fin
qui buttate nella polvere.
Detto in altro modo: se per affrontare l'Isis e il "terrorismo
fondamentalista" (ammesso e non concesso che la Nato voglia davvero
farlo, visti i precedenti) l'alleanza dovrebbe muoversi nel solo
ordinario della guerra asimmetrica (assoluta sproporzione di mezzi
tecnologici e potenza di fuoco), nel caso della Russia si avvicina
pericolosamente l'antico limite della "guerra simmetrica", ovvero tra
potenze di fuoco sostanzialmente (quanto agli effetti finali)
equiparabilli.
Qual è quel limite? Ma la vecchia cara Mad (Mutual assured destruction, ovvero "mutua distruzione assicurata"), chi altri?
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