martedì 23 aprile 2013

Ritroviamoci, a partire dall’opposizione di Paolo Ferrero


Ritroviamoci, a partire dall’opposizione


La rielezione di Napolitano a Presidente della Repubblica chiude – nel modo peggiore possibile – la fase che si era aperta dopo le scorse elezioni. Elezioni che avevano posto una richiesta di cambiamento e segnalato un enorme distacco tra il paese e le istituzioni. La coalizione che ha rieletto Napolitano ha deciso di chiudere la porta in faccia a questa domanda di cambiamento e di rinchiudersi nel fortino. È infatti evidente che la rielezione di Napolitano è strettamente intrecciata alla ricostruzione di un governo di grande coalizione che prosegua l’azione del governo Monti e in aggiunta faccia le riforme costituzionali. La violazione dello spirito della Costituzione, avvenuta nella contrattazione tra alcune forze politiche e il Presidente stesso, rappresenta un vulnus democratico di tipo presidenziale finalizzato alla realizzazione di un preciso progetto politico: quello tracciato dai 10 saggi. La sovranità popolare viene così sterilizzata dagli accordi di vertice. In questo passaggio si è frantumato il centrosinistra e il Pd ha mostrato fino in fondo la sua strutturale non volontà di perseguire il cambiamento sociale.
Parallelamente, attorno alla proposta di Rodotà Presidente della Repubblica, abbiamo visto crescere una attenzione nella società – che andava oltre ai confini delle forze politiche proponenti – e che ha assunto in alcuni momenti la forma della mobilitazione sociale. In quelle piazze, che esprimevano rabbia e a volte sgomento, vi era molto di più della sola protesta per il Presidente. Vi era la storia di uomini e donne che vivono la disperazione della precarietà e della insicurezza sociale, che ritengono la “classe politica” responsabile della loro condizione. L’urlo riguardava il Presidente ma le ragioni dell’urlo erano ben più ampie e profonde.
A questa domanda di cambiamento noi dobbiamo rispondere, così come a questo disegno normalizzatore, liberista e autoritario, dobbiamo opporci. Penso che questi due momenti debbano essere uniti e che il tema della costruzione di una soggettività della sinistra, che sia efficace su un terreno come sull’altro, non sia rinviabile. Noi di Rifondazione abbiamo fatto nelle settimane scorse una lettera aperta ai compagni e alle compagne della sinistra proponendo un percorso fondativo democratico e partecipato di un nuovo soggetto della sinistra.
Non mi sfuggono le differenze di accenti e di collocazione politica, voglio però porre una semplicissima domanda: possiamo, a partire dall’opposizione al costituendo governissimo, incontrarci, discutere e ragionare, aprire un percorso di partecipazione dal basso che provi a costruire un dialogo con gli uomini e le donne della sinistra? A me parrebbe una cosa utile, anzi necessaria. La cosa peggiore che potrebbe capitare dopo il disastro dei giorni scorsi e il suicidio del Pd sarebbe il varo a sinistra di diversi progetti “unitari”, in palese competizione tra loro, nell’impossibilità per chi vive sotto i colpi della crisi a capire le differenze e cosa sta succedendo. Conosco a menadito il rosario di differenze che abbiamo ma forse la scomparsa del centrosinistra apre uno spiraglio che sarebbe opportuno utilizzare.
Il Manifesto – 23.04.13

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