La miseria ha la faccia tonda di una signora, in fila davanti a me,
che chiede alla cassiera del supermercato quanto costano un paio di
occhiali da lettura e che, ottenuta come risposta "1 euro", solleva gli
occhi verso suo marito accompagnando lo sguardo con un sorriso
implorante. La miseria ha la faccia di suo marito che le prende quegli
occhiali dalle mani, ci pensa qualche secondo, poi restituendole il
sorriso li appoggia sul nastro e dice alla cassiera di aggiungerli al
conto che, alla fine, sarà di 11 euro e qualche spicciolo. La miseria
sono le mani screpolate di quest'uomo che apre il portafogli tira fuori
una banconota da 10 euro e cerca nella tasca degli spiccioli per
racimolare quello che manca. Cerca e cerca, tira fuori monetine di rame e
un paio di metallo dorato le mette una vicino all'altra e no, non ci
arriva. Non lo so quanto gli manchi, ma so quello che vedo: la
frustrazione e il dolore di un uomo che tra un attimo dirà a sua moglie
che quegli occhiali non li possono comperare. "Mi dispiace", lo sento
dire, mentre sono già lì con le mani nella borsa a cercare il mio
portafogli per tirare fuori la differenza. E mi viene da piangere.
Sono
lì in fila alla cassa del super, carica di 4 confezioni di filetti di
nasello che costituiranno i pasti del mio cagnolino per una decina di
giorni e che da sole costano più di tutta la spesa di quella famiglia, e
mi viene da piangere e mi vergogno come una ladra. Prendo in mano una
manciata di spiccioli e dico al signore e a sua moglie che la differenza
la metto io, che non si preoccupino, ci incontreremo di nuovo e mi
offriranno un caffè. Provo anche a stiracchiarmi la bocca in un sorriso,
ma mi sa che il mio tentativo sia un po' deludente. Il signore e sua
moglie mi guardano, loro sì che mi sorridono davvero, e lui, gentile, mi
risponde che no, gli occhiali li prenderanno un'altra volta, grazie del
pensiero. Io abbasso gli occhi sulla mia mano e guardo le mie monetine,
le ricaccio nel portafogli e vorrei trovare le parole per scusarmi, che
non volevo umiliarli, ma che conosco la tristezza di non vedere
appagato un piccolo desiderio e che la so riconoscere quando la
incontro.
Invece me ne resto muta con le mie scatole di nasello
strette al petto e li guardo mentre iniziano a infilare in una vecchia
sportina di plastica un po' bucherellata quello che hanno comperato: un
filone di pane, una confezione di prosciutto cotto, un barattolo di
olive, due scatolette di una marca sconosciuta di tonno e una busta di
insalata. "Così allora sono 10 euro e 38", spiega la cassiera che ha le
unghie di plastica, ricamate in maniera impossibile. "Tolga queste, per
favore", sento dire all'uomo mentre le restituisce le olive e le
consegna la banconota da 10 euro, ottenendone in cambio qualche
centesimo e neanche un buonasera dalla cassiera che mi fa segno di
spicciarmi, è il mio turno di pagare. Ma io sono un po' imbambolata a
guardare la signora che sta imbustando la sua spesa con la lentezza
dello sfinimento. Lavora piano con le mani, appoggia delicatamente ogni
pezzo mentre io, che mi sono svegliata e ho già pagato le mie scatole di
nasello, le caccio alla rinfusa nella sportina nuova che ho chiesto
alla cassiera con gli artigli.
Prima di andarmene e assicurare
così al mio cane un discreto sostentamento per un po' di giorni, mi giro
a salutare la signora. E non lo faccio perché mi accorgo che ha gli
occhi lucidi e le tremano un po' le mani, forse è per questo che
infilava le sue cose nella busta con tanta lentezza. Suo marito la
lascia armeggiare. È tranquillo, mi viene da pensare al dolore che sta
dietro quella tranquillità. Mi viene da pensare alla consuetudine delle
piccole rinunce alla quale devono essere allenati entrambi. Passerà.
Passa sempre, si solidifica in una nuova frustrazione che si
ammonticchia su quella precedente e prepara il posto a quella
successiva.
Sto zitta, per oggi ho già detto abbastanza, ho già
dato un bel contributo a far venire gli occhi lucidi a quella signora.
Me ne vado a testa bassa e con la vergogna che solo una borghese piccola
piccola come me può provare davanti all'ingiustizia della miseria.
"Arrivederci signorina, grazie sa", il signore mi tira per una manica
mentre inalbera un sorriso che non mi so spiegare, che vorrei evitare
perché è una lezione che non avrei voluto imparare. "Ma no, grazie di
cosa, anzi mi scusi, davvero. Arrivederci a lei".
Meno male che
fuori è buio e che la mia macchina ha la luce interna fulminata perché a
me non piace farmi vedere piangere, e del resto non piango mai. Oggi
però faccio un'eccezione. Mi sento vecchia, mi sento stanca, ma so che
non piango per questo. Piango per tutte quelle volte in cui quella
signora e suo marito hanno lasciato indietro un barattolo di olive e un
paio di occhiali da 1 euro, piango perché mi ricordo che io da giovane
volevo fare la rivoluzione e cambiare il mondo e asfaltare le
ingiustizie. Perché volevo cancellare la miseria dal mondo e vaccinarmi
affinché mai mi toccasse. E invece a 41 anni la miseria la incontro
ancora, la incontro più di prima. L'ho anche conosciuta: è stata la
coinquilina della mia vita non troppi anni fa quando ero io a chiedere
alla cassiera di un altro supermercato di togliere un barattolo di
olive. Ma io ero giovane (e a essere sincera lo sono ancora), un lavoro
che mi consentisse di assicurarmi il pane quotidiano prima o poi lo
avrei ritrovato.
Ma quei due signori no: sono vecchi e magri e
dritti come giunchi e per loro il futuro non riserva lavori promettenti e
magari ben pagati. Riserva pensioni minime da fame, pensioni che
impongono rinunce senza fine: ieri era un paio di occhiali e un
barattolo di olive, domani sarà una visita specialistica a pagamento o
un paio di scarpe buone.
Metto in moto, faccio manovra e vado a casa, per oggi il brutto della vita l'ho già avuto.
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