di Carmine Gazzanni, infiltrato.it
Il governo Letta è nato. Nell’attesa della fiducia anche di Palazzo Madama, il premier ha illustrato il suo programma da sogno, da Paese dei balocchi. Dall’abolizione dell’Imu a quello del finanziamento ai partiti, dalla legge elettorale al taglio dei doppi stipendi fino alla riforma dei partiti. Siamo andati a rispolverare il passato politico degli ultimi anni di Enrico Letta. E a guardarlo (e a ricordare alcune delle sue dichiarazioni di allora e alcuni dei suoi voti in Parlamento) non c’è affatto da aver fiducia.
“Berlusconi
è un interlocutore col quale non si può nemmeno prendere un caffè. Con
lui non si può fare un patto per l’emergenza del Paese”. No, a parlare non è né Grillo, né Vendola. È proprio lui, il premier Enrico Letta.
Era il 12 settembre 2012. E in questo modo rispondeva alla domanda del
giornalista se, a detta sua, fosse stato possibile un governissimo
Pd-Pdl. Si vede che il Presidente del Consiglio ha cambiato radicalmente
idea nel corso dei mesi.
Ed eccolo lì, allora. Seduto accanto al delfino Angelino Alfano
mentre legge il suo discorso d’insediamento. Sorrisi, pacche sulle
spalle, scambi placidi di battute. Fantastico quando il premier
sollecita il taglio dello stipendio da ministro per i componenti del
governo che già hanno l’indennità da parlamentari e il vice premier e
ministro dell’Interno non si limita solo ad applaudire convintamente, ma
addirittura sollecita i colleghi a fare altrettanto. Non contento si
gira verso il presidente del Consiglio, che intanto ha apprezzato il
gesto riservando ad Alfano una pacca sulle spalle.
LA “CONVENZIONE”, BERLUSCONI E IL CONFLITTO DIMENTICATO (DOPO SOLO DUE MESI) - Amore a prima vista, dunque. Come se i mesi passati di campagna elettorale non ci fossero mai stati. Eppure era solo il 18 febbraio quando ancora Letta dichiarava: “Berlusconi
è l’alternativa a noi, ha fatto una campagna elettorale di pessimi
contenuti, riproponendo una politica sbracata e poco credibile.
È stata impressionante la nettezza con la quale il leader di un partito
alleato del Pdl in Europa, il tedesco Schauble della Cdu, ha chiesto
agli italiani di non votarlo”. Oggi l’idea del premier è radicalmente diversa, tanto che ha aperto, nel suo discorso programmatico, alla possibilità di una Bicamerale-bis, una Convenzione che avanzi proposte per riforme costituzionali al cui capo, secondo quanto emerso ieri, potrebbe sedere lo stesso Silvio Berlusconi.
Insomma, da nemico giurato ad amico fraterno.
Un cambio di prospettiva tanto repentino quanto incoerente. Come non
ricordare, ancora, quanto dichiarato da Enrico Letta solo il 21 febbraio riguardo ai conflitti d’interessi di B: “Anche noi abbiamo chiaro da tempo che l’errore
fatto negli anni ‘90 e quando abbiamo governato, è stato di non
riuscire a fare una buona legge sul conflitto d`interessi e la riforma
del sistema radiotelevisivo. E anche se i buoi sono scappati dalla stalla, in questa legislatura bisogna rimediare a tutti i costi”. Avverrà questo? Assolutamente no, vista la squadra di governo. Eppure per Letta il Pd avrebbe dovuto obbligare “Berlusconi a sciogliere i suoi conflitti d’interesse, se si vuole ricandidare”.
SE A PARLARE DI PREFERENZE È IL PREMIER CHE HA EVITATO LE PRIMARIE E SI È CANDIDATO CAPOLISTA IN DUE REGIONI - “Bisogna
che la legge elettorale sia in grado di garantire governi stabili per
restituire legittimità al Parlamento e ai singoli parlamentari”, dice Letta che insiste soprattutto sulla necessità di ripristinare le preferenze. È curioso che a parlare in questo modo sia proprio lui che – è bene precisarlo – è stato letteralmente paracadutato come capolista in due regioni (Marche e Campania) senza aver partecipato alle primarie, ma inserito direttamente dalla segreteria (di cui lui stesso era vicesegretario).
