mercoledì 5 dicembre 2012

Non è una cerimonia degli addi

Ieri mi sono dimessa dal ruolo di coordinatrice del Circolo di SEL XXV Aprile di Roma. Il mio Circolo ha una grande bandiera all'ingresso. E' rossa, granata, con le frange. E' stato il vessillo di una brigata partigiana, Bandiera Rossa, trucidata dai nazisti dopo il tentato assalto al forte Tiburtino.
Le conigliere
A Roma c'era la resistenza e da Porta San Paolo fino alle strade periferiche che portavano all'Agro, Carlo Salinari e Valentino Gerratana, insieme a migliaia di donne e uomini tenevano il polso di una città esplosiva. Nel 1943 Pietralata era una borgata, crocevia di baracche pestilenziali dove i fascisti avevano deportato le prime famiglie dal centro storico, e in pochi anni diventerà la stazione d'arrivo dal sud di nuclei calabresi, pugliesi, siciliani, l'immensa baraccopoli di "tetra fama" descritta da Giorgio Caproni in un'inchiesta del 1946 sul "Politecnico": "Un popolo intero di diseredati e d gente "allontanata" dal cuore della città".
E' in questo suburbio di malattia, povertà e bellezza che nasceva una delle sezioni più popolose e combattive del PCI romano del Dopoguerra. Quel Circolo che ho coordinato nella mia prima esperienza in un partito politico, alla fine di un tempo che per me è remoto, finito ancor prima che arrivassi al liceo, in un lontanissimo 1989. Io posso dire di avere incontrato quel popolo in età avanzata, ho incrociato con i miei trent'anni queste persone fiere che hanno saputo trasformare - con le loro mani - le case grandi come "conigliere posate sulla segatura rossa e sudicia dell'Agro - scriveva Caproni - che da lontano sembrano casellari giudiziari, cubature d'uno scaffale anagrafico" in abitazioni dignitose, cooperative prima occupate e oggi ristrutturate, spettacolo di dignità.
Facendo politica in questo quartiere ho incrociato l'orgoglio di un popolo che ha saputo riemergere dalla polvere. Ho vissuto con i loro nipoti, seguendo i loro primi amori, i timori adolescenziali di essere rimaste incinte, solo perchè non conosco le regole elementari della contraccezione. Ho collaborato a creare un consorzio di cittadinanza, insieme a centinaia di persone. Oggi lascio questa comunità, con fatica, senso di liberazione, nostalgia e voglia di ritrovare il piacere dell'impegno politico. Nella testa mi rimbombano ancora le parole di ieri, un pomeriggio ricco di emozioni, desideri e paure. Interlocutori serrati e onesti, compagne di viaggio generose e curiose. Se non vi avessi incontrato oggi sarei meno ricca, insicura, preda di passioni tristi.
Dopo le primarie
Quella che sto raccontando non è una cerimonia degli addi, ma la promessa di ritrovarci dove già siamo. Ora è giunto il momento di dissipare le mistificazioni e superare la stupidità di questo tempo che soffoca la vita e le sue gioie sotto pregiudizi, abitudini, ipocrisie, tatticismi. E' da questo enorme polmone metropolitano che è diventata Pietralata, rosso granata e con le frange, che insieme a tanti da Venezia a Roma, da Firenze a Pavia, fuori da componenti o da appartenenze pregresse, abbiamo condotto in questi mesi una battaglia politica aperta dentro SEL sostenendo che bisognava proseguire nel compito fondativo che ci eravamo dati: costruire una forza di sinistra capace di assumersi la responsabilità di governo senza abbandonare i propri contenuti.
Questo voleva dire: da una parte discontinuità con il montismo e con le politiche di austerity, dall'altra incalzare il PD e assumere una posizione egemonica nel centrosinistra per spostare l'asse della coalizione o eventualmente cambiare direzione. La dirigenza ci ha risposto che sbagliavamo e che Vendola poteva vincere davvero le primarie. Vendola ha raggiunto invece un risultato tutto sommato modesto (14,7%), al di sotto di quello che era per lui l'obiettivo minimo (20%). E la sua presenza alle primarie non ha determinato una maggiore partecipazione: nel primo turno hanno votato 3 milioni di persone, un numero grande, ma al di sotto dei 4 che portarono Prodi a capo della coalizione del 2006. Nonostante questo non sembra si aprirà dentro SEL lo spazio per una riflessione aperta sulla strada intrapresa.
