lunedì 1 settembre 2014

APPRENDISTI STREGONI

Il segretario generale del Patto atlantico Rasmussen: "Faremo ciò che serve per difendere gli alleati
La Russia ci considera un nemico ci adegueremo". Ministro degli Esteri di Putin: "Soluzione pacifica"
"Crisi ucraina riporta la guerra in Europa" La Nato pensa a piano d'intervento rapido 
La minaccia di guerra “non riguarda solo l’est dell’Ucraina”. Per questo la Nato risponderà con un piano di intervento rapido, il “Readiness Action Plan“, che assicurerà che l’Alleanza atlantica sia “pronta e capace di difendere tutti gli alleati contro ogni attacco”. Il fronte che al momento causa le maggiori preoccupazioni è quello ucraino e le dichiarazioni rilasciate in giornata da Donald Tusk e da Anders Fogh Rasmussen sono il termometro che misura l’aumento della temperatura della crisi

La minaccia di guerra “non riguarda solo l’est dell’Ucraina”. Per questo alle “molteplici crisi sui numerosi fronti” di un “mondo che è cambiato” la Nato risponderà con un piano di intervento rapido, il “Readiness Action Plan“, che assicurerà che l’Alleanza atlantica sia “pronta e capace di difendere tutti gli alleati contro ogni attacco”. All’escalation degli scontri tra le truppe di Kiev e i separatisti filorussi (coadiuvati dalle truppe di Mosca) nell’est dell’Ucraina, cui si sommano le fibrillazioni derivanti dall’avanzata dello Stato Islamico nelle regioni del Medio Oriente, corrisponde un aumento direttamente proporzionale della tensione in Europa occidentale. Mentre i toni del Cremlino si fanno sempre più duri (“Se voglio, prendo Kiev in due settimane“, avrebbe detto Vladimir Putin in una conversazione telefonica con Josè Manuel Barroso secondo indiscrezioni di stampa) dal governo ucraino arriva l’ennesima invocazione di aiuto (“In Ucraina è arrivata una grande guerra mai vista dall’Europa dai tempi della seconda guerra mondiale – ha scritto su Facebook il ministro della Difesa ucraino, Valeri Gheletei – le perdite si conteranno non nell’ordine di centinaia ma di migliaia e persino di decine di migliaia”), l’Alleanza Atlantica e l’Unione Europea si preparano ad affrontare le nuove sfide.
Il fronte che al momento causa le maggiori preoccupazioni è quello ucraino e le dichiarazioni rilasciate in giornata da Donald Tusk e da Anders Fogh Rasmussen sono il termometro che misura l’aumento della temperatura di una crisi cui finora nessuno ha saputo trovare una soluzione. Con il beneficio di inventario vengono prese le dichiarazioni del ministero degli esteri russo, Serghiei Lavrov, che ha sottolineato come un cessate il fuoco sia la soluzione necessaria per il conflitto ucraino. Commemorando a Danzica il 75° anniversario dell’invasione della Polonia da parte della Germania nazista, il premier polacco designato come prossimo presidente del Consiglio d’Europa ha dapprima ammonito gli Stati dell’Ue che ”non possiamo permettere che si ripeta un altro settembre 1939“; quindi ha lanciato un memento: fra pochi giorni al vertice della Nato in Galles i leader saranno chiamati a pensare insieme a una “nuova politica per fronteggiare la minaccia della guerra, ormai non solo nell’est di Ucraina”. 
 A dare un’idea precisa del livello di tensione raggiunta nel continente è il segretario generale della Nato. “Questo è un momento di crisi molteplici su diversi fronti: a est la Russia interviene apertamente in Ucraina e a sud vediamo instabilità crescente, con stati fragili, conflitti settari, ascesa dell’estremismo“, ha detto Rasmussen in una conferenza stampa a Bruxelles. Per affrontare le sfide la Nato accrescerà la visibilità della sua presenza a est. Nel vertice in programma giovedì e venerdì prossimo a Newport, in Galles (dove, ha fatto sapere il premier britannico David Cameron, verrà affrontato anche il tema della minaccia costituita dallo Stato Islamico), sarà approvato un Piano di intervento rapido (Rap, Readiness Action Plan) “per rispondere al comportamento aggressivo della Russia, ma anche per consentire all’Alleanza di rispondere a tutte le sfide alla sicurezza, dovunque esse si presentino”. “Dalla fine della guerra fredda abbiamo cercato di creare una partnership fra la Nato e la Russia. Oggi oggi constatiamo che la Russia non considera la Nato un partner ma un avversario. Ci adatteremo a questa situazione”, ha spiegato Rasmussen. 
