domenica 21 aprile 2013

Enrico Letta e Amato in corsa per il governissimo del presidente


Enrico Letta e Amato in corsa per il governissimo del presidente


di Micaela Bongi - Il Manifesto
Alla buvette di Montecitorio qualcuno gli stringe la mano salutandolo con un «presidente…» e lui non abbozza nemmeno un sorriso. «Due bischerate…», ribatte più tardi Enrico Letta ai giornalisti che gli chiedono se sarà appunto il prossimo presidente del consiglio oppure il vice di Giuliano Amato. Poi quando anche Gaetano Quagliariello in Transatlantico lo chiama ripetutamente «presidente, presidente», Letta taglia corto, «balle giornalistiche». Ma mentre la votazione che confermerà Giorgio Napolitano al Quirinale è ancora in corso, il nome più accreditato come nuovo inquilino di palazzo Chigi sembra a un certo punto essere proprio quello del vicesegretario dimissionario del Pd, mentre Amato viene dato decisamente fuori gioco per via della bocciatura senza appello da parte del Carroccio e per le resistenze di una parte del Pd. Anzi, si dice addirittura che il ‘dottor sottile’ potrebbe non ottenere la fiducia per via di una nuova spaccatura del Partito democratico. I leghisti invece raccontano che è stato il loro segretario Roberto Maroni il primo a telefonare, venerdì sera, all’ex nuovo capo dello stato per chiedergli di restare. Rivendicano insomma la primogenitura dell’operazione Napolitano bis lasciando intendere di avere in qualche modo in tasca la garanzia che Amato a palazzo Chigi mai.
Sulla natura e la composizione del governo, Napolitano ha però preteso il pallino e sarebbe stato lui a condizionare la sua accettazione del secondo mandato a un governo di larghe intese con Giuliano Amato premier. Dettando anche il programma: quello dei dieci saggi. Le trattative tra i partiti per formare quello che dunque subito viene chiamato «governo dei saggi» sono comunque limitate e serratissime: già martedì il presidente della repubblica reinsediato vorrebbe svolgere consultazioni lampo per conferire l’incarico mercoledì, prima cioè del 25 aprile. Il toto-ministri parte immediatamente, le voci si rincorrono e si contraddicono . Il tam tam dà appunto Amato premier (ma la Lega lo boccia a ripetizione anche pubblicamente) o Letta – in caso di governo targato, quello che Silvio Berlusconi chiedeva dal giorno dopo le elezioni – con due vice esponenti degli altri partiti: il segretario del Pdl Angelino Alfano e Mario Mauro di Scelta civica. Con deboli chances di essere lei a capo dell’esecutivo, la ministra degli interni uscente Anna Maria Cancellieri potrebbe essere confermata al Viminale.
Programma dei saggi, e ministri che hanno lavorato nelle due commissioni di «facilitatori» nominate da Napolitano I, un’iniziativa che il capo dello stato aveva difeso fino all’ultimo dalle molte critiche e che ora – forte del potere di scioglimento delle camere del quale è tornato in possesso – vuole tradurre in governo. I boatos del Transatlantico danno dunque nella squadra Luciano Violante, Pd, e Quagliariello, Pdl. Il primo alla giustizia, preferito da Berlusconi, si dice con qualche malizia, rispetto alla ministra uscente Paola Severino; il secondo alle riforme istituzionali. Il premier uscente Mario Monti, che a sera ritiene «prematuro» parlare di governo Amato, si chiama fuori dalla squadra: «Penso sia un futuro decisamente improbabile», risponde al TgLa7 a proposito di un suo eventuale ruolo da ministro dell’economia.
Al di là della gara a chi è arrivato primo che la Lega si vuole assegnare, è Berlusconi – che pure si nota per il suo prudente silenzio, salvo schermirsi con un «ho vinto? non credo» – a rivendicare in privato di aver ottenuto il bis di Napolitano sul quale da tempo aveva puntato. Non solo: si corre ora verso un governo di larghe intese. Ma il Cavaliere – che punta su Amato – potrebbe rinunciare a avere esponenti di partito in squadra, accontentandosi di ministri di area per non stressare eccessivamente il Pd già allo sbando anche con il governissimo, sempre rifiutato. Quel che più è importante per il leader di Arcore è che si tenga conto del suo programma in 8 punti. Silenzio, però, perché la partita è delicata. Parla il segretario Angelino Alfano ed è un ode al capo: «Il Paese deve gratitudine a Berlusconi che da statista ha messo prima gli interessi della nazione. E questo ha fatto crescere di 5 punti il Pdl».

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua