Il
mito della modernità è la minestra surgelata che ci viene servita tutti
i giorni alla mensa dei media, un minestrone in cui galleggia di tutto e
di più: dall’arroganza anagrafica che privilegia l’anno di nascita alla
capacità e all’intelligenza, alla sfrontata distruzione di diritti e
welfare come se fossero relitti di un ridicolo passato. La modernità o
contemporaneità -a seconda degli ambiti – è di fatto un pezzo di
ideologia, una sotto struttura del neoliberismo che fa del presente
l’unica dimensione temporale possibile e si traduce nel nuovismo ossia
nell’idea che le qualità delle cose abbia una sola dimensione : nuova o
vecchia. Dove nuovo è sinonimo di positivo e vecchio di negativo, a
prescindere che si tratti delle riforme o della insulsa trovata di uno
chef.
Venuta a mancare l’idea di progresso o di evoluzione storica questa
ermeneutica temporale da cartone animato è l’unica plausibile. Un
effetto secondario, ma perverso è che qualunque cavolata, purché appunto
si presenti come cavolata nuova, è benvenuta come sintomo di
rinnovamento. E’ l’ accoglienza data alla sublime trovata di Poletti il
quale dice che le vacanze scolastiche sono troppo lunghe e che gli
studenti se ne vanno “a spasso per le strade della città” invece di fare
formazione scaricando cassette ai mercati. Cazzata stratosferica e
perciò stesso immediatamente ripresa dai media mainstream che si sono
affrettati a sottolineare che le vacanze in Italia sono più lunghe che
altrove e che la “formazione” è necessaria, nei lavori stagionali
naturalmente. Così quella che doveva essere una società del sapere, si
trasforma in una società di futuri facchini, dove i giovani sono
allenati allo schiavismo morbido invece che all’approfondimento di ciò
che studiano.
Naturalmente il fatto che le vacanze scolastiche in Italia siano più
lunghe che altrove è una cavolata, detta tra l’altro a cuor leggero
visto che sono ben altre le menzogne che vengono propinate:
semplicemente non tengono conto che dappertutto ai due mesi o al mese e
mezzo in estate , sono da aggiungere oltre alle vacanze di Natale, anche
quelle autunnali , invernali e primaverili. Basta il fare il conto per
vedere che alla fine i giorni di scuola in Italia sono parecchi di più
che negli Usa, in Francia o in Gran Bretagna. A volte superiori di un
terzo .
Quanto al resto… ai miei tempi per raggranellare qualche soldino ho
fatto due campagne estive negli zuccherifici Eridania e per tre anni
sono andato a distribuire elenchi telefonici, senza che questo abbia
avuto alcuna parte nella mia formazione, se non quella di rendermi
chiarissimo lo sfruttamento sul lavoro. Se lo avesse fatto anche il
ministro Poletti, politico da subito ad onta di un diploma di perito
agrario e relativo grondante retorica popolar – contadina lontanissima
dalla realtà, forse avrebbe evitato di essere al dicastero del lavoro
per umiliare il lavoro e renderlo precario come una campagna estiva,
come i lavoretti da studenti. Qualcuno ha fatto notare che l’uscita
dell’ex cooperatore aziendalista infrange il mito della modernità, per
fare un tuffo nel piccolo mondo antico dove l’esperienza del lavoro
giungeva molto prima, la scuola dell’obbligo era una bestemmia e il
lavoro minorile la normalità.
In realtà però non è così, Poletti non dice e non fa nulla di diverso
rispetto alle stelle polari dell’esecutivo Renzi e della governance
europea con i suoi diktat: presenta come nuovi e moderni i topoi sociali
di un secolo addietro, cancellando di un balzo tutte le conquiste
fatte, ma anche il senso che si era affermato come quello tipico delle
società occidentali, ossia di essere destinate più che a un lavoro
manuale e/o ripetitivo a uno di sempre maggior contenuto di sapere. Il
“compagno” Poletti invece con quella sua faccia talmente da schiaffi da
avere persino le guance ammortizzate grazie evidentemente alle cene con i
Buzzi e compagnia cantante, invita i ragazzi che ciondolano per strada a
“spostare le casse di frutta e verdura in magazzino”. Magari a titolo
gratuito e con grande riconoscenza verso chi si fa carico di questa
importante formazione. La quale non consiste certo nella fatica fisica,
ma nel fare apprendistato di sottomissione, nel capire fin
dall’adolescenza chi li ha belli braghi bianchi e chi no.
In questo Poletti è modernissimo e ha capito molto bene il
significato della “buona scuola” che è quella di preparare a un lavoro
sottomesso, tanto ci saranno le scuole private del resto abbondandemente
foraggiate con il denaro pubblico, a formare la classe dirigente. Per
gli altri è importante la formazione delle cassette.
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