Per questo, e qui il segretario scende nei dettagli, “aumenteremo significativamente la capacità della nostra Forza di risposta” afferma Rasmussen, spiegando che sarà sviluppata “quella che noi chiamiamo una ‘punta di lancia‘”, un gruppo di intervento rapido che “includerà diverse migliaia di soldati, pronti a rispondere dovunque necessario, con il supporto di aviazione, marina e truppe speciali”. Questa forza avrà a disposizione “strutture preposizionate” e con strutture di comando dislocate nei paesi dell’est. “Questo – aggiunge – significa una presenza più visibile nell’est per tutto il tempo necessario. Faremo la Nato più adatta, veloce e flessibile per adattarla ad ogni tipo di sfida alla sicurezza. Non perché la Nato voglia attaccare nessuno”, ma per “far sì che ogni potenziale aggressore sappia che siamo pronti a rispondere rapidamente se necessario. Pensiamo che già questa abbia un fortissimo effetto deterrente per ogni potenziale aggressore. Perché appena pensano di aggredire un alleato, saprebbero che non avrebbero a che fare con le truppe nazionali di quel paese, ma direttamente con truppe Nato”.
Resta caldo anche l’altro fronte di conflitto tra l’Occidente e la Russia, quello delle sanzioni. Parlando al Bundestag, che ha detto sì a stragrande maggioranza sulla mozione con cui si sostiene la decisione presa dal governo di inviare armi ai curdi, Angela Merkel ha annunciato “nuove sanzioni” contro Mosca. La Commissione europea è già al lavoro per preparare le nuove proposte. Una portavoce dell’esecutivo di Bruxelles ha spiegato che “i lavori sono in corso perché la Commissione possa presentare entro la scadenza di una settimana, fissata dal Consiglio Ue, le proposte” di nuove misure contro la Russia. Poi, ha aggiunto, “spetterà agli Stati membri prendere una decisione”. Putin spera “che il buon senso prevalga e trionfi e che noi possiamo lavorare normalmente. Auspico che né noi né i nostri partner pagheremo costi troppo elevati per questi colpi”. Ma la cancelliera tedesca è stata chiara: “Ho avvertito che questo potrà significare qualcosa anche per le imprese tedesche. Ma il fatto che in Europa si spostino i confini e si attacchino altri paesi con le truppe, dal mio punto di vista costituisce un pericolo ben maggiore rispetto a determinati svantaggi temporanei per l’economia”. La cancelliera ha sottolineato che l’Ue rifiuta unanime una soluzione militare al conflitto, “ma non si può neppure semplicemente accettare questo comportamento della Russia”.
Sul terreno, intanto, i combattimenti continuano. Le forze ucraine si sono ritirate dall’aeroporto di Lugansk, in seguito a scontri con i separatisti filorussi: lo riferisce una fonte militare ucraina, in quello che è l’ennesima denuncia di Kiev. “La battaglia tra i paracadutisti ucraini e un battaglione rinforzato di blindati delle forze armate russe sta continuando”, ha scritto sulla sua pagina Facebook il portavoce militare, Leonid Matyukhin. Secondo il portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa ucraino, Andriy Lysenko, nelle ultime 24 ore sono 7 i soldati dell’esercito ucraino rimasti uccisi e 25 feriti durante gli scontri. Mentre sono 230 mila gli sfollati costretti ad abbandonare le loro case nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Lo riferisce il Servizio statale delle situazioni di emergenza ucraina, citato dall’agenzia Unian. Solo nelle ultime 24 ore 4725 hanno dovuto lasciare le loro case nella zona dei combattimenti.
Dal Cremlino, intanto, come da tempo accade, arrivano propositi di pace e appelli alla moderazione. Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov - nel giorno in cui si tiene il vertice a Minsk per creare un canale di contatto tra Kiev, Mosca e i separatisti - ha annunciato che Mosca non interverrà militarmente in Ucraina e anzi ha sottolineato che il Cremlino punta a una soluzione pacifica alla crisi: l’obiettivo, per il capo della diplomazia russa, deve essere quello di concordare immediatamente senza alcuna condizione il cessate il fuoco. “Non ci sarà un intervento militare: noi siamo favorevoli a una soluzione esclusivamente pacifica a questa gravissima crisi”, ha detto Lavrov, che ha parlato inaugurando l’anno accademico nell’Istituto di Relazioni internazionali di Mosca. Il ministro russo ha aggiunto che Usa e Ue dovrebbero “chiedere a Kiev quello che chiedono in altri conflitti: mettere fine all’impiego di armi pesanti e dell’aviazione contro le città, contro la popolazione civile, e che non si distruggano scuole e ospedali”. 
I piani della Nato per un allargamento a est, verso i confini con la Russia, però al Cremlino danno molto fastidio: sono “assolutamente provocatori“, ha detto ancora Lavrov. Secondo il ministro, “è necessario smettere di dire che la sicurezza può essere garantita solo all’interno dell’Alleanza e che se non sei membro correrai rischi, questa è una logica datata che sfortunatamente i nostri partner non superano”. Per questo, Lavrov li ha invitati “a guardare alla situazione in modo ragionevole e onesto, superando gli stereotipi della Guerra fredda e mostrando volontà politica per fermare le accuse, iniziando a cercare un accordo ed un equilibrio di interessi”

