domenica 3 agosto 2014

No allo stravolgimento della Costituzione

No allo stravolgimento della Costituzione
No allo stravolgimento della Costituzione che il Governo Renzi, insieme con Forza Italia, vuole imporre nel clima di distrazione di un Paese in cui scuole, università, fabbriche e uffici stanno chiudendo

Le bugie che ci raccontano…

1. Prima bugia: non abbiamo una legge elettorale valida

Il Parlamento eletto nel febbraio 2013 con il “Porcellum” (L. 270/2005) è costituito tramite premio di maggioranza e soglia di sbarramento seguendo il sistema maggioritario, sistema che stravolge il principio base della democrazia rappresentativa. Gli eletti devono rappresentare fedelmente la composizione sociale, culturale, politica del paese (il Parlamento come “carta geografica” che raffigura in scala il territorio) e il voto deve essere libero, uguale, segreto, secondo il principio “una testa, un voto”. Esempio eclatante di tale stravolgimento sono appunto le ultime elezioni politiche: la coalizione “Bene Comune” (PD, SEL e altri) con il 29,55% di voti ottiene 340 deputati su 630 (il 53,96%), la coalizione guidata dal Pdl, con il 29,18% ne ottiene 124 (il 19,68%), il M5S, con il 25,56% 108 (il 17,14%), mentre altre forze politiche sono escluse dal Parlamento.
La sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme del Porcellum  riguardanti il premio di maggioranza e l'impossibilità per l'elettore di fornire una preferenza (“ferisce la logica della rappresentanza”).
Risulta dai primi di Gennaio in vigore una legge elettorale proporzionale con soglia di sbarramento al 4%: è dunque assolutamente falso che non ci sia una legge elettorale con cui votare.
Per migliorare tale legge e dare pieno valore al principio della rappresentanza, basta togliere la soglia di sbarramento.
2. Seconda bugia: abbiamo troppi rappresentanti che ci costano troppo
La Costituzione italiana prevede la centralità del Parlamento e la sua preminenza rispetto al Governo (Governo Parlamentare). Il sistema parlamentare italiano si caratterizza per il bicameralismo perfetto o paritario: nessuna Camera può vantare una competenza che non sia anche dell'altra.
Nella Costituzione il numero dei parlamentari è determinato in base al principio di una adeguata rappresentanza del corpo elettorale: un deputato ogni 80.000 abitanti e un senatore ogni 200.000. Nel 1963, con legge costituzionale si è fissato il numero di parlamentari con 630 alla Camera e 315 al Senato.
Se si pone l’assemblea elettiva, il Parlamento, e non l’esecutivo, il Governo, al centro della vita politica del Paese – come inequivocabilmente prescrive la Costituzione – è giusto e necessario che vi sia un numero adeguato di parlamentari che lavorino a tempo pieno nelle commissioni e in seduta plenaria all’attività legislativa e di controllo sull’operato dell’esecutivo.
La riduzione del numero dei parlamentari implica non solo una riduzione di rappresentanza, ma anche uno stravolgimento della Costituzione, dando priorità e centralità al Governo a discapito del ruolo del Parlamento, ridotto a camera di signorsì per decreti e disegni di legge governativi (come sta accadendo con la riforma costituzionale di Renzi).
Dal 1995 al 2004 gli stipendi dei parlamentari hanno avuto la massima impennata. Poiché sono decisi con regolamento parlamentare possono essere immediatamente dimezzati riportandoli complessivamente a livelli ragionevoli, come in altri paesi europei.

3. Terza bugia: l’urgenza della riforma serve a risolvere la gravissima crisi economica

L’Italia attraversa la crisi mondiale, economica e sociale più grave dal dopoguerra (persi dal 2007 un milione di posti di lavoro, crollo della domanda interna, perso ¼ del prodotto industriale, Pil -9%, chiusura quotidiana di piccole e medie imprese, pesantissimi tagli allo stato sociale) senza che si intravveda un’uscita dal tunnel. Ma il Governo Renzi, sostenuto dall’intervento di Giorgio Napolitano, ormai abituato a travalicare il suo ruolo costituzionale di Presidente super partes, impegna da mesi il Parlamento in un braccio di ferro su una riforma costituzionale superflua.
In uno Stato democratico le riforme della Costituzione si fanno in un clima di meditata riflessione, ampio dibattito e consenso sostanziale di tutte le forze politiche rappresentate. In uno Stato Democratico, le riforme costituzionali nascono dal Parlamento, e non su iniziativa del Governo.
Può essere legittimato a cambiare la Costituzione un Parlamento figlio di una legge elettorale incostituzionale?
Comitato per la difesa e attuazione della Costituzione,

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