OGGI: RIVEDERE RIFORMA FORNERO; IERI: “LÌ C’È IL CUORE DEL NOSTRO PROGRAMMA” - Altro passaggio importante è quello sulla necessità di rivedere radicalmente la riforma Fornero. “Andranno migliorati gli ammortizzatori sociali – dice Letta - e si potranno studiare forme di reddito minimo per famiglie bisognose con figli”. E ancora: con gli esodati – osserva il premier - la comunità nazionale “ha rotto un patto, va trovata una soluzione strutturale, e' un impegno prioritario di questo governo ristabilirlo”.
Peccato però che il pensiero lettiano sull’operato del governo Monti
sia sempre stato di tutt’altro avviso. Proprio a partire dalla riforma
del lavoro, in merito alla quale il nemico giurato per l’attuale premier
era la Cgil piuttosto che l’esecutivo tecnico: “È un testo – diceva allora - che
è il frutto di due mesi di serrato negoziato: non si può dire che sia
il frutto di un’imposizione. Al 90 per cento è un accordo molto positivo
e condivisibile”. Ma Letta si spingeva ancora oltre: “lì c’è il cuore del nostro programma e c’è anche quello che noi non siamo riusciti a fare in questi anni”.
QUANDO LETTA VOTAVA NO ALLA TRASPARENZA DEI BILANCI DEI PARTITI E SI ASTENEVA SUI TAGLI ALLA POLITICA - Ed ecco, ancora, la lunga trafila di promesse riguardo ai tagli dei costi della politica e alla maggiore trasparenza dei conti:
dall’abolizione dei doppi stipendi a quella del finanziamento pubblico
ai partiti, fino a misure di controllo dei finanziamento ai gruppi. È
strano però che lo scorso 24 maggio proprio lui, Enrico Letta, peraltro in disaccordo col suo stesso partito che votava a favore, espresse parere contrario al ddl presentato dal governo Monti proprio su “misure per garantire la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti e dei movimenti politici”. Qualcosa non torna, insomma. Così come non torna anche in merito ad un altro voto – questa volta Letta si astenne – espresso il 13 novembre 2012. In quell’occasione il disegno di legge era il numero 5520: “Tagli alla politica e controllo delle spese regionali”. Un cambio repentino. Più veloce della luce.
ABOLIZIONE IMU? BERLUSCONI ERA UN PAZZO. OGGI UN SANT’UOMO - La prima priorità del governo Letta sarà l’abolizione dell’Imu a partire da giugno. Prima piccola osservazione: dove prenderà i due miliardi previsti dalla tassa sull’immobile rimane un mistero. Così come resta arcano il modo in cui il premier riuscirà a reperire ben 20 miliardi necessari per far fronte alle tante promesse avanzate nel discorso programmatico di ieri.
Ma c’è un altro aspetto da tenere in conto in questa lunga trafila di quelle che al momento sembrano essere una serie di bufale senza capo né coda.
Dicevamo dell’Imu. Ormai tutti lo sanno: questo è un punto caro al Pdl.
Completamente sconosciuto, invece, in casa Pd. Era d’altronde lo stesso
Letta lo scorso 4 febbraio che dichiarava che la proposta di Berlusconi
– appunto quella dell’abolizione Imu - “non è credibile” semplicemente “perché la fa Berlusconi. Perché è basata su premesse che non tengono conto della verità. Perché non si poggia sulla possibilità di realizzarla dal punto di vista della solidità politica”. Ora pare, invece, che tutto sia cambiato.
Eppure in quell’intervista Letta parlava di “promesse irrealizzabili per il futuro”, mentre “noi del Pd riteniamo che togliere completamente l’Imu, in questa fase, sia sbagliato.
In una stagione nella quale si richiedono tanti sacrifici, riteniamo
che chi ha una casa in via Montenapoleone debba pagare l’Imu e chi abita
a Quarto Oggiaro no”.
Ora tutto è cambiato. O, meglio, non è cambiato assolutamente nulla. Questo, in definitiva, il Letta-pensiero.
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