venerdì 3 ottobre 2014

Del TFR e delle sparate di Renzi di francesco Samuele, Esseblog.it




L’Italia è in deflazione, e rischia di rimanervi anche nel 2015. Per un’economia debole come quella italiana, la deflazione rappresenta un grande rischio, com’è facile intuire. Ed ecco che, con una delle consuete boutades, il nostro “caro” premier Renzi che cosa s’inventa? Di aumentare le buste paga dei lavoratori attraverso la possibilità di inserirvi una parte del TFR (il 50%, pare) che annualmente il lavoratore matura.
Questa operazione nasconde un insieme di bugie e di pressapochismo, misto ad ignoranza vera e propria della materia, che non ha davvero pari. Procediamo con ordine.
1)    Che cos’è il TFR. Il Trattamento di Fine Rapporto è una delle conquiste più avanzate nello scontro tra capitale e lavoro; attraverso l’introduzione di tale strumento si riconosce, infatti, che il lavoratore abbia diritto ad una remunerazione non solo periodica (il salario), ma anche differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro: il TFR, appunto. L’importo che matura ogni anno è pari alla retribuzione annuale, comprensiva di tredicesima e quattordicesima, divisa per 13,5 (Esempio: per una retribuzione mensile pari a 1000 euro la quota di TFR annuale accantonata è 1037 euro). Ogni anno, il TFR maturato negli anni precedenti si rivaluta, in misura pari all’1,5% + ( o – , in periodo di deflazione) il 75% dell’ inflazione registrata nell’anno precedente.
2)    Chi possiede il TFR: esclusivamente i lavoratori dipendenti del settore privato, e lavoratori del settore pubblico, limitatamente alle categorie rientranti nel c.d. pubblico impiego contrattualizzato assunti dopo la data del 31/12/2000. Restano escluse tutte le forme contrattuali diverse: partite IVA, co.co.pro, etc.
3)   Il TFR per l’impresa: non è un costo reale. Il TFR è, infatti, in buona sostanza una posta contabile: l’impresa non lo accantona realmente, ma solo contabilmente utilizzando, invece, l’importo per autofinanziarsi: spende, insomma, i soldi che il lavoratore ha maturato utilizzandoli per le esigenze della propria azienda.
4)    Il TFR e la previdenza complementare. Dal 2007 le aziende del settore privato con almeno 50 addetti hanno perso la disponibilità del TFR, a seguito dell’introduzione dell’obbligo di scelta sulla sua destinazione; infatti, le possibilità sono due; o il lavoratore sceglie di destinarlo alla previdenza complementare, oppure l’impresa ha l’obbligo di far confluire l’importo maturato all’interno di un Fondo Tesoreria gestito dall’Inps.
5)     Le menzogne: sono tantissime, com’è facile capire. Il primo dato che emerge, in maniera chiara, da quanto precedentemente esposto è che la platea degli interessati dalla misura allo studio del governo Renzi non solo è ridotta (lavoratori dipendenti pubblici e lavoratori dipendenti privati operanti in aziende con meno di 50 addetti) ma, altresì, non ricomprenderebbe chi la crisi la sta vivendo in modo più pesante: il mondo del precariato. Anche sull’importo “sparato” da Renzi in conferenza stampa (100 euro in più, in media, per lavoratore) è facile obiettare, guardando l’esempio sopra riportato: ci vorrebbero oltre 2650 euro di stipendio lordo, percepito per quattordici mensilità, per determinare un importo di tfr che, al 50%, dia un importo mensile disponibile di 100 euro. Ma quanti sono i lavoratori dipendenti così fortunati? Ed infine: in un periodo in cui le piccole e medie imprese (come detto, fino a 49 addetti) sono in crisi di liquidità e con estrema difficoltà riescono a trovare aiuto e supporto da parte del mondo bancario (se non diniego assoluto, come accade alle PMI del settore edile, che stanno chiudendo a migliaia), privare tale settore di un importante fonte di autofinanziamento qual è il TFR significa costringerle alla chiusura od a rivolgersi allo strozzinaggio.
Ecco, dunque, smontato pezzo per pezzo il piano TFR: ancora una volta si cerca di fare il gioco delle tre carte con i soldi che, è bene ricordarlo, sono dei lavoratori e non dell’impresa o dello Stato; ancora una volta (come è stato già fatto con i famosi 80 euro) si vuole togliere con una mano per dare con l’altra con lo stesso risultato, un pugno di mosche per chi la crisi la sta vivendo sulla propria pelle.

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