Noi siamo il Quinto Stato
Vivendo il conflitto dall'interno, in questi mesi è stato evidente quanto il deficit nella capacità di iniziativa politica di SEL dipendesse anche da una scarsa propensione al confronto, al dibattito interno e alla mancanza di processi decisionali condivisi. La capacità di iniziativa politica è legata infatti alla qualità della democrazia interna, a come stiamo assieme e dipende anche dalle regole che ci diamo. Oggi nascono nuovi progetti a sinistra, quello di "Cambiare si può" ad esempio, la candidatura a Sindaco di Roma di Sandro Medici. Speriamo che chi oggi promuove questo nuovo progetto non rincorra ma si faccia rincorrere dal centrosinistra e che questo percorso sia un passo verso un rinnovamento profondo della sinistra, perché la politica non sia più sequestrata da partiti e partitini, da personalismi e opportunismo. Ma non solo. C'è bisogno di grande immaginazione e generosità per impostare un progetto che non si esaurisca nel breve periodo e non sia autoreferenziale.
E questa è la strada più difficile. Perchè quella che oggi chiamiamo "sinistra" non si è mai confrontata con la trasformazione della società italiana avvenuta almeno dalla metà degli anni Settanta, proprio quando Pietralata si trasformava, faticosamente, da borgata in semi-periferia. Roma è stata trasfigurata da una rivoluzione economica e sociale, una nuova economia ha imposto nuove relazioni, lavori, significati, percezioni. E' emerso qualcosa che la "sinistra" non ha mai compreso: i bisogni, i tempi, la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori autonomi, i freelance, gli intermittenti, il protagonismo professionale, culturale, sociale di una larga fascia della popolazione attiva che chiamiamo Quinto Stato.
E' la condizione di quella che Sergio Bologna ha definito "ceti medi senza futuro", schiacchiati dalla precarietà, donne e uomini, studenti e ragazze, operatori della cultura, della cura alla persona, ricercatori senza futuro, atipici perché senza le garanzie e le tutele del lavoro dipendente. A Roma, come in tutte le città italiane, siamo ovunque, vite in affanno e inascoltate ma piene di enormi potenzialità, idee e competenze. Noi oggi viviamo in questo paese, i nostri quartieri hanno questi volti, e nessuno lo guarda in faccia, a cominciare dalla sinistra culturalmente subalterna: ieri ai dogmi dell'economia neoliberale, oggi a quelli opposti - ma convergenti - dell'austerità, del sacrificio, del ritorno ad una miseria che ci riporterà a quella Pietralata della guerra, quando al solo metterci piede Caproni sentiva una grande pietra opprimere il suo cuore.
Oggi dobbiamo avere il coraggio di una rivolta totale, e senza condizioni, contro questo agghiacciante ritorno al passato da cui le nostre madri e i nostri padri si sono già emancipati. Non so se queste nuove esperienze che stanno nascendo a sinistra riusciranno ad essere all'altezza di questa sfida. Di certo se lo vorranno dovranno rivedere molto di se stessi, a cominciare dai tempi della politica e della militanza, inconciliabili con la quotidianetà delle vite precarie. E di certo non basta enunciare un programma o semplici principi perchè il cambiamento giustamente evocato da tanti diventi realtà.
Bisogna tessere le reti, costruire pratiche, inventare percorsi, essere inflessibili nell'immaginazione di una vita migliore. Nel mio piccolo, uscire da SEL non significa smettere di lottare o cessare di provare a dare un contributo.

Fonte: Huffington Post | Autore: Monica Pasquino 

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