Boldrini-Delrio. Medaglia d'oro al fascista assassino
Un insulto clamoroso alla Resistenza, alla Costituzione, a
Bologna, alla memoria dei Partigiani e quindi all'origine stessa di
questa Repubblicache sta ormai affondando nell'infamia.
A lanciarlo, premiando con la medaglia d'oro un fascista
repubblichino, collaborazionista dei nazisti, un assassino inquadrato
nelle Ss, la presidente della Camera e il vicepresidente del consiglio,
quel Delrio che era stato addirittura sindaco di Reggio Emilia in virtù
della sua apparente "democraticità" di democristiano "popolare". La vera
natura del regime si vede anche da queste cose. O forse si chiarisce in
modo lampante, meglio di tante analisi, in un colpo solo, proprio da
questo tipo di iniziative. Che sarebbe sbagliato considerare solo
simboliche: sono invece un programma politico, una promessa di
"reintegro" dei nazifascisti all'interno del sistema di potere e
controllo.
Un'infamia clamorosa, che ha sconcertato persino il giornale più renziano del paese, quella Repubblica
che rappresenta forse la perversione più autentica del "perbenismo"
presuntamente "democratico". Di seguito l'articolo con cui dà notizia
dell'infamia commessa ieri.
Conferita una medaglia al fascista Paride Mori, ex ufficiale del Battaglione "Benito Mussolini" che combattè anche al fianco dei nazisti
di VALERIO VARESI, La Repubblica
Il
“Giorno del ricordo” diventa il giorno dell’amnesia e a poco più di un
mese dal settantesimo della Liberazione si ribalta la storia e ciò che
ha significato per mano di chi rappresenta la Repubblica nata dalla
stessa Liberazione. Così, anche un fascista repubblichino può
essere insignito della medaglia ricordo, "in riconoscimento del
sacrificio offerto per la Patria", nientemeno che dalla presidente della
Camera Laura Boldrini e dal sottosegretario alla presidenza del
Consiglio Graziano Delrio, già sindaco di Reggio Emilia, città medaglia
d’oro per la Resistenza e terra dei fratelli Cervi. Il tutto alla
presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La vicenda riguarda Paride Mori, ufficiale parmense del Battaglione bersaglieri volontari “Benito Mussolini”, un reparto che all’inizio era aggregato alle “Waffen SS” e successivamente inquadrato nell’esercito della Repubblica di Salò che combatté a fianco dei nazisti. L’onorificenza che gli è stata attribuita in realtà fu istituita per ricordare le vittime delle foibe nell’immediato dopoguerra, ma Mori fu ucciso in uno scontro coi partigiani il 18 febbraio del ‘44 e quindi l’episodio non c’entra niente con le vendette post belliche delle milizie di Tito nei confronti degli italiani.
Al ribaltamento di significato si aggiunge quindi un falso storico. Ma la vicenda di Paride Mori comincia prima di quest’ultima vicenda. Alcuni anni fa la giunta di centro sinistra del Comune parmense di Traversetolo, suo paese natale, intitolò una via proprio al repubblichino suscitando l’obiezione dell’Istituto storico della Resistenza provinciale il quale fece presente il passato imbarazzante dell’ex bersagliere. La giunta ritirò l’intitolazione e la vicenda si spense. Non persuasi, i figli di Paride Mori hanno provato altre strade per onorare la figura paterna rivolgendosi direttamente alle massime autorità dello Stato in occasione del citato “Giorno del ricordo”.
Lo scorso dieci febbraio la cerimonia ufficiale e la consegna agli stessi figli dell’onorificenza. Questi ultimi, hanno così celebrato la “riabilitazione” del padre con una lettera pubblicata sulla Gazzetta di Parma nella quale hanno raccontato dell’invito a Montecitorio da parte della presidente della Camera e, alla presenza del Capo dello Stato, della consegna della medaglia da parte del sottosegretario Delrio. Soddisfatti per quello che ritengono la restituzione di un onore, i figli ora chiedono con forza che la via nel paese natale del padre sia finalmente a lui intitolata. Come negarlo dopo un simile viatico?
La vicenda riguarda Paride Mori, ufficiale parmense del Battaglione bersaglieri volontari “Benito Mussolini”, un reparto che all’inizio era aggregato alle “Waffen SS” e successivamente inquadrato nell’esercito della Repubblica di Salò che combatté a fianco dei nazisti. L’onorificenza che gli è stata attribuita in realtà fu istituita per ricordare le vittime delle foibe nell’immediato dopoguerra, ma Mori fu ucciso in uno scontro coi partigiani il 18 febbraio del ‘44 e quindi l’episodio non c’entra niente con le vendette post belliche delle milizie di Tito nei confronti degli italiani.
Al ribaltamento di significato si aggiunge quindi un falso storico. Ma la vicenda di Paride Mori comincia prima di quest’ultima vicenda. Alcuni anni fa la giunta di centro sinistra del Comune parmense di Traversetolo, suo paese natale, intitolò una via proprio al repubblichino suscitando l’obiezione dell’Istituto storico della Resistenza provinciale il quale fece presente il passato imbarazzante dell’ex bersagliere. La giunta ritirò l’intitolazione e la vicenda si spense. Non persuasi, i figli di Paride Mori hanno provato altre strade per onorare la figura paterna rivolgendosi direttamente alle massime autorità dello Stato in occasione del citato “Giorno del ricordo”.
Lo scorso dieci febbraio la cerimonia ufficiale e la consegna agli stessi figli dell’onorificenza. Questi ultimi, hanno così celebrato la “riabilitazione” del padre con una lettera pubblicata sulla Gazzetta di Parma nella quale hanno raccontato dell’invito a Montecitorio da parte della presidente della Camera e, alla presenza del Capo dello Stato, della consegna della medaglia da parte del sottosegretario Delrio. Soddisfatti per quello che ritengono la restituzione di un onore, i figli ora chiedono con forza che la via nel paese natale del padre sia finalmente a lui intitolata. Come negarlo dopo un simile viatico?
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