venerdì 13 marzo 2015

«Syriza e Podemos, c’è vita a sinistra»



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A 79 anni, fre­sco della sua ultima fatica edi­to­riale (Seven­teen Con­tra­dic­tions and the End of Capi­ta­lism, Oxford Uni­ver­sity Press, New York), David Har­vey con­ti­nua a leg­gere i cam­bia­menti sociali con un occhio a Marx e l’altro ai movimenti.
Pro­fes­sor Har­vey, nel suo ultimo libro dichiara che di Marx sce­glie soprat­tutto l’umanismo rivo­lu­zio­na­rio e non il dog­ma­ti­smo teleo­lo­gico. Dove cer­care e tro­vare lo spa­zio poli­tico per realizzarlo?
Non c’è nulla da creare, è pieno di gente là fuori in disac­cordo con il mondo in cui vive, in cerca di una vita non alie­nata che recu­peri un signi­fi­cato. Penso che il pro­blema sia che la sini­stra sto­rica non ha tro­vato il modo di maneg­giare con cura que­sto movi­mento che può dav­vero cam­biare il mondo. Al momento que­sta ricerca di signi­fi­cato è stata appro­priata soprat­tutto da movi­menti reli­giosi (tipo gli evan­ge­lici), che poli­ti­ca­mente può tra­sfor­marsi in qual­cosa di com­ple­ta­mente dif­fe­rente. Penso alla rab­bia con­tro la cor­ru­zione, al fasci­smo in Europa o al radi­ca­li­smo Tea Party negli Stati Uniti.
 
