di Roberto Ciccarelli - Il Manifesto
Non toccate la riforma Fornero. E rinunciate alle tentazioni di chi parla di «reddito di cittadinanza». Non vorrete forse «rubare» preziose risorse alla cassa integrazione? Sono queste le condizione dettate a Enrico Letta dal segretario della Cisl Raffaele Bonanni per condizionare la scelta del successore di Elsa Fornero al posto di ministro del lavoro e del Welfare.
Un altro modo per sancire la fine delle speranze provocate da un dibattito confuso, ma promettente, sul reddito («minimo», di «cittadinanza», «d’inserimento»), lanciato dal comitato per la legge popolare sul «reddito minimo», e poi dal movimento 5 stelle, da Sel e dalla parte del Pd che è passata all’opposizione dopo la catastrofe di Bersani e del suo gruppo dirigente. Per Bonanni si tratta di tornare a parlare di cose serie, mica «la moda» (ha detto proprio così) del reddito che il sindacalista interpreta come «sostitutivo della cassa integrazione». «Noi rispondiamo “no grazie” – ha detto ieri a margine dell’11° congresso della Cisl-Friuli Venezia Giulia – perché ci perderemmo molti soldi. In ogni caso devono dirci dove andranno a prenderli se non riescono neanche a trovare un miliardo e mezzo per la cassa integrazione». I soldi, com’è noto possono essere presi dalla cancellazione dell’acquisto degli F35 o con la ritrattazione della Tav in Val Susa, insieme alla riforma della giungla degli ammortizzatori sociali. Una prospettiva lontanissima dal senso comune alimentato da Bonanni e impensabile in un governo di larghe intese di cui tutto si dice, ma nulla si sa, tranne alcuni punti fermi: la Tav proseguirà, e l’alibi dell’austerità sarà usato per alimentare l’artificiosa guerra civile tra «garantiti» e non «garantiti», tra chi è dentro la cittadella del lavoro subordinato e chi, precario, autonomo o freelance, continuerà ad essere bandito. Si può allora comprendere perché, almeno per la Cisl, il prossimo governo «non deve toccare la riforma Fornero. In parlamento entra una rana ed esce un cavallo – ha continuato Bonanni – Non ci interessa che materie così delicate possano essere affidate a Parlamento e Governo». E a chi, di grazia, dovrebbero essere affidate? Forse Bonanni ha un’idea per risolvere il problema degli esodati creati dalla riforma Fornero e se la tiene tutta per sé.
L’uscita del segretario della Cisl non è però un fuoco di paglia nella notte dove continua il tam tam sul prossimo ministro del lavoro. La maggioranza che reggerà il governo del presidente è la stessa che ha approvato le riforme Fornero. Difficile che i partiti le modifichino in maniera significativa.
Tiziano Treu (Pd), già noto alle cronache per avere donato il proprio nome al «pacchetto» che avviò la precarizzazione del lavoro nel 1997, è uno dei «papabili», insieme a un altro Pd Carlo Dell’Aringa in quota Confidustria. Anche per lui le riforme della previdenza e del lavoro del governo Monti vanno mantenute facendo solo «piccoli aggiustamenti» ad una macchina che negli ultimi mesi ha scontentato tutti, dagli imprenditori ai precari e soprattutto a coloro che sono stati licenziati. «Finiamo il monitoraggio della riforma e rafforziamo gli ammortizzatori sociali» è la tesi di Treu. L’assicurazione Aspi contro la disoccupazione «va estesa ai precari», sui contratti a termine si potrebbe ridurre la durata dei tempi tra due contratti.
Saranno tutti argomenti di discussione alla riunione congiunta degli organismi direttivi dei confederali prevista il 30 aprile. Tenendo conto la Cgil è contraria alla riforma del lavoro perché ha aumentato la precarietà e ha aumentato l’area dei «non tutelati».
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