La Nato si prepara ad agireLA NATO SI PREPARA AD AGIRE

La Nato non è mai stata ferma, è noto. Specie da quando è crollata l'Unione Sovietica il suo statuto teoricamente "difensivo" si è velocemente trasformato, diventando il centro motore delle alleanze militari "ad hoc" costruite nel tempo contro quelli che gli Stati Uniti si sceglievano come nemico momentaneo.
Ma i venti che spirano sul pianeta oggi sembrano assai più intensi. E i nemici che ci si appresta a combatte hanno una consistenza diversa dai regimi - principalmente arabi, ma senza dimenticare la Jugoslavia - fin qui attaccati e frammentati dagli attacchi militari "asimmetrici".
E' questo l'annuncio che, tra le righe, ha fatto il cosiddetto segretario generale uscente della Nato - Anders Fogh Rasmussen, danese, che fa quasi ridere a vederlo definire "capo dell'alleanza" - in vista del vertice di giovedì e venerdì prossimi, in Galles.
Un vertice che "si terrà in un mondo cambiato" e sarà un "summit cruciale nella storia dell'Alleanza". Il quadro che ha descritto in modo molto sintetico è noto, ma le definizioni che ha dato sono interessanti: "questo è un momento di crisi molteplici su diversi fronti: a est la Russia interviene apertamente in Ucraina e a sud vediamo instabilità crescente, con stati fragili, conflitti settari, ascesa dell'estremismo".
”Dalla fine della guerra fredda abbiamo cercato di creare una partnership fra la Nato e la Russia. Oggi constatiamo che la Russia non considera la Nato un partner ma un avversario. Ci adatteremo a questa situazione”. 
”Il piano di intervento rapido (Readiness Action Plan) intende garantire che abbiamo le forze giuste e l’attrezzatura giusta al posto giusto, al momento giusto. Non perché la Nato voglia attaccare qualcuno, ma perchè i pericoli e le minacce sono più presenti e più visibile. E faremo ciò che serve per difendere i nostri alleati”. Perché non ci fossero equivoci sulla direzione d'attacco, ha aggiunto che la Nato “sarà più visibile a est”.
Sulla stessa lunghezza d'onda il neonominato "presidente del consiglio europeo", il polacco Donald Tusk, i leader penseranno insieme a una ''nuova politica per fronteggiare la minaccia della guerra, ormai non solo nell'est di Ucraina''. E ha cominciato anche a lui a rispettare il patto stretto con Usa e Gran Bretagna, sottostante alla sua nomina, paragonando la situazione attuale a quella dell'agosto 1939, alla vigilia dell'esplosione della Seconda guerra mondiale.
Per un capo militare l'amnesia dovrebbe essere una malattia grave. Chi è che ha reso "fragili" gli stati a sud del Mediterraneo e nel Medio Oriente? La Nato, o alcune delle sue principali componenti. Ora quella "instabilità locale" che sembrava l'uovo di colombo per chi vuole "ordinare il mondo" si rivela un problema. L'altro nemico è storico, anche se molto meno forte di prima: la Russia non vale davvero l'Unione Sovietica. Ma la sua dotazione militare - sia convenzionale che nucleare - non è davvero paragonabile a quella delle satrapie mediorientali fin qui buttate nella polvere.
Detto in altro modo: se per affrontare l'Isis e il "terrorismo fondamentalista" (ammesso e non concesso che la Nato voglia davvero farlo, visti i precedenti) l'alleanza dovrebbe muoversi nel solo ordinario della guerra asimmetrica (assoluta sproporzione di mezzi tecnologici e potenza di fuoco), nel caso della Russia si avvicina pericolosamente l'antico limite della "guerra simmetrica", ovvero tra potenze di fuoco sostanzialmente (quanto agli effetti finali) equiparabilli.
Qual è quel limite? Ma la vecchia cara Mad (Mutual assured destruction, ovvero "mutua distruzione assicurata"), chi altri? 

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