Ad Auschwitz, uno dei monumenti più notevoli tra quelli dedicati alle
varie comunità degli internati è il cosiddetto «Memoriale
Italiano». Un paio di anni or sono le autorità polacche decisero di
chiuderlo al pubblico, nel silenzio del governo italiano,
e dell’Aned, in teoria proprietaria dell’opera. Pochi mesi fa la
sovrintendenza del campo, ormai museo, ha deciso di procedere alla
rimozione del Memoriale. La sua colpa? Quella di ricordare che nei
lager non furono soltanto deportati e sterminati gli ebrei, ma gli
slavi, i sinti, i rom, i comunisti insieme a socialdemocratici
e cattolici, gli omosessuali, i disabili. Quel Memoriale opera
egregia, alla cui ideazione, su progetto dello studio BBPR (Banfi
Belgiojoso Perussutti Rogers, il prestigioso collettivo milanese
di cui faceva parte Ludovico Belgiojoso, già internato
a Buchenwald) collaborarono Primo Levi, Nelo Risi, Pupino Samonà,
Luigi Nono…, ha dei «torti» aggiuntivi, come l’accogliere fra le sue
tante decorazioni e simbologie anche una falce e martello, e una
immagine di Antonio Gramsci, icona di tutte le vittime del
fascismo.
Ora, ai governanti polacchi, desiderosi di rimuovere il passato,
disturbano quei richiami, agli ebrei il fatto che il monumento metta
in crisi «l’esclusiva» ebraica relativa ad Auschwitz. Ed è grave che
una città italiana, Firenze, si sia detta pronta ad accoglierlo.
Contro questa scellerata iniziativa si sta tentando da tempo una
mobilitazione culturale, che si spera possa avere un riscontro
politico forte e oggi su questo si svolgerà nel Senato italiano una
iniziativa di denuncia promossa da Gherush 92-Committee for Human
Right e dall’Accademia di Belle Arti di Brera. Spostare quel monumento
dalla sua sede naturale, equivale a trasformarlo in mero oggetto
decorativo, mentre esso deve stare dove è nato, per il sito per il
quale fu pensato, a ricordare, proprio là, dietro i cancelli del
campo di sterminio, cosa fu il nazismo e il suo lucido progetto di
annientamento, che, appunto, non concerneva solo gli ebrei,
collocati in fondo alla gerarchia umana, ma anche tutti gli altri
popoli, giudicati essere «razze inferiori» come gli slavi, o i nemici
del Reich, comunisti in testa, o ancora gli «scarti» di umanità,
secondo le oscene teorie degli «scienziati» di Hitler.
Insomma, la rimozione del Memoriale, è una rimozione della memoria e un’offesa alla storia. Ebbene, l’atteggiamento dell’Aned e delle Comunità israelitiche italiane, che o hanno taciuto, o hanno approvato la rimozione del Memoriale (in attesa della sua sostituzione con un bel manufatto politicamente adattato ai tempi nuovi), appare grave.
E in qualche modo richiama le polemiche di questi giorni relative alla manifestazione romana del 25 aprile.
Insomma, la rimozione del Memoriale, è una rimozione della memoria e un’offesa alla storia. Ebbene, l’atteggiamento dell’Aned e delle Comunità israelitiche italiane, che o hanno taciuto, o hanno approvato la rimozione del Memoriale (in attesa della sua sostituzione con un bel manufatto politicamente adattato ai tempi nuovi), appare grave.
E in qualche modo richiama le polemiche di questi giorni relative alla manifestazione romana del 25 aprile.
Premesso che la cosa «si svolgerà di sabato», e dunque, come ha
pretestuosamente precisato il presidente della Comunità
israelitica romana, gli ebrei non avrebbero comunque partecipato,
la denuncia che «non si vogliono gli ebrei», è un rovesciamento
della verità: non si vogliono i palestinesi. Ed è grave l’assenza
annunciata dell’ANED, per la prima volta, anche se la bagarre si
è scatenata sull’assenza della «Brigata Ebraica». La quale ha le sue
origini remote niente meno in Vladimir Jabotinsky, sionista
estremista di destra con legami negli anni ’30 mai smentiti con
Mussolini, che convinse le autorità britanniche, nella I guerra
mondiale, a dar vita a una Legione ebraica. Nel II conflitto
mondiale, fu Churchill a lasciarsi convincere a organizzare un
Jewish Brigade Group, inquadrato nell’esercito britannico: 5000
uomini che operarono in particolare nell’Italia centrale,
contribuendo alla liberazione di Ravenna e di altri borghi. Ebbe
i suoi morti, e le sue glorie. Bene dunque celebrarla. Ma non fu né
avrebbe potuto avere un ruolo eminente, come sembrerebbe a leggere
certe dichiarazioni. Ma il fuoco mediatico supera il fuoco delle
armi. E che dire di ciò che avvenne dopo? Come storico ho il dovere di
ricordarlo. Quei soldati divennero il nucleo iniziale delle milizie
dell’Irgun e del Haganah — quelle che cacciarono i palestinesi
nella Nakba — e poi dell’esercito del neonato Stato di Israele, al
quale offrirono anche la bandiera.
