Un editoriale, peraltro abbastanza preoccupato, di Lucrezia
Reichlin sul Corriere della sera di oggi, iniziava con queste parole: "È
da qualche settimana che si parla con insistenza di ripresa in Europa
e, finalmente, anche in Italia. I dati di tutti i settori e i sondaggi
sulle aspettative di imprese e consumatori segnalano che il tasso di
crescita del Prodotto interno lordo (Pil) del primo trimestre del 2015,
che sarà pubblicato a maggio, confermerà il dato positivo di fine anno. È
molto probabile che la ripresa sia cominciata nella seconda metà del
2014."
Purtroppo il consenso rispetto a un'idea non necessariamente si
traduce in fatti. E in mattinata l'Istat si è trovata a smentire in modo
piuttosto clamoroso sia il consenso che l'idea: "A gennaio 2015 il
fatturato dell'industria, al netto della stagionalità, diminuisce
dell'1,6% rispetto a dicembre, registrando flessioni dello 0,9% sul
mercato interno e del 3,1% su quello estero".
E lo stesso accade, anche se con minore evidenza, se si prendono in
esame i tre mesi (novembre-dicembre-gennaio): la caudta è leggermente
minore (-0,1%), ma sempre caduta è.
Nella media degli ultimi tre mesi,
l'indice complessivo diminuisce dello 0,1% rispetto ai tre mesi
precedenti (-0,6% per il fatturato interno e +1,0% per quello estero).
Peggio ancora se si fa, com'è dovuto, la "correzione per gli effetti
di calendario" (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di gennaio
2014, quindi il calcolo va fatto come se si fosse lavorato un giorno di
più): "il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali del
2,5%, con cali del 3,7% sul mercato interno e dello 0,3% su quello
estero". Un autentico crollo, che coinvolge persino il settore
delle esportazioni, il più favorito dalla debolezza dell'euro e dalla
depressione dei salari nazionali.
A trascinare la corsa al ribasso soprattuto l'energia (-13,6%), per
effetto della caduta dei prezzi che si trasferisce inevitabilmente sul
fatturato. Ma sono andati molto male che i beni strumentali (-2,2%) e
anche i beni di consumo hanno proseguito nella tendenza egativa che li
caratterizza da anni (-0,4%).
"L'indice grezzo del fatturato cala, in termini tendenziali (ovvero su base annuale, ndr), del 5,6%: il contributo più ampio a tale flessione viene dalla componente interna dell'energia".
Ma per interpretare correttamente le tendenze a breve periodo si usa
guardare agli ordinativi, ossia alle commesse che le aziende ricevono e
cui faranno fronte nei prossimi mesi. Ma anche qui è notte fonda: "Per
gli ordinativi totali, si registra una diminuzione congiunturale del
3,6%, sintesi di un aumento dello 0,7% degli ordinativi interni e un
calo del 9,0% di quelli esteri". Sottolineiamo il dato delle esportazioni, ancora una volta...
"Nel confronto con il mese di gennaio 2014, l'indice grezzo degli ordinativi segna una variazione negativa del 5,5%".
Vedremo nei prossimi giorni se gli altri settori (prima-agricoltura e
servizi) hanno registrato andamenti diversi, talmente positivi da
compensare la caduta nel settore industriale. Ma è in genre piuttosto
difficile che ci possa essere "crescita economica" con il settore
industriale che cala; e da otto anni.
La Reichlin era comunque giustamente preoccupata perché, anche in
attesa di dati molto più positivi di questi, comunque la disoccupazione
europea "fisiologica" veniva prevista intorno al 10%. Un dato abnorme,
che "proprio normale non è". E chiedeva alle istituzioni dell'Unione
Europea, nonché agli altri decisori dell'area, di mettere al centro
dell'attenzione la necessità di creare occupazione, perché un esercito
di disoccupati quelle dimnsioni, peralto distribuito in modo molte
ineguale sul piano territoriale e su quello generazionale, è certamente
un problema sociale suscettibile di diventare politico.
Ma se addirittura la produzione industriale scende...
Il rapporto completo dell'Istat: Fatturato_e_ordinativi_dellindustria_-_27_mar_2015_-_Testo_integrale.pdf376.03 KB
Le serie storiche: Fatturato_e_ordinativi_dellindustria_-_27_mar_2015_-_Serie_storiche.zip14.45 KB
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