venerdì 19 aprile 2013

Quirinale. Pd nel caos, Prodi non ce la fa. Sel segna le schede, M5S rilancia Rodotà



E arriva anche il secondo schiaffo per il Pd. Uno schiaffo che fa anche più male del primo, perché arriva in un momento in cui il partito democratico è già frastornato, alle prese con un Renzi alla riscossa e una base che chiede un cambiamento reale a partire dal nome del Presidente della Repubblica.
Romano Prodi va peggio delle peggiori previsioni. La quarta votazione per il nuovo presidente si conclude con la sua pesante sconfitta (chissà se dal Mali ha ricevuto la notizia!?): il quorum era a 504 voti, Prodi si è fermato a 395 voti, Rodotà ha ottenuto 213 voti, molti più rispetto ai 162 «grandi elettori» del blocco grillino. Invece i voti di Prodi sono 101 in meno rispetto al potenziale della coalizione, che sulla carta partiva da quota 496. Allora Sel, in maniera anche un po' imbarazzante, si affretta tramite Vendola e Migliore, a rassicurare tutti sulla loro lealtà: abbiamo segnato le schede, noi abbiamo rispettato l'accordo sul nome di Prodi. Vendola fa sapere anche che ora si dovrebbe puntare su Rodotà e che il Pd forse non esiste più. In effetti, i 101 franchi tiratori dovrebbero essere tutti all'interno del Pd, che esce dal quarto voto con le ossa più che rotte, disintegrate. Renzi coglie la palla al balzo e fa sapere che la candidatura di Prodi è morta. Grillo rilancia Rodotà, che ora ha nuovamente l'appoggio di Sel e, in teoria, anche di qualche decina di parlamentari del Pd. Qualcuno ipotizza però che i franchi tiratori siano dell'area dalemiana, che puntano ad un ritorno in campo di Massimo D'Alema, che sarebbe davvero la ciliegina sulla torta.

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