mercoledì 12 dicembre 2012

Primum stare insieme, deinde imparare a starci bene di Ferruccio Nobili


di Ferruccio Nobili -
E’ nato in questi ultimi giorni “Cambiare si può”, quarto polo che vuole unire la sinistra anticapitalista, antiliberista e alternativa al centrosinistra e che si propone di essere lo strumento con il quale il popolo tornerà a prendersi direttamente la titolarità delle scelte che lo riguardano. Progetto tanto necessario quanto ambizioso e difficile. E non tanto per l’obiettivo ed il profilo politico (negli scorsi anni partiti, movimenti, associazioni e iniziative varie sono nate, e alcune pure morte, con i medesimi obiettivi) quanto per la difficoltà di tenere insieme gruppi e gruppetti che vorrebbero ognuno dare le sue regole, ognuno proporre i suoi “paletti” e magari ognuno decidere chi può entrare e chi no, e come. Oggettivamente gli uomini e le donne che si sono ritrovate lo scorso 1 dicembre al Teatro Vittoria sono tra di loro simili ma diverse e provenienti da storie parallele o confliggenti e molti sono convinti di avere le carte in regola per poter dettare agli altri comportamenti e modalità (anche se ai miei occhi circa la metà della assemblea del Vittoria era composta da militanti di Rifondazione e del PdCI romano). Come stare insieme quindi è il problema, ma stare insieme è la necessità, la opportunità. Chi sembra dover pagare queste battaglie integraliste dei molti “giustizialisti” della politica (e non solo) che si ritrovano nel Cartello, sono ovviamente le forze organizzate e tra loro i partiti. Che poi oramai (o per ora) si riducono al Partito della Rifondazione Comunista, il mio partito.  Molti dei nuovi protagonisti (che in realtà spesso sono sulla breccia da prima dello psiconano) hanno tuonato dal palco del Teatro Vittoria contro i partiti tutti, riecheggiando nei toni e nei contenuti i proclami grilleschi. Non che i partiti tutti, e nello specifico anche Rifondazione, non abbiano da essere criticati profondamente perché ripropongono al loro interno anacronistiche “mediazioni” per determinare i gruppi dirigenti (che spesso risultano immobili e inadeguati) o perché non sono riusciti a distinguersi dagli “altri” (il voto in Sicilia dice che tu sei percepito “dentro” il sistema),  ma anche perché fatalmente dalle loro fila non si sono intraviste neanche lontanamente che so, uno “scatto” in avanti organizzativo, una proposta convincente e/o sconvolgente o almeno un personaggio carismatico. Sarebbe falso e ingeneroso non dire che sforzi in quelle direzioni si sono tentati, ma sono stati o inefficaci o non convincenti o, in alcuni casi, frustrati all’interno prima ancora di nascere; non che non ci siano compagne e compagni brave o preparate, ma nessuna personalità è salita sulla scena emozionando. Insomma la critica/autocritica al ruolo che i partiti di sinistra hanno avuto nel ventennio berlusconiano è certamente necessaria e urgente, ma credo che i partiti, così come li definisce la nostra Costituzione, siano insostituibile pilastro del sistema democratico. Ma oggi la priorità è far decollare “Cambiare si può”, far nascere quindi una “novità” sul terreno politico che torni a dare speranza ed entusiasmo a quel popolo della sinistra che non vota o che si tura il naso per votare il meno peggio, e che abbia come obiettivo la progressiva “abolizione dello stato di cose presenti”. A sinistra tutti hanno invidiato Syriza. Ecco, Syriza è nata così. Uno sforzo per tenere insieme esperienze diverse unite dal comune obiettivo. E se per farlo i partiti, il mio Partito, dovessero accettare anche critiche parzialmente ingenerose o “passi indietro” parzialmente ingiusti credo che questo sia il momento di farlo. Sono infatti convinto che la crisi internazionale ed il Governo Monti siano stati “costituenti”. Nulla sarà come prima. E’ necessario quindi che sia presente sulla scena politica una vera alternativa. Il Fiscal compact, il pareggio di bilancio, la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro e gli altri impegni che l’Europa dei mercati chiede, renderanno identiche le politiche dei prossimi Governi sia che a vincere le prossime elezioni sia Bersani o Berlusconi o lo stesso Monti. Serve costruire rapidamente e convincentemente una alternativa al pensiero unico. E serve farlo ora, anche se probabilmente non è oggi che questa alternativa diventerà governo. Ma sono convinto che il tempo nel quale questa alternativa potrà candidarsi credibilmente a cambiare questo Paese non sia troppo lontano. Quanto il popolo, che pure lo voterà,  reggerà il Governo Bersani con dentro SeL quando nella prossima manovra finanziaria sarà costretto a mettere ancora le mani in tasca ai cittadini per pagare i 45 mld del Fiscal Compact in regime di pareggio di bilancio e di crisi economica e depressione e calo delle entrate? Quanto reggerà la prossima giunta comunale di Roma, che probabilmente sarà guidata dal PD con SeL, quando per chiudere il bilancio, pagare il debito di 17 mld di Euro (lasciati in buona parte da Veltroni e aumentati da Alemanno) e pagare gli stipendi ai dipendenti sarà costretta a proporre di vendere ACEA e altre proprietà mobiliari e immobiliari pubbliche, quando sarà costretta ad aumentare l’IRPEF, a tagliare servizi a concedere concessioni edificatorie ai palazzinari per incassare gli oneri concessori? Io credo che tra un anno torneremo a votare perché sarà lo stesso popolo del PD e di SeL a chiederlo dalle nostre piazze. E per allora dovremmo essere pronti. Per quel momento dobbiamo lavorare adesso. Per offrire una sponda credibile a quel popolo. Per evitare che dalle politiche economiche subalterne ai grandi poteri ed alla grande finanza si passi a nuovi salvatori della Patria con vecchie ricette populiste reazionarie e/o autoritarie.
Abbiamo una grossa responsabilità che dobbiamo esercitare tutta in questi pochi mesi che ci separano dai prossimi appuntamenti elettorali. Dobbiamo mettere in campo il cambiamento ora, perché sia spendibile quando il Re sarà nudo. Ecco quello che secondo me dovremmo fare. Primum stare insieme e nel tempo imparare a starci bene. Se serve, facendo tutti i passi indietro che questo adesso necessiterà. Dobbiamo tornare ad investire nel nostro futuro e nel futuro di questo paese. Dobbiamo essere generosi perché le grandi storie sono necessarie per costruire il futuro e non temono momenti di difficoltà e di sacrificio. Dobbiamo essere tenaci perché le grandi storie hanno tanta “tela” e sapranno “filare”, anche se per riprendere la tessitura bisogna aspettare e contaminarsi.

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