E' stato l'esponente Pd che ha sostenuto in modo più convinto le
politiche del "governo tecnico". Ora raccoglie i frutti del suo lavoro
dietro le quinte
E' ufficiale: come i "rumors" di stamattina facevano presagire, dopo le
consultazioni di ieri Giorgio Napolitano dà l'incarico per la formazione
del governo che dovrà gestire questa difficile transizione al "giovane"
del Partito Democratico Enrico Letta. In rete (e non solo) sono molte
le ironie sul fatto che Enrico Letta sia il nipote del braccio destro di
Berlusconi, Gianni Letta. I due operano ormai da anni su fronti
contrapposti, ma non hanno mai negato di essere in buoni rapporti e di
nutrire reciproca stima. Per quanto la loro parentela sia di fatto
indipendente dalla loro carriera politica e abbiano "scalato" i vertici
dei rispettivi partiti per meriti del tutto personali (anche se simili:
tra le altre cose la discrezione e un certo cinismo) è normale che il
giovane Enrico sembri essere stato scelta anche come rappresentante "in
corpore" dell'inciucio tra Pd e Pdl. Ma quale sarà il volto del nuovo
governo è tutto da vedere. Sicuro, però, che Enrico Letta rappresenti
una garanzia sulla capacità di rivolgersi anche al Pdl senza troppi
maldipancia. E d'altronde sta già facendo il giro - di nuovo della rete,
of course - la frase detta senza alcuna tema al Corriere della
sera, nel luglio del 2012: "Preferisco che i voti vadano al Pdl
piuttosto che disperdersi verso Grillo". Perché questa lungimirante
affermazione? (come si è visto i voti Grillo non li ha tolti al Pdl, ma
al Pd e oltretutto non si sono per nulla "dispersi", semmai si sono
"compattati" ben bene in un esplosivo 26%). Perché come spiegava nella
solita intervista rilasciata a Monica Guerzoni - l'obiettivo secondo il
giovane Democratico doveva essere un "governo politico competente che
sia in continuità con Monti, come contenuti e come uomini".
Ed eccolo servito, il suo sogno si è avverato. Certo, viene un po' da pensare che certe improvvide affermazioni pochi mesi prima le elezioni di febbraio possano aver determinato la non-vittoria del Pd, che nel frattempo giurava di voler "smacchiare il giaguaro". Ma per il giovane Enrico - tirato in politica dal primo governo D'Alema, quando diventò ministro dell'Industria a soli 32 anni, in un dicastero particolarmente delicato... - la strada da seguire per il centrosinistra è chiarissima: l'agenda Monti, che ha sempre abbracciato con grande entusiasmo.
Tutti ricordano la commovente "letterina" che venne fotografata in mano al neo eletto presidente del Consiglio Mario Monti: "Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!". Firmato: Enrico. Proprio così, gridava al miracolo.
E il bello è che ha continuato anche dopo, mentre il governo tecnico mostrava la sua impotenza (o potenza) imponendo al paese una ricetta fatta di austerità, drastico taglio delle spese e degli ammortizzatori sociali, una riforma delle pensioni oltretutto fatta male, e una riforma del Lavoro che - nonostante gli "aggiustamenti" - ha aperto le porte ai "licenziamenti facili". La prossima tappa è nota, e Letta è perfettamente d'accordo: le privatizzazioni dei servizi pubblici. D'altronde fu sempre lui a scrivere in un post sul suo blog: "I contenuti della lettera di Draghi e Trichet rappresentano la base su cui impostare politiche per far uscire l'Italia dalla crisi. È siderale - dice Enrico - la distanza tra quelle analisi e ciò che il governo ha concretamente fatto, o meglio non fatto, in queste settimane. Qualunque governo succederà al governo Berlusconi dovrà ripartire dai contenuti di quella lettera". E in un articolo sull'Unità,definiva le critiche a quella lettera "tic ideologici". (qui e http://www.enricoletta.it/press/basta-conservazione-e-i-tic-ideologici-la-ricostruzione-nazionale-e-la-lettera-della-bce/)
Quando il paese protestava contro le politiche montiane, e il centrosinistra si dilaniava sulla opportunità di continuare a sostenerle? Letta difendeva Monti, ça va sans dire, ancora sul Corriere della Sera: il 7 agosto, sempre parlando con Guerzoni, invitava a non perdersi in "dibattiti agostani" e a accelerare il "patto tra progressisti e moderati". "L'agenda Monti non si discute" (parole profetiche). (http://www.enricoletta.it/press/pisapia-lagenda-monti-non-si-discute/E ancora a ottobre 2012 sul Corsera: "L'agenda Monti non si discute. Grande coalizione? Vedremo dopo il voto". http://www.enricoletta.it/press/nessun-passo-indietro-sullagenda-monti-grande-coalizione-si-decide-dopo-il-voto/. E tutti a pensare che quella fosse una sua posizione, una posizione personale: in fondo, chi se lo filava il margheritino Enrico Letta?
Ma tanta audacia e chiarezza hanno portato i loro frutti. D'altronde il giovane Enrico è un uomo che ha lavorato molto, e molto studiato, per capire come si fa a diventare uomini di governo. Ha anche fondato un suo think thank, VeDro (http://www.vedro.it/cosa-what). Chi partecipa ai VeDro si fa chiamare "vedroide", e la descrizione che i vedroidi hanno scelto per spiegare cosa sia questo think thank mischia i richiami al giovanilismo con quelli al liberismo, come se fossero uno lo specchio dell'altro: "I vedroidi, oltre che dal dato generazionale, sono accoumunati dalla disponibilità ad apprendere costantemente, a mettersi in discussione, ad analizzare temi e fenomeni senza barriere ideologiche o tesi precostituite, secondo una chiave interpretativa lungimirante che vada oltre la contingenza dei dibattiti in corso.
"veDrò ha fatto dell'informalità la propria cifra e tutti gli eventi organizzati sono costruiti sull'interazione paritaria e de-gerarchizzata, dove l'ibridazione di competenze diverse diventa progetto e dove l'incontro è tra persone, non tra ruoli."
Il discorso è: se sei giovane e "informale" allora ti piace anche buttare giù le "barriere ideologiche" e guardare allegramente a destra. Sarà.
Il presidente del Consiglio incaricato è un tipo molto informale, ma allo stesso tempo siede anche negli organismi più influenti: fa parte ovviamente dell'Aspen Institute, insieme a Giuliano Amato e Cesare Romiti, l'organizzazione internazionale "no profit" che mette insieme molti personaggi di spicco della società e che viene spesso indicato come uno dei "salotti" che apre la porta alle stanze dei bottoni dell'economia e della politica italiana. In cambio, ovviamente, di eterna fedeltà.
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