Si capisce l’imbarazzo dell’Anpi di Roma, tra l’incudine e il
martello. Ma quando leggo che il suo presidente afferma che «i
palestinesi non c’entrano con lo spirito della manifestazione», mi
vien voglia di chiedergli se gli amici di Netanyahu c’entrino di
più. Altri hanno dichiarato in questi giorni che bisogna lasciar
parlare solo chi ha fatto la guerra di liberazione; ma se così
intanto andrebbero cacciati dai palchi tanti tromboni in cerca di
applausi; e soprattutto se si adotta questa logica è evidente che tra
poco non ci sarà più modo di festeggiare il 25 aprile, perché, ahimè,
i partigiani saranno tutti scomparsi.
E allora — visto l’articolo 2 dello Statuto dell’Anpi che rivendica un profondo legame con i movimenti di liberazione nel mondo — come non dare spazio a chi oggi lotta per liberarsi da un regime oppressivo, discriminatorio come quello israeliano, rappresentato ora dal governo di destra di Netanyahu? Chi più dei palestinesi ha diritto oggi a reclamare la «liberazione»? E invece temo si vada verso questo (addirittura in queste ore in forse a Roma) e i prossimi 25 Aprile ingessati e reistituzionalizzati.
E allora — visto l’articolo 2 dello Statuto dell’Anpi che rivendica un profondo legame con i movimenti di liberazione nel mondo — come non dare spazio a chi oggi lotta per liberarsi da un regime oppressivo, discriminatorio come quello israeliano, rappresentato ora dal governo di destra di Netanyahu? Chi più dei palestinesi ha diritto oggi a reclamare la «liberazione»? E invece temo si vada verso questo (addirittura in queste ore in forse a Roma) e i prossimi 25 Aprile ingessati e reistituzionalizzati.
Liste degli attacchi dell'Irgun durante gli anni '30 (da wikipedia.it)
Lista dal sito dell'Irgun
Nel sito web dell'Irgun che descrive il corso degli eventi in
quegli anni, molti degli attacchi sottostanti non sono neppure menzionati,
essendo l'attribuzione di questi atti contestata, mentre il sito web si assume
la responsabilità solo degli attacchi direttamente portati a termine
dall'organizzazione.
Di seguito è riportata la lista degli attacchi che sono stati
attribuiti all'Irgun e che sono avvenuti nel corso degli anni '30.
·
17 aprile 1938 - Un arabo è ucciso da una bomba esplosa in un caffè
a Haifa.
·
17 maggio 1938 - Un poliziotto arabo è ucciso in un attacco a un
autobus lungo il tragitto Gerusalemme-Hebron.
·
24 maggio 1938 - 3 arabi sono fatti oggetto di colpi d'arma da
fuoco e uccisi a Haifa.
·
27 giugno 1938 - Un arabo è ucciso nel cortile di un ospedale a
Haifa.
·
5 luglio 1938 - 7 arabi sono uccisi in numerosi scontri a fuoco a
Tel-Aviv.
·
Lo stesso giorno, 3 arabi sono uccisi da una bomba esplosa in un autobus
a Gerusalemme.
·
Lo stesso giorno, un arabo è ucciso in un altro attacco a
Gerusalemme.
·
6 luglio 1938 - 18 arabi e 5 ebrei sono uccisi da due bombe esplose
simultaneamente nel mercato arabo dei meloni a Haifa.
·
16 luglio 1938 - 10 arabi sono uccisi da una bomba in un mercato di Gerusalemme.
·
26 agosto 1938 - 24 arabi sono uccisi da una bomba in un mercato di
Giaffa.
·
27 febbraio 1939 - 33 arabi sono uccisi in attacchi multipli, 24 a causa di una bomba nel
mercato arabo nel quartiere dei Suq a Haifa e 4 da un'altra bomba nel mercato arabo delle
verdure a Gerusalemme.
·
Lo stesso giorno, 5 arabi sono colpiti da armi da fuoco e uccisi nel
corso di un raid nel villaggio di Biyar 'Adas.
·
12 giugno 1939 - Un ufficio
postale a Gerusalemme
è dinamitato
e un esperto di esplosivi britannico che tenta di disinnescare l'ordigno muore.
·
19 giugno 1939 - 20 arabi sono uccisi da cariche
esplosive montate su un asino in un mercato di Haifa.
·
Lo stesso giorno, 2 arabi sono colpiti da armi da fuoco e uccisi a
Lifta.
·
Lo stesso giorno, 6 arabi sono uccisi in vari attacchi a Tel-Aviv.
Sono riportate solo le operazioni conclusesi con la morte. L'Irgun
ha condotto almeno 60 operazioni durante questo periodo (Perliger e Weinberg
p. 101).
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