Il libro si chiude con la discus­sione delle tre con­trad­di­zioni peri­co­lose (la cre­scita illi­mi­tata, il pro­blema ambien­tale, l’alienazione totale) e con alcune diret­trici di cam­bia­mento. È una spe­cie di pro­gramma o la rivolta si dovrà basare in una spe­cie di coa­li­zione liquida tra forme di discontento?
La con­ver­genza fra forme di oppo­si­zione sarà sem­pre fon­da­men­tale, ed è quanto abbiamo visto emer­gere nel movi­mento di Gezy Park a Istan­bul o per le strade del Bra­sile durante i Mon­diali di cal­cio. L’attivismo è fon­da­men­tale e di nuovo io penso che il pro­blema sia l’incapacità della sini­stra di cana­liz­zarlo. Per una serie di ragioni, ma soprat­tutto io credo per il non abban­do­nare l’enfasi tra­di­zio­nale sulla pro­du­zione, in favore di una poli­tica della vita quo­ti­diana. La poli­tica della quo­ti­dia­nità a me sem­bra il punto in cui svi­lup­pare ener­gie rivo­lu­zio­na­rie e dove già si mani­fe­stano atti­vità orien­tate alla defi­ni­zione di una vita non alie­nata che hanno a che fare con lo spa­zio di vita e non con lo spa­zio del lavoro. Stiamo comin­ciando a vedere i pro­dromi di que­sto pro­getto poli­tico con Syriza e con Pode­mos, che pure rivo­lu­zio­nari non sono, ma che susci­tano grande interesse.
Syriza sta reci­tando un ruolo tra­gico, nel senso clas­sico del ter­mine. Sta effet­ti­va­mente sal­vando l’euro (che ha gio­cato il ruolo di stru­mento di vio­lenza di classe), pur di difen­dere l’idea di Europa, una delle ban­diere della sini­stra degli ultimi decenni. Pensa che tro­verà lo spa­zio poli­tico o alla fine fallirà?
Non credo sia facile defi­nire cosa sia il suc­cesso o la scon­fitta in que­sto caso. Nel breve periodo, secondo molti cri­teri Syriza fal­lirà, ma credo che nel lungo periodo regi­strerà una vit­to­ria, per­ché ha posto sul tavolo le domande che sem­pli­ce­mente non potranno essere evase. La domanda è a que­sto punto sulla demo­cra­zia e cosa vuol dire demo­cra­zia quando Angela Mer­kel è diven­tata l’autocrate che decide dello stile di vita di tutti in Europa. Arri­verà il momento in cui l’opinione pub­blica gri­derà che i governi auto­cra­tici devono smet­terla. Alla fine se la Mer­kel e i lea­der euro­pei si arroc­che­ranno sulle loro posi­zioni spin­gendo la Gre­cia fuori dall’Europa (cosa che pro­ba­bil­mente acca­drà), le con­se­guenze saranno di gran lunga più grandi di ciò che essi pen­sano. In molti casi i poli­tici fanno crassi errori di cal­colo e penso che que­sto sia un caso.
Nel libro pre­vede un nuovo ciclo di rivolte. Eppure, se pas­siamo in ras­se­gna gli ultimi anni, la pri­ma­vera araba è stata un disa­stro e Occupy non è stata capace di tra­dursi in un feno­meno poli­ti­ca­mente effi­cace. Crede che la solu­zione stia in feno­meni come Pode­mos, capaci di cana­liz­zare poli­ti­ca­mente il movi­mento del 15-M?
Syriza e Pode­mos hanno aperto uno spa­zio poli­tico per­ché acca­dano cose nuove. Cosa? Non so pre­ve­dere. Certo ci sono le sini­stre anti-capitaliste che li accu­sano di «rifor­mi­smo». Può anche essere vero, ma sono forze che hanno pro­po­sto per la prima volta alcune poli­ti­che, e una volta preso quel cam­mino si aprono nuove pos­si­bi­lità. Se rompi per la prima volta il man­tra dell’austerità, se spezzi il potere della Tro­jka, allora poi crei lo spa­zio per pro­spet­tive nuove che pos­sono poi evol­vere. Credo che in que­sto momento la cosa migliore che ci pos­siamo augu­rare è qual­cosa di simile a que­sti par­titi in Europa, che ini­zino a defi­nire le alter­na­tive di sini­stra che man­cano. Pro­ba­bil­mente saranno popu­li­sti, con i limiti e i peri­coli del popu­li­smo, ma come ho affer­mato è un movi­mento: apre degli spazi ora e cosa si possa fare di que­sti spazi dipende dalla capa­cità nostra di chie­derci «ok adesso siamo arri­vati fin qui, che si fa?»
Crede che il neo­li­be­ri­smo sia stato solo una svolta e che il capi­tale post-crisi si orga­niz­zerà supe­ran­dolo o invece che sarà ripro­po­sto con mag­giore forza?
Direi che mai come in que­sto momento è stato così forte: infatti, cos’è l’austerità se non il tra­sfe­ri­mento di red­dito dalle classi medio-basse a quelle alte? Se si guar­dano i dati su chi ha bene­fi­ciato degli inter­venti dopo il 2008, si sco­pre che è stato l’1% o piut­to­sto lo 0,1%. Certo dipende da come defi­ni­sci il neo­li­be­ri­smo e la mia defi­ni­zione (un pro­getto di classe capi­ta­li­sta) forse è in parte dif­fe­rente da quella di altri stu­diosi. Quali sono state le regole del gioco instau­rate dopo gli anni Set­tanta? Per esem­pio, in caso di un con­flitto tra il benes­sere col­let­tivo e sal­vare le ban­che, si sal­vano le ban­che. Nel 2008 que­ste regole sono state appli­cate in modo chiaro: si sono sal­vate le ban­che. Si sarebbe potuto risol­vere facil­mente il pro­blema degli sfratti e del biso­gno delle per­sone di avere una casa, per poi risol­vere solo suc­ces­si­va­mente la crisi finan­zia­ria. Lo stesso è acca­duto in Gre­cia, alla quale è stato pre­stato un sacco di denaro che è finito diret­ta­mente nelle ban­che tede­sche e fran­cesi. Per­ché i greci dovreb­bero essere un inter­me­dia­rio nel tra­sfe­ri­mento dai governi alle ban­che? La strut­tura messa in piedi evita che sia la Ger­ma­nia a sal­vare diret­ta­mente le ban­che tede­sche e la Fran­cia le ban­che fran­cesi; senza la Gre­cia nel mezzo la dire­zione sarebbe stata evi­dente, men­tre così sem­bra che sia la Gre­cia a essere stata trat­tata con gene­ro­sità con tutto quel flusso immane di soldi, che invece sono finiti diret­ta­mente nelle banche.
Ha citato l’1%. Al di là dello slo­gan for­tu­nato, e come mar­xi­sta, crede ci sia un ele­mento ana­li­tico in que­sta for­mula o in qual­che modo disto­glie lo sguardo dal con­cetto della lotta di classe?
Se accet­tiamo dav­vero il mate­ria­li­smo storico-geografico, allora dob­biamo rico­no­scere che le con­trad­di­zioni sono in evo­lu­zione e lo stesso devono fare le nostre cate­go­rie. Ecco quindi l’1%. Occupy ha vinto nel riu­scire a intro­durre que­sto con­cetto nel lin­guag­gio. Ed è chiaro che l’1% ha otte­nuto la mag­gior parte della ric­chezza, come mostra Piketty, come mostrano tutti i dati. Tra­dotto, l’1% vuol dire che abbiamo creato un’oligarchia glo­bale, che non coin­cide con la classe capi­ta­li­sta, tut­ta­via ne rap­pre­senta il cen­tro. È una spe­cie di parola chiave, che serve a espri­mere cosa dice, fa e pensa l’oligarchia globale.

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