«C’è un continuo mutamento del contesto con un precipitare
della crisi e l’ormai certa anticipazione del voto», avvertono dal sito
di Cambiare si può mentre si attende l’uscita pubblica, domani, di Luigi
De Magistris che presenterà i “suoi” candidati per questa impresa dal
teatro Eliseo di Roma.
Ovunque fervono i preparativi di almeno 84 assemblee di lancio sui
territori ( elenco in completamento al link
http://www.cambiaresipuo.net/primo-elenco-di-assemblee/) e le adesioni
all’appello di singoli sfiorano quota ottomila.
La discussione delle assemblee – assicurano i promotori – «non potrà
che essere a tutto campo e dovrà estendersi anche alle tappe
dell’impresa». Lista, simbolo, finanziamenti. Vuol dire che il tempo
stringe.
Se le elezioni saranno il 10 marzo, il decreto presidenziale di
convocazione dei comizi elettorali, che deve essere pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale almeno 45 giorni prima delle elezioni, interverrà, se
non prima, il 24 gennaio. Ciò significa che tra il 25 e il 28 gennaio
dovranno essere depositati al Ministero dell’interno i contrassegni
delle liste e entro il 4 e il 5 febbraio (35° e 34° giorno precedente le
elezioni) dovranno essere raccolte, autenticate e depositate circa
80mila firme di presentazione, pari a un numero variabile tra le 1.500 e
le 4mila a seconda delle circoscrizioni elettorali (che sono, per la
Camera, 27). Se poi la data del voto dovesse essere anticipata – come
oggi si dice da più parti – al 24 febbraio tutto sarebbe anticipato di
15 giorni e, dunque, le liste dovrebbero essere presentate intorno al 20
gennaio. Obiettivo minimo, quel milione e mezzo di voti che frutterebbe
il superamento del quorum del 4%.
«Entro la fine dell’anno (e, dunque, con l’assemblea del 22 dicembre o
immediatamente dopo) dovremo avere un nome, un simbolo, dei criteri per
la designazione dei candidati, un comitato di garanti (composto da
persone che non si presenteranno alle elezioni) per seguire la
formazione delle liste, una segreteria organizzativa nazionale (che
coordini le operazioni materiali necessarie, la comunicazione, il sito
etc.)». La formazione delle liste dovrebbe bypassare ogni logica di
contrattazione e lottizzazione: le candidature devono avere un segno di
forte discontinuità rispetto al passato e devono essere individuate con
la massima pubblicità e con il coinvolgimento e l’approvazione finale
dei territori, viene raccomandato dal centro virtuale dell’originale
intrapresa politica chiedendo anche l’avvio dei meccanismi di
autofinanziamento a partire dalle assemblee – «tenendo presente che 20
euro a testa da parte di 10mila persone bastano a fare 200.000 euro:
insufficienti per la campagna, ma sufficienti per una buona partenza».
Una nota ottimistica risuona quando di parla di integrazione tra i
promotori (singoli e forze organizzate): «Procede in maniera
soddisfacente, pur scontando fisiologiche difficoltà determinate da
esperienze e incomprensioni del passato; è un fatto molto positivo
perché significa che l’idea e il progetto funzionano e possono crescere
ancora».
Ecco una bozza di 10 «punti irrinunciabili» suggeriti come contributo
alla discussione decentrata e prima base di uno schema di programma.
10 punti programmatici minimi irrinunciabili
1. Sì a un’Europa dei cittadini, alla rinegoziazione del debito
pubblico e delle normative europee al riguardo attraverso una alleanza
dei Paesi mediterranei oggi devastati dalla crisi e a un progetto di
riconversione di ampi settori dell’economia in grado di rilanciare
l’occupazione con migliaia di piccole opere di evidente e immediata
utilità collettiva. No all’Europa delle banche e dei banchieri e delle
politiche recessive in atto.
2. Sì a un grande progetto di riconversione ecologica dell’economia e
di riassetto del territorio nazionale e dei suoi usi per garantire la
sicurezza dei cittadini e la riduzione del consumo di suoli agricoli. No
alle grandi opere (dal Tav Torino-Lione al Ponte sullo stretto e al
proliferare di autostrade e raccordi) inutili, dannose all’ambiente e
alla salute ed economicamente insostenibili.
3. No a contrazione del lavoro e al precariato e alla riduzione di
fatto dei salari e delle pensioni. Sì al ripristino delle tutele del
lavoro e dei lavoratori cancellate dai Governi Berlusconi e Monti (anche
con sostegno ai referendum) e alla sperimentazione di modalità di
creazione diretta di occupazione, anche in ambito locale,
all’introduzione di un reddito di cittadinanza, al potenziamento degli
interventi a sostegno delle fasce più deboli e dei presidi dello stato
sociale (nella prospettiva di un welfare dei diritti e non di forme di
assistenzialismo caritatevole).
4. No agli attuali costi fuori controllo della politica e alla
rappresentanza come mestiere. Sì alla autonomizzazione della politica
dal denaro, all’abbattimento dei relativi costi, alla previsione di un
tetto massimo per i compensi pubblici e privati, all’azzeramento delle
indennità aggiuntive della retribuzione per ogni titolare di funzioni
pubbliche.
5. Si a un’imposizione fiscale più incisiva sui redditi elevati, sui
patrimoni e sulle rendite finanziarie (con estensione alle proprietà
ecclesiastiche). No ad aumenti delle imposte indirette e a inasprimenti
della fiscalità nei confronti dei redditi medio-bassi.
6. Sì a un’azione di ripristino della legalità, di contrasto della
criminalità organizzata, dell’evasione fiscale e della corruzione con
recupero di risorse da destinare a un welfare potenziato e risanato dal
clientelismo. No alle politiche dei condoni e alle leggi ad personam.
7. No a tutte le operazioni di guerra e drastica riduzione delle
spese militari. Sì alla destinazione dei corrispondenti risparmi e di
risorse adeguate a sanità, scuola pubblica, ricerca e innovazione (nella
convinzione che sapere e istruzione sono prerequisito della democrazia e
intervento strategico).
8. Sì a politiche di valorizzazione dei beni comuni e a forme di
sostegno e promozione delle esperienze di economie di cooperazione e
solidarietà. No allo svuotamento di fatto dei referendum del 2011 e alla
vendita ai privati dei servizi pubblici locali.
9. No ad ogni forma di discriminazione e di razzismo (e alle leggi
che ne sono espressione, a cominciare dalla Bossi-Fini). Sì al pieno
riconoscimento dei diritti civili degli individui e delle coppie a
prescindere dal genere, a una cultura delle differenze, a politiche
migratorie accoglienti e all’accesso alla cittadinanza per tutti i nati
in Italia.
10. Sì a una riforma democratica dell’informazione e del sistema
radiotelevisivo che ne spezzi l’attuale subordinazione al potere
economico-finanziario. No al conflitto di interessi e alla
concentrazione dell’informazione.
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