Roberto
Maroni, il politico famoso per avere solcato vent’anni di storia patria
senza mai dire nulla di ricordabile due ore dopo, torna sulle pagine
dei giornali per un episodio che gli fa ancora una volta onore. Invitato
da Expo 2015 a partecipare a una missione di finto lavoro in Giappone,
la versione lombarda dell’uomo invisibile avrebbe potuto rifiutarsi,
adducendo di avere cose ben più importanti da fare che andare a
rimpinzarsi di sushi in qualche albergo extraluxe del Sol Levante.
Invece, forse perché non aveva niente di così importante da fare, la
fronte più spaziosa della Lega ha accettato di mettere la faccia barbuta
sull’iniziativa, dichiarandosi disponibile a raggiungere Tokyo per
farne un sobborgo di Varese. A una piccola, insignificante condizione:
portarsi al seguito una delle sue assistenti, Mariagrazia Paturzo, che
secondo i soliti inquirenti malevoli sarebbe stata assunta nel simpatico
baraccone espositivo milanese per volontà dell’ex dito mignolo di
Bossi.
Maroni avrebbe potuto partire per Tokyo
in solitudine («depaturzizzato», direbbe lui). Oppure anticipare i 6500
euro necessari a coprire la trasferta della collaboratrice. Invece ha
preferito piegarsi alla soluzione più dolorosa: pretendere da Expo 2015
che la Paturzo paturzasse in Oriente a spese dei contribuenti
italo-padani. Vistosi incredibilmente rifiutare la richiesta, per
ripicca ha deciso di restare a casa pure lui. Perché da Formigoni non ha
ereditato solo la poltrona, ma anche la passione per i viaggi a sbafo.
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